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Home » Nestlé, alta tensione nell’azienda Perugina

Nestlé, alta tensione nell’azienda Perugina

di Redattore
7 Febbraio 2018
in Apertura 5, Economia, Imprese, Lavoro
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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Alcuni sono fogli anonimi, senza intestazione. Altri riportano in bella mostra il logo Nestlé con tanto di slogan (quello che in gergo si chiama ‘pay off’): «Good food, good life». Produrrà probabilmente ‘buon cibo’, la multinazionale svizzera, ma di certo non una ‘buona vita’ per gli operai della sede perugina, che da mesi vivono col terrore del licenziamento e con la consapevolezza di un ridimensionamento – almeno dal punto di vista numerico – della fabbrica cui hanno dato la vita e con cui la città è così identificata.

PERUGINA: TUTTE LE STAZIONI DELLA VIA CRUCIS – ARCHIVIO UMBRIAON

Due dei volantini Nestlé

Sondaggi in fabbrica Sono volantini informativi e di cooptazione fatti girare in azienda per avviare le ‘ricollocazioni’, sulle quali Nestlé aveva fatto già una fuga in avanti (che ai sindacati proprio non era piaciuta). Nei fogli A4, stampati a colori, Nestlé fa sapere che cerca circa 150 operatori di produzione disposti a rivedere il proprio contratto: 2 magazzinieri, 6 addetti al rifornimento materiali, 57 addetti alle macchine di processo e confezionamento, 26 alla produzione con abilitazione alla guida del carrello elevatore, 59 generici. Il punto più importante è nella seconda tabella. I tipi di contratto possono essere a part-time verticale, a part-time flessibile o con contratto a termine; con tanto di clausola risarcitoria in caso di impossibilità a procedere con gli impegni accordati. Si cercano poi 36 addetti picking (4 full-time, 23 part-time al 75%, 9 part-time al 50%); 11 addetti alle pulizie (5 full, 6 part-time flessibile). Che corrisponderebbero alle mansioni che saranno internalizzate. Per questi lavoratori non sono previsti né integrazione malattia né scatti di anzianità né quattordicesima né premio annuo. Il 15 si torna al Mise. Per tutti, quindi, il termine ultimo per aderire è il 14 febbraio, giorno di San Valentino. Il giorno dei Baci Perugina. A questo triste fato non manca il senso dell’ironia.

Fronte spaccato Si prosegue come al solito, quindi, con l’azienda che cammina lungo la sua strada, consapevole della situazione di forza e della sostanziale mancanza di alternative. Ormai, in seno ai sindacati, si punta a limitare i danni. L’accordo, se ci sarà, sarà difensivo. E comunque non potrà salvare tutti. Anche per questo, l’aria, a San Sisto, non è delle migliori. Ormai i lavoratori ce l’hanno con tutti: azienda, sindacati, istituzioni e politici. I commenti all’uscita dalla fabbrica sono spesso irriportabili, un po’ perché chi si sfoga non vuole essere citato né individuato attraverso le sue parole, un po’ perché i concetti espressi sono davvero pesanti. In ordine sparso: «Siamo al ‘Si salvi chi può’», «Ma la politica dov’è?», «Non avevano detto che ci sarebbero rimasti vicini?», «Non si azzardino a venire in campagna elettorale, siamo incazzati».

Uno dei fogli di adesione

Ipotesi boicottaggio «La gente è arrabbiata – ammette Daniele Marcaccioli (Uil) parlando con umbriaOn – perché, al di là di tutto il buon lavoro che, nella difficoltà di un accordo difensivo, cercheremo di fare, sappiamo che dal 15 febbraio non tutti potrebbero avere una soluzione soddisfacente. Per questo motivo, alcuni propongono di boicottare l’operazione, non aderendo alle richieste di Nestlé. Altri invece sono più propensi ad accettare. La spaccatura è evidente, figlia del blitz che i dirigenti Nestlé fecero alla vigilia dell’ultimo incontro in Confindustria». Il riferimento è all’incontro a sorpresa durante il quale (mentre erano in corso sessioni di formazione) i dirigenti arrivarono da Milano per illustrare, solo ad alcuni, la loro idea di fabbrica.

Manca la collaborazine di Nestlé «Dire, ad oggi, quale sia il sentore dell’assemblea, io non sono in grado di farlo – ammette Marcaccioli – tutto dovrà passare al vaglio del referendum interno dopo il 15 febbraio. Un’ipotesi di accordo non c’è: stiamo valutando la situazione allo stato dell’arte. Come sindacalista devo provare a trovare una soluzione per tutti, che però ad oggi non c’è.Imperativo è che l’azienda sfrutti tutti gli strumenti inseriti nella legge di stabilità, Cigs e Isopensione su tutti. Poi, se tutti mettessero un pezzettino credo che ci sarebbe una distribuzione più omogenea e più ampia. Manca un pezzo del contesto. E questo pezzo è Nestlé, che non ha un disegno strategico per il cioccolato. Questo è preoccupante. L’unica cosa che ci può salvare è avere maggiore competitività nel gruppo, che si ottiene non solo abbassando il costo del lavoro ma anche con un rilancio strategico che l’azienda, a parte gli annunci, non sembra interessata a fare. Con un grammo in più di cioccolato ci sarebbero più possibilità di salvezza». Questa la metafora.

«Ma non prendetevela col sindacato» «La cosa che più umanamente mi dispiace è verificare che fra i lavoratori si tende a dare sempre la colpa ai sindacati – conclude amaro Marcaccioli – e poco alle aziende. Credo che ad oggi i sindacati siano la parte più democratica che esiste in questa storia, compreso quella politica. Cerchiamo di trovare soluzioni e far passare accordi sapendo fin dove ci possiamo spingere, ma sempre nel rispetto dei lavoratori. Mi ‘strugge’ pensare che tocchi a noi affrontare una delle pagine più buie del settore dell’industria alimentare, ma il momento complicato è oggi. Inoltre il combinato disposto fra la riforma degli ammortizzatori sociali e industria 4.0 sta risultando micidiale. Poi ci si mette Nestlé, che da quando è arrivata, negli anni, ha sempre ridimensionato il suo business e la forza lavoro».

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