Ci risiamo. E non si può dire che – almeno chi aveva guardato alla vertenza Tk-Ast per quella che era – la cosa non fosse prevedibile. La decisione aziendale di dare attuazione al piano di riorganizzazione interna rischia di scatenare di nuovo una forte conflittualità interna e le Rsu del gruppo Ast hanno già messo le mani avanti, perché, dicono, «è doveroso informare tutti i Lavoratori di quanto realmente ed inconfutabilmente sia avvenuto.
I mancati incontri In merito a quanto «strumentalmente riferito ai lavoratori da parte dell’azienda – dicono le Rsu – relativamente ad una nostra indisponibilità al confronto per i giorni 16-17-18 febbraio, vogliamo precisare che in tali giorni, avevamo la necessità di effettuare una riunione di tutte le Rsu con la presenza delle segreterie provinciali, per un’ analisi ed una discussione approfondita dei testi al fine di poter elaborare una nostra controproposta, condivisibile e sostenibile dai lavoratori. Tale nostra necessità era stata puntualmente riferita tramite email all’azienda, la quale non ha avuto nulla da obiettare e ad ulteriore conferma, ci è stato concesso un incontro ufficiale lunedì 23 febbraio, incontro che ci ha permesso di chiarire ulteriormente aspetti di metodo e di merito relativi all’avvio delle riunioni. Teniamo a precisare inoltre, che durante tale riunione l’azienda non ha fatto alcun riferimento a quei 3 giorni, né polemiche sulle relative disponibilità ».
La decisione Le Rsu, poi, affermano che «per quanto ci riguarda la decisione aiendale è scaturita dalla non volontà da parte dell’azienda ad affrontare insieme, nelle specifiche riunioni, oltre ad i semplici aspetti riguardanti i numeri del personale da ridistribuire, tutto quello che riguarda e concerne gli aspetti di sicurezza, di qualità dei prodotti, di investimenti, di professionalità , di formazione ed informazione, questioni queste che sono strettamente legate ed inerenti sia alla nuova organizzazione, sia agli aspetti condivisi nell’accordo del 3 dicembre».
La richiesta all’azienda La comunicazione all’azienda è chiara: oltre a «ribadire la propria disponibilità nel trovare soluzioni condivise», le Rsu «esprimono forti preoccupazioni in quanto tale assetto operativo rischia di non garantire gli standard minimi di sicurezza impiantistica e dei lavoratori, non prevedendo tra l’altro un’adeguata formazione e informazione dei lavoratori stessi». E di conseguenza «potrebbe abbassare drasticamente i livelli di sicurezza all’interno dello stabilimento, modificando completamente il modo di operare sugli impianti, rischiando di aumentare la possibilità di infortuni», visto che «modificherà completamente le tempistiche di lavoro con l’aggravante di professionalità ridotte dovute alla fuoriuscita di numerose unità ».
Gli impianti Il sistema che Tk-Ast vuole adottare, secondo i delegati, «diminuirà la manutenzione degli impianti in seguito al forte ridimensionamento delle unità manutentive proposte, ed alla attuale assenza di investimenti volti a garantire la competitività impiantistica, generando problemi per l’incolumità dei lavoratori, compromettendo gli standard qualitativi del prodotto e concretizzandosi in perdite economiche sostanziali che dal nostro punto di vista non traguarderanno gli obiettivi di rilancio dell’ Azienda».
L’accordo L’idea di Tk-Ast, insomma, «complessivamente non rispetta le linee giuda dell’accordo condiviso e concordato in sede ministeriale il 3 dicembre 2014» e per questo viene richiesta «l’immediata sospensione dell’azione unilaterale in essere» e l’azienda viene invitata «a riavviare un tavolo di confronto serio e corretto, come sempre avvenuto in passato, al fine di condividere una nuova organizzazione, che garantisca il bene dei lavoratori ed il rilancio dell’azienda stessa».
L’appello al prefetto In una lettera inviata al prefetto, Gianfelice Bellesini, invece, le Rsu del gruppo Ast scrivono che «siamo ad informarla di quanto si sta generando all’interno dell’azienda rispetto alla decisione della stessa di procedere unilateralmente al delicato riassetto organizzativo di tutto lo stabilimento, in seguito all’accordo sottoscritto al Mise in data 3 dicembre 2014. Esprimiamo forte preoccupazione in merito a tutte le conseguenze che tale scelta inevitabilmente potrebbe comportare, in primo luogo rispetto alle questioni di sicurezza e incolumità dei lavoratori del sito Ast. Visto il suo ruolo, le chiediamo cortesemente che tali nostre preoccupazioni siano portate a conoscenza del Nucleo operativo integrato. Nel ringraziarLa per quanto da lei fatto durante tutta la vertenza, abbiamo ritenuto doveroso metterla al corrente dei rischi che tali scelte potrebbero determinare e dei quali non ci riterremmo responsabili».
Tornano i conflitti? Giovedì mattina, nella sede della Cgil, i sindacati faranno il punto della situazione e non è escluso che possano preannunciare una ripresa delle iniziative di protesta da parte dei lavoratori.
Il sindaco Sulla vicenda interviene anche il sindaco: «Voglio esprimere forte preoccupazione – dice Leopoldo Di Girolamo – per il nuovo inasprirsi dei rapporti aziendali all’interno della Ast. Dopo le lotte in difesa della competitività industriale del sito e del mantenimento dell’occupazione, che hanno portato all’accordo del 3 dicembre 2014, sono indispensabili atteggiamenti e comportamenti che siano il più possibile cooperativi per far ripartire la produzione a pieno regime, riconquistare clienti e raggiungere gli obiettivi che ci si è posti nell’accordo. Decisioni unilaterali o strappi non sono utili ad alcuno e mettono a rischio la tenuta complessiva dell’accordo ed il futuro stesso dell’impianto. Invito pertanto le parti a mettere in campo, senza indugiare, il metodo del confronto e dell’intesa che, solo, può portarci fuori da questa situazione. In caso contrario sarà inevitabile attivare il tavolo di verifica previsto dall’accordo stesso. Ma non sarà certo un buon segnale che come città nel suo complesso daremo».
Lucidi Per il senatore Stefano Lucidi (M5S), «l’episodio di queste ultime ore non fa che confermare quanto solo noi abbiamo detto fin dall’inizio: la Morselli era ed è di fatto un commissario interno dell’azienda. Il Pd umbro che non ha alcun legame diretto con il governo nazionale, non è riuscito ad imporre la propria politica, e questo accanto ad un sindacato inefficace e non rappresentativo. In commissione ho posto delle domande dirette alla Morselli – quanti sono gli addetti licenziati che hanno accettato il bonus di 80mila euro per non impugnare il licenziamento? è vero che state riassumendo a tempo determinato? avete fatto un’indagine conoscitiva per guidare le fuoriuscite? – la quale si è guardata bene dal rispondere. Queste domande le stiamo rivolgendo ora anche al ministro del lavoro con una interrogazione parlamentare».