Quello del settore abbigliamento – nel documento del 27 aprile 2015 che dava il ‘via libera’ all’operazione, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) parlava di «32 punti vendita, supermercati e superette», ma anche di «9 punti vendita attivi nella distribuzione al dettaglio di articoli di abbigliamento e accessori» – era uno degli asset che rintravano nell’affare Coop-Superconti. Era.
In perdita Perché adesso pare proprio che Coop voglia ‘mettere ordine’ e che quello dei negozi abbigliamento non sia più considerato, ammesso che lo sia mai stato, un settore da tenere in vita. Visto che i negozi che vendono vestiti, con tutti gli annessi e connessi, sono sul mercato. Chi li vuole si può fare avanti con un offerta. Coop è pronta a cederli, anche perché chi ha visto i conti – con la minuscola, visto che quei negozi hanno Conti, con la maiuscola, sull’insegna – parla di perdite sostanziose.
Le ipotesi E, insomma, per i circa 35 dipendenti che attualmente lavorano in quei punti di vendita, si prospetta – nella migliore delle ipotesi – un trasferimento. E già circolano delle ipotesi, con il personale femminile che da gonne e cappotti passerà a vendere salami e detersivi, mentre quello maschile – sia quello proveniente dai negozi in vendita che quello che dovrà lasciare il posto alle signore trasferite – finirebbe a lavorare nel magazzino specializzato sul ‘fresco’ – che sta a vocabolo Sabbione.
Castiglione del Lago La decisione della Coop Centro Italia di chiudere i reparti di ortofrutta e dei salumi e latticini e di terziarizzare il reparto generi vari dell’altro magazzino, quello che sta a Castiglione del Lago, invece, ha fatto reagire i sindacati – che a Terni, invece, tacciono – che la considerano «un’altra tegola che cade sulla già debole economia del Trasimeno». Secondo Mauro Moriconi, della Cgil di Perugia, «la terziarizzazione del magazzino generi vari rappresenterebbe un altro colpo non solo per le condizioni materiali dei lavoratori coinvolti ma, anche qui, per l’economia complessiva del territorio avvalorando l’idea, sbagliata, che il recupero di competitività e redditività dell’impresa possa essere fatto tutto sulle spalle dei lavoratori (agendo sul salario e sulle condizioni di lavoro) e di un territorio».