Norcia, sisma e fuoco: azienda in ginocchio

Il capannone dell’agricola Brandimarte – parzialmente crollato il 30 ottobre – è stato distrutto dalle fiamme: «Lì c’erano ancora i nostri macchinari». Ipotesi dolo

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«Non bastava il terremoto che il 30 ottobre ci ha distrutto l’attività. Ora anche l’incendio: ha portato via ciò che resta, i macchinari che avevamo intenzione di recuperare sotto le macerie. È un dramma senza fine». A parlare è Alessia Brandimarte dell’azienda agricola Brandimarte di Norcia (Perugia). Martedì mattina le fiamme – e la sua ipotesi è che siano dolose – hanno aggredito le macerie del capannone di famiglia, lungo il corso del torrente Torbidone.

«Abbiamo perso tutto» «Quando martedì mattina mi è arrivata la telefonata in cui mi dicevano che il capannone stava andando a fuoco, non volevo crederci – racconta -. Dopo l’ordinanza emessa a due mesi dalla nostra richiesta, dal Comune, per recuperare il materiale contenuto nel capannone, avevamo iniziato a portare via il fieno fra mille difficoltà. Poi saremmo passati ai macchinari, ma purtroppo questo incendio li ha danneggiati seriamente. E abbiamo perso praticamente tutto».

Ipotesi dolo Sul posto, martedì mattina, sono arrivati i vigili del fuoco e i carabinieri. E l’ipotesi della titolare dell’azienda è che sia doloso: «Anche stamattina, qui, la temperatura era di sette gradi sotto zero. C’è solo ghiaccio e anche una sigaretta accesa, lanciata in mezzo alle macerie, non potrebbe causare un incendio. Non vediamo altre spiegazioni che quella del dolo».

In ginocchio «Il nostro capannone – racconta Alessia Brandimarte – aveva resistito alle scosse del 24 agosto. Due mesi dopo eravamo riusciti ad ottenere nuovamente l’agibilità ma poi il terremoto del 30 ottobre ha fatto crollare una parte della struttura, uccidendo diversi capi di bestiame e causando danni alle attrezzature. Così ci siamo visti costretti a tenere gli animali per un mese su un terreno delimitato da una rete, in attesa di qualche aiuto, investendo soldi nostri per realizzare da un’altra parte una mangiatoia, un fienile, il minimo necessario per ripartire. E il poco che ci è arrivato, è stato solo grazie a donazioni private. Dal pubblico nulla o quasi».

«Solo aiuti privati» L’azienda sconta anche la bassa posizione nella graduatoria per gli aiuti: prima di loro, viene chi ha subito danni dalle scosse di agosto. «Eppure siamo fra quelli che hanno subito più danni, non avendo strutture alternative per proseguire l’attività. Attendevamo un autotreno di fieno dalla Protezione Civile, ma non è mai arrivato e non sappiamo perché. Dalle istituzioni non abbiamo visto un euro e ora ci ritroviamo ancora di più in ginocchio, senza la possibilità di recuperare nulla. A volte ci chiediamo cosa abbiamo fatto di male per meritare tutto ciò».

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