Sanità Terni, l’assenso regionale a struttura Actl e la specifica sul convenzionamento

Il progetto per l’area Matteotti. La dirigente della Regione Boco firma per l’autorizzazione alla realizzazione: c’è un passaggio interessante anche in ottica Ternana

Condividi questo articolo su

di S.F.

Premessa. Le due situazioni sono slegate una dall’altra e anche per i progetti – d’altronde per quello rossoverde c’è di mezzo la Legge stadi, tutt’altro mondo – il discorso è lo stesso. Ma c’è un passaggio utile a capire, semmai ce ne fosse ancora bisogno, come funziona il procedimento per mettere in piedi nuove strutture socio-sanitarie. Pubbliche, private o miste, di qualsiasi tipo. Il focus è sulla Ternana e, in questo caso, anche sull’iter che vede coinvolta da tempo la cooperativa sociale Actl: sono loro ad aver ricevuto l’assenso all’autorizzazione alla costruzione di un centro nel quartiere Matteotti grazie ad una determina dirigenziale di febbraio a firma Davina Boco, la dirigente regionale del servizio amministrativo e risorse umane del Ssr.

ACTL, L’ASSENSO ALL’AUTORIZZAZIONE E IL PASSAGGIO SUI CONVENZIONAMENTI – DOCUMENTO

Il progetto Actl

Di cosa si tratta in sintesi

La storia Actl in realtà va avanti da anni considerando che l’autorizzazione unica originaria per lo sviluppo del progetto è del 2 maggio 2017: all’epoca si parlava di una ‘nuova costruzione di una struttura socio-sanitaria adibita a centro semiresidenziale per anziani non autosufficienti e socio-riabilitativo ed educativo diurno per disabili adulti’. Bene, cosa è successo poi? Che la società cooperativa, concessionaria in diritto di superficie dell’area in questione grazie ad una convenzione specifica con palazzo Spada, ha chiesto nel corso del tempo una variante parziale all’AU del 2017 e lo scorso febbraio sono stati riaperti i termini della conferenza di servizi decisoria comunale dopo l’inizio del procedimento dell’ottobre 2021. L’edificio autorizzato un quinquennio fa prevedeva due livelli fuori terra da 285 metri quadrati ed un altro interrato, quest’ultimo utile per l’attività fisica e riabilitativa. Poi nuove esigenze, modifiche richieste principalmente per il piano terra (proposto il trasferimento del centro diurno per anziani non autosufficienti e socio-riabilitativo ed educativo per disabili adulti) e passo indietro per il piano interrato. Spazio inoltre ad una comunità residenziale terapeutica, educativa e riabilitativa per l’accoglienza di dodici minori tra i 14 ed i 18 anni. Bene, queste sono le intenzioni ma non è la cosa più rilevante. La zona interessata è all’incrocio tra via Guazzaroni, via Staderini e strada dei Pioppi.

STADIO-CLINICA TERNANA, CDS ‘SOSPESA’. NODO VAS E NON SOLO

Il progetto

L’autorizzazione alla costruzione

Da quanto risulta per ora non sono stati richiesti posti convenzionati con il sistema sanitario regionale. Comunque sia per capire come procede la Regione per dare l’ok è interessante leggere la determina firmata dalla Boco il 3 febbraio: nel documento dirigenziale infatti viene dato l’assenso «all’autorizzazione alla realizzazione (costruzione) di una struttura da destinare a centro semiresidenziale per anziani non autosufficienti per quindici posti ed a centro socio-riabilitativo ed educativo diurno per disabili adulti per venti posti». Un passaggio utile unicamente «in quanto endoprocedimento di verifica della compatibilità con la normativa sanitaria regionale; pertanto non è da ritenersi né propedeutico, né consequenziale rispetto alle verifiche edilizie ed urbanistiche, che sono e restano di competenza unicamente dell’amministrazione comunale». Fin qui tutto chiaro. Poi arriva il punto più rilevante.

GLI ACCREDITAMENTI E L’AFFANNO DELLA REGIONE

L’area di progetto

La ripartizione del budget del servizio pubblico

L’autorizzazione alla costruzione è solo il primo step. Dopodiché il titolare deve acquisire – la prassi è nota ovviamente – l’autorizzazione regionale all’esercizio. E qui la Boco tira in un ballo un discorso più generale: «Il rilascio dell’autorizzazione comunale alla realizzazione ed anche successivamente dell’autorizzazione regionale all’esercizio di attività sanitaria e socio-sanitaria, non costituisce titolo a partecipare alla ripartizione del budget del servizio pubblico o al convenzionamento con le aziende sanitarie regionali». In sintesi: prima si costruisce e poi si vede. Anche perché devono essere coinvolti giocoforza l’Oaia e l’Otar, gli organismi accreditanti a livello amministrativo e tecnico. Storia complessa.

I sei piani della casa di cura/clinica privata del progetto Ternana

La spiegazione ed i richiami normativi per il privato

La parte sopra è quella conclusiva dell’atto dirigenziale. In mezzo c’è tutta la spiegazione tecnica: «La giurisprudenza è ormai unanime nel ritenere che l’articolo 8-ter, D.Lgs. n. 502/1992, pur ponendo il rilascio dell’autorizzazione in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture, non condiziona l’espansione del diritto del privato che vuole fornire le prestazioni sanitarie all’esistenza, a monte, di un apposito strumento pianificatorio che verifichi le anzidette esigenze. L’autorizzazione – fa riferimento a quella per la costruzione – di cui all’art. 8-ter, infatti, non implica l’assunzione di alcun onere a carico dell’ente pubblico. Non si può sostenere che per effetto della conseguita autorizzazione la parte interessata acquisisca alcun titolo o aspettativa a partecipare alla ripartizione del budget del servizio pubblico; resta infatti impregiudicata la discrezionalità inerente – si legge – alla programmazione della spesa pubblica sanitaria, incluse le valutazioni riferite al fabbisogno del territorio», viene citato il Consiglio di Stato in quest’ultimo caso.

I tetti massimi per le cinque case di cura private 2022

L’ingresso di nuovi operatori

Nel documento – oltre alla firma della Boco c’è quella della responsabile dell’istruttoria, Donatella Feliziani – si scrive inoltre che anche «l’Agcm ha osservato che la verifica di compatibilità non è, come tale, idonea ad assicurare l’obiettivo di politica sanitaria di contenimento dell’offerta di prestazioni sanitarie. I criteri di compatibilità finanziaria, infatti, possono essere presi in considerazione solo per limitare, tramite gli accreditamenti e gli accordi, l’ingresso e la permanenza degli operatori nel settore più ristretto delle prestazioni a carico del Ssn, senza, tuttavia, essere utilizzati per limitare, tramite autorizzazioni discrezionali, le possibilità degli operatori di entrare nel settore più ampio delle prestazioni che non gravano sull’erario pubblico. La Consulta (con sentenza 428/2008) ha precisato che tali limiti alla iniziativa economica privata possono essere consentiti solo ove congrui e ragionevoli. Ne deriva che, la pretesa di sottoporre le strutture sanitarie presenti sul territorio regionale ad un contingentamento numerico massimo, a prescindere da ogni considerazione quantitativa e qualitativa circa i nuovi servizi offerti dai richiedenti l’autorizzazione e circa i servizi già presenti sul territorio in relazione alle esigenze della popolazione residente e fluttuante, non risulta in alcun modo connessa al superiore interesse pubblico generale alla tutela dell’inviolabile diritto alla salute, ‘ed è anzi suscettibile sia di limitare i servizi di prevenzione e cura concretamente attivabili sul territorio, sia di ostacolare il miglioramento qualitativo e la riduzione dei prezzi dell’offerta privata e non convenzionata con il Ssn, grazie alla concorrenza ed alla conseguente facoltà di scelta dei pazienti tra strutture diverse’. Secondo i giudici, pertanto, il blocco all’ingresso di nuovi operatori sul mercato delle prestazioni sanitarie, motivato con la saturazione di questo, deve necessariamente essere ritenuto contrastante rispetto alle stesse esigenze di tutela della salute. L’ingresso, al contrario, potrebbe stimolare il miglioramento qualitativo e la riduzione dei prezzi dell’offerta di servizi sanitari da parte dei privati operanti non in regime di convenzionamento con il Ssn». Chiaro no?

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli