di S.F.
Improcedibile e inammissibile. Il Tar dell’Umbria ha pubblicato la sentenza di merito sul ricorso – con motivi aggiunti successivi – della Bioter srl contro il Comune di Terni in merito alla curiosa vicenda sviluppatasi in avvio di 2024: la società aveva impugnato, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza del sindaco Stefano Bandecchi del 13 gennaio e quella successiva del 15 febbraio.
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Passo indietro. Il 13 gennaio Bandecchi ha firmato l’ordinanza per imporre alla Bioter di «cessare il riavvio e l’esercizio dell’impianto in grado di produrre emissioni in atmosfera» in seguito ad alcune segnalazioni di cittadini e non solo. Con immediato sopralluogo e conseguente bagarre tecnica/mediatica. La società in tal senso ha ricordato che il 29 dicembre 2023 aveva comunicato a prefettura, Comune e comando provinciale dei vigili del fuoco l’avvio delle operazioni di soffiatura del generatore di vapore che «comporteranno le emissioni in atmosfera di getti di vapore con eventi sonori di breve durata, contenuti tramite un sistema di abbattimento all’uopo installato. Tali eventi si protrarranno per circa 15 giorni e attuati nell’arco di tre momenti giornalieri». In seguito la ricorrente ha anche chiesto l’annullamento del provvedimento comunale con il quale è stata ritirata l’ordinanza originaria nella parte in cui «non procede all’annullamento d’ufficio del precedente provvedimento, ma al mero ritiro confermandone il contenuto e rinviando alle determinazioni contenute nella nota regionale del 9 febbraio 2024». Motivo? «L’errore in cui è incorsa l’amministrazione comunale, non essendo l’impianto della Bioter mai stato riavviato, essendo le attività poste in essere dallo stabilimento – da cui è scaturita la prima ordinanza sindacale (poi ritirata) – attività di manutenzione o, meglio, di ‘commissioning’, finalizzate alla verifica della funzionalità del ciclo termico dell’impianto».
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In primis il Tar spiega che il provvedimento sopravvenuto, «impropriamente denominato ‘ritiro’, deve essere correttamente qualificato quale atto di revoca». La Bioter ha palesato in tutto ciò la sussistenza di un interesse risarcitorio per quanto accaduto e gli effetti dell’ordinanza di gennaio. Si arriva al dunque: «Il ricorso si presenta fondato sotto i dedotti profili della violazione di legge e del difetto di istruttoria, attesa la mancata dimostrazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di un provvedimento extra ordinem». I magistrati amministrativi spiegano infatti che dall’esame dell’ordinanza del 13 gennaio 2024, emerge «la carenza di una adeguata istruttoria a sostegno del provvedimento». Non solo: «Nella valutazione della situazione fattuale, l’ordinanza sindacale non tiene in alcun conto la comunicazione del 29 dicembre 2023 con la quale società ricorrente aveva preannunciato lo svolgimento di attività manutentive che avrebbero prodotto emissioni di vapore, nonostante tale comunicazione sia espressamente richiamata nella relazione del dirigente del 13 gennaio 2024 citata nel provvedimento. Né dagli atti di causa emerge che vi sia stato alcun accertamento in merito alle attività poste in essere da Bioter da cui dedurre che fossero differenti da quelle manutentive preannunciate. Dal verbale di sopralluogo, pure citato nella gravata ordinanza, nulla emerge in merito al possibile pericolo per la pubblica incolumità». A difendere Bioter l’avvocato Alessandro Tomassetti.
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In definitiva il provvedimento comunale «non consente, quindi, di apprezzare la natura dei ‘fenomeni emissivi’ ivi richiamati; nulla emerge dagli atti di causa circa lo svolgimento di attività di monitoraggio o in merito al rilevamento di qualsiasi emissione nociva o all’attualità di un pericolo per la pubblica incolumità». Dunque il ricorso introduttivo è improcedibile, i motivi aggiunti inammissibili (di mezzo c’è la Regione): il Tar condanna così il Comune di Terni alla refusione delle spese di giudizio in favore del ricorrente per 1.500 euro. Firmano il presidente Pierfrancesco Ungari e l’estensore Daniela Carrarelli.