di F.L.
La data segnata sul calendario è quella del 5 ottobre, quando Acque Minerali d’Italia dovrebbe presentare al tribunale di Milano la proposta concordataria nell’ambito della procedura aperta il marzo scorso per tutto il gruppo, compresi i marchi umbri Sangemini e Amerino. Ma le segreterie territoriali di Fai, Flai e Uila vogliono essere resi partecipi di questo piano, «nel quale – dicono – i due marchi devono essere centrali nel rilancio».
Il sit-in ‘bagnato’ a palazzo Bazzani
«Non abbiamo alcun riscontro in merito, stiamo andando bendati contromano in autostrada» è l’opinione di Simone Dezi, della Fai Cisl. Mercoledì la rabbia di sindacati e lavoratori è arrivata fino alla prefettura di Terni, dove si è svolto un presidio e una delegazione è stata ricevuta dal prefetto Emilio Dario Sensi. «È stato un colloquio costruttivo e fattivo – ha spiegato al termine Paolo Sciaboletta, della Flai Cgil -, in cui abbiamo sottolineato che Acque Minerali d’Italia deve smetterla di far pesare i propri errori sulle spalle dei lavoratori. C’è troppa cassa integrazione e poca produzione, le vendite sono ridotte ai minimi termini. Questo è inaccettabile». Per Fabio Benedetti, della Uila Uil «è a rischio la tenuta sociale, i lavoratori sono devastati da 18 mesi di decurtazioni importanti dello stipendio». «Ci sono mancanze anche commerciali da parte dell’azienda – ha continuato – che si stanno ripercuotendo sul territorio, speriamo che questo colloquio di oggi (giovedì, ndr) sia di buon auspicio per aprire una discussione con il ministero e la proprietà». La richiesta infatti è quella di chiedere al Mise e alla Regione di convocare le parti per instaurare un confronto. Giovedì, dalle 9 alle 11, è intanto programmato un altro presidio davanti al Comune di San Gemini, al quale sono attesi oltre alle istituzioni locali anche i parlamentari umbri.
L’intervento di Ortenzi, presidente della commissione speciale
E proprio da San Gemini interviene Vanio Ortenzi, presidente della commissione speciale comunale, istituita da circa due mesi per seguire direttamente la crisi di Ami. «La commissione – spiega Ortenzi – ha avviato i lavori acquisendo informazioni utili per poter intervenire al momento opportuno e sta mantenendo rapporti diretti con tutte le parti interessate che, a vario titolo, possono dare un contributo prezioso alla soluzione della crisi. Durante questo percorso ha potuto annotare, tra le parti interessate, una diversa disponibilità al dialogo, sicuramente dovuta a pregresse situazioni di incomprensione e di posizionamenti reciproci rigidi nei confronti della crisi stessa e carenti, però, di quella flessibilità positiva che risulta doverosa nei casi in cui il bene supremo è solo l’occupazione, la dignità di tanti lavoratori e la sopravvivenza di un’azienda come condizione propedeutica. Nonostante queste difficoltà operative, la commissione ha ritenuto necessario aprire e mantenere il dialogo con tutti e, dalle informazioni acquisite, è parso evidente che questa difficoltà e ritrosia al dialogo è stata amplificata dalla procedura fallimentare in atto che ha purtroppo impedito di fatto l’avvio immediato di azioni più incisive finalizzate a garantire una rapida soluzione positiva in quanto esse sarebbero state considerate invasive e sicuramente non permesse dalla normativa fallimentare. L’aumento fino ad otto giorni mensili, per ciascun lavoratore, della cassa integrazione ha sicuramente acuito le difficoltà dei lavoratori e delle proprie famiglie ed ha chiuso gli spiragli per un dialogo costruttivo fra le parti. Bisogna però annotare che questa fase della crisi sta avviandosi verso la fine e ciò permetterà a tutti di verificare le vere intenzioni della proprietà». Per il presidente della commissione, dal 5 ottobre in poi, «con le prove documentali in mano sulle reali volontà e possibilità della proprietà e con le decisioni conseguenti del tribunale di Milano, si potrà, con cognizione di causa, intervenire in maniera più incisiva per impedire situazioni disastrose. Ciò ha indotto quindi la commissione a predisporre e valutare ipotesi alternative, di comune accordo con le parti maggiormente interessate, in modo da essere pronti, nelle fasi successive alla presentazione del piano di rilancio, a proporre soluzioni percorribili presso le Istituzioni competenti al fine di poter dare un contributo affinché questa crisi non comprometta in maniera irreversibile il tessuto sociale ed economico del territorio».