Sanità, Pd Terni: «No ad un’azienda unica, sì al nuovo ospedale»

Le proposte del partito, che chiede due aziende integrate a nord e sud dell’Umbria. «Non depotenziare il Santa Maria»

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di Federica Liberotti

No alla «privatizzazione surrettizia» della sanità umbra e ad un’unica azienda sanitaria e ospedaliera, sì a due aziende integrate rispettivamente nel nord e nel sud della regione, ad un nuovo Santa Maria di Terni e alla realizzazione dell’ospedale di Narni-Amelia: il Pd di Terni sale sugli scudi e, oltre a criticare duramente la gestione della sanità da parte del governo regionale di centrodestra, avanza le proprie proposte, anche alla luce dell’esperienza Covid. A farlo, martedì mattina in una conferenza stampa, il coordinatore comunale del partito Adriano Padiglioni, il segretario del circolo sanità, Saverio Lamanna, il consigliere regionale Fabio Paparelli e quello comunale Tiziana De Angelis.

Il quadro, Santa Maria cruciale

L’analisi dei democratici parte dai numeri, in particolare dal dato economico finanziario del sistema sanitario umbro che segna «un equilibrio – è stato detto -, anche tra spesa ospedaliera e spesa territoriale e, riguardo alla mobilità, presenta un modesto passivo di 4,1 milioni di euro, trovandosi al 6° posto nazionale per quella attiva e all’8° per quella passiva». Sono state quindi bollate come «falsità le dichiarazioni della Lega Umbria in materia di conti delle aziende sanitarie», che hanno fatto registrare un avanzo positivo nel 2019. Si evidenzia comunque «la necessità di lavorare sul decremento della mobilità passiva e la necessità di incentivare la mobilità attiva di cui l’azienda ospedaliera di Terni è protagonista nella regione». Proprio il Santa Maria sta vivendo secondo gli esponenti del Pd «un anomalo potenziamento dei posti di terapia intensiva, sub intensiva, malattie infettive e pneumologia il che significherebbe, in caso di nuova pandemia, un blocco delle attività ospedaliere sia ordinarie che di alta specialità del nosocomio ternano, il quale diventerebbe a tutti gli effetti il principale punto di riferimento Covid-19 dell’Umbria». Il sospetto dei democratici è che «la Regione stia approfittando della pandemia per un colpo di mano che può indebolire ulteriormente la sanità dell’Umbria del sud». «Scaricare di nuovo su Terni i costi di un’eventuale riaccensione Covid – è stato sottolineato -, con paralisi dei servizi e delle sale operatorie, sarebbe grave».

Le proposte e le azioni

Per questo Lamanna e Paparelli hanno dichiarato la loro «ferma contrarietà ad ogni ipotesi di azienda ospedaliera unica regionale e/o di Usl unica regionale», proponendo al contrario «due aziende integrate tra ospedale e territorio, una Umbria Nord e una Umbria Sud, entrambe convenzionate con l’università e con una rete ospedaliera comprendente e nosocomi, sede di dea di primo e secondo livello, ospedali di comunità, hospice, strutture di riabilitazione avanzata, rsa, casa della salute, medicina territoriale potenziata e riorganizzata». La consigliera De Angelis ha annunciato la presentazione di una mozione a palazzo Spada sull’assetto della sanità umbra in cui si solleciterà un rafforzamento del territorio ternano. Stesso obiettivo che sarà perseguito – ha aggiunto Padiglioni – attraverso una raccolta di firme tra i cittadini. «Auspichiamo fortemente – hanno concluso i quattro esponenti Pd – che l’era Covid e post covid possa vedere un rilancio del servizio sanitario pubblico regionale, oppure si rischia il corto circuito generato dal combinato disposto di operatori insufficienti, liste di attese lunghissime, chiusure inspiegabili di servizi essenziali, blocco quasi completo degli interventi chirurgici, il che condurrà di fatto a quella privatizzazione surrettizia e strisciante della sanità umbra, così come auspicato dalla Lega e dalla Giunta Tesei che fin dalla campagna elettorale hanno avuto come riferimento il modell0o sanitario lombardo, rivelatosi poi del tutto inefficiente e fallimentare».

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