«Sempre più ‘obbligati’ a rivolgersi ai privati. La sanità pubblica che fine ha fatto?»

Umbria – Danilo Stentella, direttore del centro studi ‘Malfatti’ di Terni, si interroga sullo ‘stato di salute’ del sistema regionale e nazionale

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di Danilo Stentella
Direttore centro studi ‘Malfatti’ Terni

Quando il tuo medico di famiglia ti prescrive delle analisi, vai a fare la prenotazione, scopri che il servizio sanitario regionale non eroga più quella prestazione e devi farla presso una struttura privata pagando cifre notevoli, oppure che non si fa più nella tua città, anche se è capoluogo di provincia, e devi andare nel capoluogo di regione. Legittimamente ti chiedi cosa sia diventato il servizio sanitario e se si possa ancora definire servizio.

Il declino è iniziato nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione che ha sancito la fine del Servizio Sanitario Nazionale e affidato alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni la tutela della salute, in una sorta di federalismo che andava tanto di moda in quegli anni. Peccato si trattasse di un tragico ossimoro, un federalismo invertito, ovvero di una frammentazione dei poteri di uno Stato sovrano e non della unione di autonomie che mettevano in comune organismi e risorse. Quella riforma ha instaurato ventuno sistemi sanitari locali assai diversi tra loro, con diverse prestazioni sanitarie, invece di offrire equamente il servizio in tutto il Paese: una sorta di anacronistico ritorno agli stati preunitari, in dispregio dell’articolo 3 della Costituzione che garantirebbe la parità di trattamento dei cittadini, e dell’articolo 32, che definisce la salute un interesse collettivo.

Quindi, venendo alla nostra bella Umbria, se devi fare ad esempio un esame della ‘mutazione gene MTHFR A1298c’ il Cup ti risponde che da noi non si può fare presso la struttura sanitaria pubblica, se devi fare un ‘fattore V di Leiden’, una ‘proteina S totale’ o una ‘proteina C anticoagulante antigene’, particolarmente importanti in relazione ai pericoli connessi alle vaccinazioni antipandemia, devi andare a farli presso l’ospedale di Perugia e non puoi nemmeno ritirare i referti per via telematica, bensì devi tornare a ritirarli di persona, come qualche lustro fa, il tutto in barba ai famigerati LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Ovviamente se non sei autonomo negli spostamenti, come potrebbe accadere a persone anziane o con disabilità, ti potresti anche attaccare al tram, se ce ne fosse uno.

Intanto in Regione un’amministrazione dopo l’altra, indipendentemente dal colore politico, indifferenti quasi come Maria Antonietta alla fame dei sudditi, continuano la bollitura della famosa rana, discutendo sulla sanità privata convenzionata, sull’eventualità di aggiungere una nuova clinica privata a Terni che se ne sentiva tanto il bisogno, mentre il bilancio regionale per i sevizi sanitari si diluisce in tanti rivoli lasciando all’asciutto gli ospedali pubblici e le Usl, che non sanno come assumere medici, personale infermieristico e di servizio. A Terni poi si sta ancora ragionando su come realizzare in project financing un nuovo ospedaletto al posto di quello esistente.

Il solo Pnrr parrebbe poter portare un po’ di ristoro a questa annosa situazione, con stanziamenti di euro 3.914.600 per Usl Umbria 2, ed euro 6.398.200 per Usl Umbria 1, finalizzati alla sostituzione delle grandi apparecchiature sanitarie, di euro 35.000.000 per Usl Umbria 1 per la realizzazione di ospedali di comunità con numero 20 posti letto ciascuno, ed euro 44.000.000 per il completamento della città della salute e del centro servizi della Usl Umbria 2.

Ma a fronte di tutti questi investimenti strumentali e immobiliari, sarà assunto anche del personale? O quello esistente dovrà continuare a fare turni massacranti? O si dovrà continuare a richiamare in servizio personale in pensione? Com’è noto mancano tanti medici specialisti, infermieri e Oss, bisognerà trovare risorse anche per la voce ‘risorse umane’. Inoltre in Umbria mancano circa una trentina di medici del servizio 118, circa 50 di guardia medica e circa 30 medici di famiglia, perché la programmazione degli ultimi dieci anni è stata inadeguata, perché i nostri sono retribuiti circa il 20 o 30% in meno degli stessi professionisti delle regioni limitrofe, rendendo queste professioni poco attrattive, tanto che alcuni bandi delle Usl vanno praticamente deserti. Possiamo stimare che circa 25 mila umbri non hanno un medico di famiglia.

In sostanza la sanità regionalizzata, almeno nella nostra Umbria, si è allontanata progressivamente dai bisogni delle persone, in nome di non meglio precisati e incomprensibili principi di governance, diventando sempre meno un servizio, sempre più un gioco perfido ai danni soprattutto dei più deboli. In sostanza pregate il vostro dio di avere bisogno al massimo delle analisi per i trigliceridi e il colesterolo, perché per un numero sempre crescente di prestazioni dovrete fare i salti mortali, e spendere tanti soldi, per avere un servizio almeno adeguato e facendo un po’ di turismo sanitario. Che dire? Ricordate Maria Antonietta? Aspettiamo almeno le brioches.

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