di S.F.
Lo scorso aprile c’era stata la sospensione, ora c’è il passaggio definitivo. La Regione Umbria, con firma della dirigente Davina Boco, ha revocato tutte le autorizzazioni all’esercizio di attività sanitaria rilasciate oltre un decennio fa alla società Terme Francescane srl di Spello.
APRILE 2025, LA SOSPENSIONE: I MOTIVI

Si tratta della società che, il 22 maggio del 2014, era formalmente subentrata all’attività in luogo della Italiana Acque Minerali e Termali srl (ma stessa gestione). Il resto è storia recente, con la nota congiunta del Nas di Perugia e della Usl Umbria 2 (18 dicembre 2024) in seguito al sopralluogo al complesso termale in località San Felice di Spello e la successiva ordinanza del sindaco. «Interruzione dell’attività sanitaria fino al ripristino delle condizioni igieniche e di sicurezza».
Dopodiché c’è stata la sospensione delle autorizzazioni, la richiesta di revoca della determina dirigenziale (28 marzo) e la contestazione da parte della società, «senza dare evidenza di avere risolto le problematiche contestate dal sindaco del comune di Spello, dai Nas e dalla Usl Umbria 2 nei vari sopralluoghi effettuati», scrive la Regione.

Uno scambio di note c’è stato, tuttavia secondo l’ufficio tecnico di palazzo Donini non si è prodotta «documentazione da cui si possa evincere l’effettiva risoluzione delle contestazioni di carattere igienico-sanitarie, di sicurezza, tecnologiche ed organizzative relative alla struttura». Risultato?
«Viste le carenze dei requisiti autorizzativi della struttura sanitaria Terme Francescane srl e considerate le preminenti esigenze di tutela della salute e della sicurezza dei cittadini, si rende necessaria la revoca delle autorizzazioni all’esercizio». L’atto è stato pubblicato nel Bur odierno, 28 maggio.
UmbriaOn ha contattato il rappresentante legale della società, Fausto Tili (citato anche nel documento pubblico), per avere un feedback sul tema: «Verrà presentato ricorso al Tar Umbria – spiega – in quanto tutto è fondato su una documentazione falsa e pretestuosa atta a colpire l’attività che, da vent’anni, ha fornito un servizio di pubblica utilità senza chiedere nulla». Vedremo gli sviluppi.