Stadium: «Qui norme rispettate. E altrove?»

Il direttore della struttura sportiva, Maurizio Frasconi, parla della scelta di spostare tutte le attività all’aperto: «Ci giungono segnalazioni relative a situazioni dove è tutto come prima»

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«La nostra scelta, disponendo di un’ampia area verde esterna ed avendo a cuore le condizioni di sicurezza della clientela e dei nostri collaboratori, è stata quella di spostare tutta l’attività all’aperto, rispettando al tempo stesso le norme imposte dal periodo e dalla situazione. Non ci risulta, però, che altrove vi sia la stessa attenzione».

«Noi rispettiamo le norme»

A parlare è Maurizio Frasconi, direttore di Stadium – Piscine dello Stadio: «Le segnalazioni che stiamo raccogliendo dai clienti, a volte persone che si avvicinano per la prima volta alla nostra struttura – spiega – è che esistono delle realtà in cui, rispetto al periodo pre Covid, nulla è cambiato in termini di misure di sicurezza e igieniche. Parliamo anche di misurazione della temperatura all’ingresso, utilizzo degli spogliatoi e delle docce. Per noi quella di puntare su un’attività ‘green’, all’aperto, è stata un scelta legata tanto alla disponibilità degli spazi su cui possiamo contare, quanto alla rigorosità delle misure da attuare negli spazi chiusi. Ad oggi, oltre agli elementi di distanziamento e sanificazione, una struttura sportiva deve essere in grado di monitorare le presenze, ricostruire per ciascuno cosa ha fatto e con chi è stato a contatto. Noi lo garantiamo sin dalla riapertura».

«Discrezionalità che non aiuta»

Per Frasconi la tutela deve riguardare anche chi collabora, «tanto che il personale di Stadium ha fornito autocertificazioni e certificati medici proprio per garantire massima serenità a tutti. Circa le attività sportive, stare all’aperto per noi equivale ad essere più sicuri. Ma chi ha strutture chiuse, come fa a gestire la sicurezza se apre spogliatoi e docce a tutti? Oggi le norme dicono che su uno spazio di centro metri quadrati ci possono stare 9 persone al massimo. L’impressione che ricaviamo è che ci sia una discrezionalità, nell’applicazione dei protocolli, che è sin troppo ampia e che va a vantaggio di chi non li rispetta. Crediamo che in questo senso le autorità debbano e possano agire, nell’interesse di tutti: cittadini, operatori, addetti ai lavori e infine sistema sanitario».

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