«Ripresa e lavoro? Umbria, ecco i numeri»

Gianluca Tribolati (Confartigianato Imprese Umbria): «Terni meglio di Perugia, ma cosa stiamo facendo e quanto ancora dobbiamo lavorare per risalire la china?»

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Gianluca Tribolati

di Gianluca Tribolati
Segretario regionale di Confartigianato Imprese Umbria

Nel nostro Paese il ciclo economico, nello specifico il mercato del lavoro, sta mostrando piccoli segnali che ci portano a parlare di una sperata ripresa, ma per la nostra Regione vi sono segnali di ritardo.

Sulla base dell’analisi dei dati pubblicati nella media degli ultimi quattro trimestri (III trim. 2016- II trim. 2017), l’occupazione in Italia sale dell’1,1%, mentre l’Umbria segna un calo dell’1,5%. L’Umbria è l’unica Regione in cui l’occupazione segna un calo in tutti e tre i macro comparti e nel dettaglio si rileva un -4,7% nel Manifatturiero, -1,9% nelle Costruzioni e -1,7% nei Servizi.

Sulla base degli ultimi dati dell’Istat sui mercati del lavoro provinciali si osserva che nel 2016 il tasso di occupazione in Umbria è sceso di 0,4 punti, mentre a Terni ha perso 0,7 punti, passando dal 60,4% al 59,7%.

Alcune evidenze elaborate dalla nostra Confederazione Nazionale ci illustrano gli ultimi dati salienti riferiti all’occupazione che mostrano “inaspettatamente” un saldo positivo e crescente a Terni tra assunzioni e cessazioni: nel dettaglio il Bollettino della Regione Umbria sottolinea a marzo 2017 un miglioramento del saldo cumulato negli ultimi dodici mesi tra assunzioni e cessazioni che è di 806 rispetto ai 771 dell’anno precedente.

Sulla base dei dati nazionali, ma anche di questo dato, in termini categorici non ci sentiamo di sostenere che a Terni la domanda di lavoro vada peggio che nella media, ma rappresentando un’importante Associazione di Categoria, è doveroso proprio adesso fare le giuste considerazioni, proporre alcune ulteriori evidenze che ci portano inevitabilmente a riflettere con attenzione su questa tendenza. Partendo da qui, senza fare un vero e proprio distinguo fra Terni e Perugia, una volta tanto.

Da tempo, grazie al lavoro di tutti, Imprenditori in primis, ma anche insieme al lavoro con le Istituzioni e gli attori sociali coinvolti, stiamo cercando di pensare ad un Progetto di futuro a medio e lungo termine per l’Umbria; ma i risultati stentano ad arrivare, perché è un lavoro dispendioso, dagli scarsi risultati e persino impossibile se non si uniscono le forze con metodo e spirito comune. Il rischio è di ottenere risultati opposti, perdendo tempo e tante opportunità.

Non vuole essere un ultimatum quello di Confartigianato Imprese Umbria che nella Regione rappresenta oltre 6.500 realtà Artigiane, Micro e Piccole Imprese, bensì un invito a partecipare in forma coesa e propositiva alla sfida che non possiamo perdere, soprattutto alla quale non possiamo fare “assenze ingiustificate”.

Si sta muovendo qualcosa in ambito nazionale, anche in riferimento alle proposte in materia fiscale in vista della presentazione della Legge di Bilancio. Un “pacchetto” di misure finalizzato a ridurre celermente la pressione fiscale su famiglie e imprese, snellire e semplificare i processi burocratici, nonché gli stessi oneri per le Imprese. Si intravede una certa sensibilità nei confronti delle Imprese da parte del Governo, in merito soprattutto alla questione dell’Iva e del meccanismo di riporto delle perdite.

Spostando la lente di ingrandimento in Umbria, però alcuni nuovi dati Istat, soprattutto riferiti all’occupazione, non portano buone nuove notizie. L’Umbria resta lontana dai livelli occupazionali pre-crisi, che invece sono stati raggiunti dalla media nazionale, come gli organi di informazione ci stanno comunicando proprio in questi giorni. Nella nostra Regione per tornare ai livelli occupazionali mancano 14 mila 700 posti di lavoro.

Questo ci fa pensare e capire quanto la parvenza di una ripresa sia esclusiva, nel senso etimologico del termine, che la strada per una ripresa “a regime”non sia per tutti e che per intraprenderla come si deve bisogna scontrarsi con più variabili e accadimenti e, ancora, come tutto vari da Territorio a Territorio.

In comune con le altre Regioni, però, abbiamo una caratteristica imprescindibile; desideriamo cioè essere protagonisti della ripresa, contribuire alla creazione di lavoro, all’utilizzo delle risorse disponibili e fare anche noi la nostra parte in questa fase “post-austerity”.

Da dove si comincia?

Poniamoci qualche domanda in più: abbiamo approfittato delle straordinarie opportunità di rinnovamento economico e culturale che ci sono state proposte come misure congiunturali anche straordinarie e vedi Area di Crisi complessa misure legate all’Industria 4.0 , Fondi Strutturali, eccetera? 

Quanto siamo riuscii a tradurre in forma concreta le linee guida scritte su carta a livello Territoriale e Nazionale?
Siamo certi che i cardini su cui stiamo contando sono rimasti gli stessi del periodo pre crisi o i contenuti sono variati nella qualità e nella portata?

L’unica vera mossa strategica che ha cominciato a portare valore aggiunto alle idee e alle necessità provenienti dal mondo delle Imprese, conclude il Segretario Regionale di Confartigianato Imprese Umbria, è stata quella di unire le forze. Questo, a livello nazionale ha di certo innescato un circolo virtuoso che ha portato a segnali di crescita, tradotti in consumi e anche in posti di lavoro; quella che ora stiamo chiamando ripresa, appunto.

Allora mi è spontaneo chiudere con quest’ultima domanda: l’Umbria è davvero una Regione che concentra le proprie forze unendole a quelle degli altri? E’ coesa nelle intenzioni e nelle modalità?

Se mi fosse concesso di poter offrire un ulteriore spunto, direi ad ognuno che è arrivato il momento di fare una scelta coraggiosa, per recuperare le forze, ma anche la credibilità e così anche i posti di lavoro e la competitività sul Territorio, in Italia e nel Mondo.

Ma a proposito della credibilità, siamo noi i primi a “doverci credere”, a ritrovarci fieri di appartenere ad una Terra ricca di risorse come la nostra, evitando, in un momento di forte cambiamento come questo, di disperdere le forze in sterili e persino dannosi accorpamenti di piccole realtà fatte di demagogia e lotte intestine che delineano una non voglia di condividere e vivere questa importante fase socio economica che, dati alla mano o no, può offrirci molte opportunità che si chiamano “futuro”.

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