di Walter Patalocco
Se ci fosse un arbitro in campo fischierebbe un fallo di confusione, cosicché per un momento la partita si fermerebbe e si ricomincerebbe con un po’ più di ordine.
Ma l’arbitro, in questa partita che in Umbria si gioca sulla sanità, non c’è e quindi i cittadini, dai bordi del campo, continuano a restare spettatori confusi e passivi.
Assessori regionali che vanno via e poi ritornano; direttori generali rimossi perché troppo bravi; nuovi Dg presi di petto in sedi politiche; consiglieri regionali che, a regola di bazzica, dovrebbero stare dalla stessa parte che si scontrano l’un l’altro; ospedali che si lamentano fino a sconfinare nei toni della tragedia perché mancano una volta gli infermieri, un’altra il personale sanitario, una terza quello paramedico.
Servizi farmaceutici che si vogliono potenziare mentre le farmacie pubbliche – quando ci sono – si vogliono vendere; ospedali che gongolano perché è stato assicurato che saranno potenziati; altri che vorrebbero fondersi ma non si fondono; strutture sanitarie che nel XXI secolo continuano a essere ospitate in palazzi gentilizi del XVI secolo, e via cantando.
Perché? La domanda che quelli sugli spalti – che poi alla fine sono sempre quelli che ci rimettono – si pongono e proprio questa: perché? E’ questo il tanto decantato sistema sanitario umbro, additato come modello?
E perché i giocatori continuano a fare confusione in area di rigore? Vuoi vedere che lo scopo finale è quello di stravolgere tutto e alla fine giocare a una porta sola dopo aver cacciato il presidente della società?