«Terni e l’Umbria meritano una sanità migliore: ecco come»

Sei associazioni del terzo settore hanno presentato venerdì al Cesvol un documento unitario sulla riforma del sistema salute e propongono un osservatorio permanente

Condividi questo articolo su

di Fra.Tor.

«Avviare un processo di definizione di un nuovo modello organizzativo sanitario che, salvaguardando l’autonomia delle due aziende ospedaliere, permetta di definire la programmazione del numero e delle funzioni delle Usl su base territoriale omogenea, interrompendo, anche, il sotterraneo processo di accorpamento regionale di funzioni su Perugia, come sta accedendo nel caso dei servizi di prevenzione». Venerdì mattina, nella sala convegni del Cesvol Umbria, sede di Terni, si svolta la conferenza stampa di presentazione del documento unitario di sei associazioni del terzo settore (Cittadini liberi, Pensare il domani, Terni valley, associazione ‘Terni città universitaria’, associazione ‘Interamnopolis’, associazione ‘La Pagina’) sulla riforma del sistema salute dell’Umbria sud. In quest’occasione è stata anche presentata la proposta di Osservatorio permanente per seguire, in modo partecipato, gli sviluppi di un tema fondamentale per la comunità locale.

Le criticità

Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri, Giacomo Porrazzini (presidente di ‘Pensare il domani’), Marco Sciarrini e Stefano Bolletta (Cittadini liberi). «In questi drammatici mesi di pandemia – hanno detto – lo sguardo collettivo si è inevitabilmente concentrato sui temi della sanità e della salute pubblica. Criticità endemiche nel settore sanitario hanno assunto una rilevanza particolare e sono emerse nuove problematiche nell’organizzazione dei servizi del Ssn, con l’esigenza di porre al centro il tema della salute dei cittadini ed in particolare dei soggetti più fragili ed esposti. A Terni e in Umbria si è da tempo avviata una discussione che, muovendo dalle proposte degli enti locali al Pnrr, ha investito numerosi aspetti del sistema sanitario, spesso concentrandosi su tematiche specifiche, sia pur rilevanti, come il progetto di un nuovo ospedale di Terni, il finanziamento del nuovo ospedale Narni-Amelia, la riorganizzazione dei servizi ospedalieri e sanitari nell’orvietano, che appaiono tuttavia lontane da ogni visione organizzativa e programmatoria integrata che affronti i nodi cruciali relativi alla tutela della salute collettiva. Ma il tempo delle decisioni è adesso e per le nostre comunità la partita in gioco è determinante per invertire un declino che ha investito gli ultimi decenni l’Umbria e in particolare l’area ternana. Declino che, in assenza di misure adeguate e di un radicale cambio di paradigma sommati agli ulteriori effetti economici e sociali della pandemia può trasformarsi in tracollo definitivo».

La ‘Città grande’

In questo contesto generale il tema della salute dei cittadini a Terni e nell’Umbria meridionale è di straordinaria rilevanza per innumerevoli ragioni. «Il ruolo territoriale: il tema riguarda la consolidata capacità di attrazione delle nostre strutture sanitarie – hanno aggiunto – in primis l’ospedale ‘Santa Maria’ di Terni, di pazienti provenienti da altri comuni e da altre regioni, con un saldo economico decisamente positivo sia pur in progressiva contrazione anche nel periodo pre-Covid. Nonostante questa naturale proiezione geografica, le scelte politiche per l’area ternana, così come per altro verso per il comprensorio orvietano, hanno mortificato, in questo come in altri settori dalla manifattura alle infrastrutture, queste potenzialità di relazioni territoriali. In questo contesto l’area territoriale di riferimento è quella della ‘Città grande’, l’area integrata urbana di circa 180 mila abitanti per grandi linee già definita, tra l’altro, dall’Istat e ripresa nel Sistema locale del lavoro dell’Umbria. Un agglomerato omogeneo di programmazione e gestione che dovrebbe configurarsi, anche nel settore sanitario e socio-assistenziale, come governance unitaria. L’andamento demografico e la specifica morbilità locale: l’invecchiamento della popolazione, i fenomeni di denatalità e di spopolamento in particolare dei piccoli centri, le patologie legate alle dinamiche epidemiologiche locali, influenzate dalla peculiare esposizione all’inquinamento industriale, e le richiamate, inedite esigenze determinate da carico dell’emergenza Covid, richiedono un urgente ripensamento dell’organizzazione e della gestione dei servizi sanitari e socio assistenziali. Lo sviluppo locale: anche per le due ragioni sopra richiamate, nell’area integrata complessa di Terni e nell’Umbria meridionale, per quanto attiene lo sviluppo dei servizi diretti ed indiretti e in termini occupazionali, il settore sanitario e socio sanitario (tra personale dipendente, convenzionato, strutture private e cooperativistiche convenzionate, servizi di supporto logistico ed organizzativo e il complesso dell’esternalizzazione) assicura un numero di posti di lavoro di gran lunga superiore a quello dell’acciaieria».

Un nuovo modello sanitario per l’Umbria

Il modello sanitario regionale, «superato l’assetto iniziale a 12 Uls, con i successivi interventi di riordino ‘anatomico’ e non funzionale, accanto a numerose eccellenze e qualità dei servizi, ha fatto emergere numerose criticità. Anche le più recenti ipotesi di riassetto appaiono costantemente legate alla retorica della razionalizzazione svincolata dai criteri fondamentali dell’universalità ed efficacia dei servizi sanitari e da qualsiasi responsabilizzazione e partecipazione delle comunità locali nella governance dei servizi. Riteniamo indispensabile avviare un processo di definizione di un nuovo modello organizzativo sanitario che, salvaguardando l’autonomia delle due aziende ospedaliere, permetta di definire la programmazione del numero e delle funzioni delle Usl su base territoriale omogenea, interrompendo anche il sotterraneo processo di accorpamento regionale di funzioni su Perugia, come sta accedendo nel caso dei servizi di prevenzione».

La sanità territoriale

Nel quadro di un ripensamento complessivo del sistema sanitario a livello regionale e locale, hanno spiegato, «nell’ambito di una visione che valorizzi le vocazioni dei diversi territori, è cruciale il rilancio dell’assistenza territoriale e della prevenzione che, in particolare a Terni, hanno avuto un’importante storia di innovazione su forte impulso degli enti locali e precorrendo l’introduzione della riforma sanitaria. Sul versante della prevenzione, la pandemia ha portato in evidenza la necessità di un rafforzamento del settore, in specie nella sanità pubblica, e un rilancio della ricerca epidemiologica sul territorio, nel campo delle malattie infettive, delle vaccinazioni e della medicina sociale. In questo campo, anche a seguito dello spostamento della sede regionale dell’Arpa, Terni può autorevolmente candidarsi a definire con l’Università di Perugia un percorso formativo dedicato agli studi ed alle indagini epidemiologiche ed integrando competenze e servizi di prevenzione sanitaria con quelli ambientali di Arpa Umbria. Nella medicina del territorio è chiaramente emersa la necessità di sviluppare una maggiore capacità di presa in carico di quella casistica assorbibile che oggi sovraccarica l’ospedale, agendo più efficacemente sia in entrata, come filtro e risposta alla cronicità, che in uscita dall’ospedale, sul post-acuzie. In questo contesto assumono un ruolo strategico le Case per la salute o di comunità come punto nodale del raccordo tra ospedale di alta specializzazione, medicina specialistica, medicina generale e assistenza domiciliare distrettuale. Nelle Case della salute o di comunità primarie devono trovare spazio i punti di primo soccorso, gli ambulatori per le visite specialistiche e diagnostica, posti letto per ricoveri temporanei, ambulatori per i medici di base, centri di riabilitazione, organizzazione e gestione della medicina domiciliare, servizi sociali, altri servizi specializzati come il Sert, il Sim, i consultori. La gestione, l’organizzazione, i servizi e la collocazione delle diverse Case della salute o di comunità dovranno essere frutto di una governante di coordinamento fra istituzioni locali e sanitarie, enti ed associazioni socio-sanitarie e comunità locali. Torna poi il tema, sempre più rilevante, dell’assistenza domiciliare integrata e della residenzialità. Un esempio è rappresentato dalle Case di quartiere: piccole strutture, a controllo pubblico con gestione anche privata, in cui gli anziani, ancora parzialmente autosufficienti, possano essere ospitati ed assisiti, in collaborazione con le famiglie, anche solo per poche ore, mantenendo il contatto vitale con il territorio e la comunità».

Un nuovo ospedale a Terni

Il tema del nuovo ospedale di Terni «deve pertanto inquadrarsi all’interno di questi elementi di visione generale: il ruolo territoriale della ‘Città grande’; un nuovo modello sanitario regionale che valorizzi le vocazioni territoriali; l’integrazione dell’assetto dei servizi dell’Umbria meridionale a partire dalla struttura in fase di realizzazione su Narni-Amelia. L’esigenza di programmare la realizzazione del nuovo ospedale di Terni esisteva già in epoca pre-Covid. Si tratta infatti di un ospedale datato dal punto di vista progettuale e realizzativo che non solo necessità di costanti ed onerosi lavori di manutenzione (ordinari e straordinari, di messa a norma e ri-funzionalizzazione) ma manifesta tutti i limiti derivanti da una configurazione strutturale (monoblocco su 6 piani fuori terra, con ali e semi-ali), che impedisce una corretta ristrutturazione rispettando i moderni standard di qualità ed efficienza. La progettazione del nuovo ospedale deve tener conto dello sviluppo atteso per i prossimi anni di un’assistenza sanitaria preventiva e proattiva, basata sull’utilizzo delle tecnologie digitali e sulle grandi basi dati (cosiddetta intelligenza artificiale), sull’efficienza e sostenibilità energetica, configurando un robusto indirizzo a tendere di medicina personalizzata da bilanciare con un forte indirizzo di medicina comunitaria; dell’evoluzione degli stessi luoghi fisici dell’assistenza, che dovranno essere funzionali a percorsi essenziali e specifici; della adeguatezza di un ospedale ad alta specializzazione (nella attuale classificazione Dea di II livello), per i casi più complessi, coordinato con hub e strutture più piccole (strutture di trattamento specializzato, Case della salute etc), per il monitoraggio e l’assistenza meno complessa, come day surgery, day hospital».

Fuori dai contesti urbani

Per rilanciare il ruolo di bacino e interregionale (Tuscia, Reatino, Roma nord) il nuovo ospedale, fanno notare, «è opportuno che sia progettato e realizzato fuori da contesti urbani congestionati e preferibilmente in prossimità di snodi viari primari (sia stradali, ferroviari che aeroportuali), per agevolare il collegamento della struttura ai suoi. In tale logica, ad esempio, un posizionamento fuori dal perimetro urbano, nei pressi delle principali assi viarie e ferroviarie (SS 675 Umbro Laziale ed E45, la progettata direttrice ferroviaria veloce Orte-Falconara) appare come un obiettivo coerente, fondato e perseguibile. Non va sottovalutata poi la valenza di una simile collocazione, per lo sviluppo della città, relativamente alle relazioni territoriali e all’entità di popolazione servita di un’area vasta, con tutte le ricadute anche in termini di consolidamento dei flussi di mobilità sanitaria e di ospedale a valenza interregionale. La proposta di una nuova struttura da realizzare negli angusti spazi di Colle Obito, avanzata dalle istituzioni, non sembra rispondere a tali requisiti, ed anche la sostenibilità complessiva dei costi di una operazione in project financing con privati va sottoposta a trasparente verifica. L’attuale struttura, almeno nelle parti più funzionali, può essere riutilizzata e riconvertita come sede di una delle strutture di sanità territoriale (Città della salute), sede amministrativa della Usl, residenze di base per anziani, polo didattico incentrato sulla sede della facoltà di medicina con presenza di unità residenziali. Nel perseguire l’obiettivo di ‘rigenerazione urbana’ si può prevedere, un abbattimento delle strutture non necessarie e fruibili e la destinazione di parte dell’area parco urbano in collegamento con il contiguo parco de Le Grazie. La discussione sul nuovo ospedale di Terni deve necessariamente contemplare il rafforzamento della presenza della facoltà di medicina sia sul fronte dei nuovi corsi, anche a supporto dell’alta complessità ospedaliera, sia per definire nuove esperienze nel settore della ricerca medico-scientifica, ad oggi costantemente mortificata nelle scelte dell’università e della Regione dell’Umbria. In tale quadro va ridefinita la mission del Centro di ricerca biologica dell’ex Milizia».

La partecipazione pubblica

I temi rappresentati e sintetizzati sono frutto di numerosi approfondimenti e confronti con diversi soggetti che, a vario titolo, ritengono «fondamentale per il nostro territorio definire le linee di fondo della sanità del futuro. Per questa ragione riteniamo necessario che le scelte che segneranno il destino delle nostre comunità siano al centro di un dibattito pubblico con un pieno coinvolgimento e mobilitazione delle realtà locali (cittadini, associazioni, forze politiche e sociali, associazioni di categoria, terzo settore). Per questa ragione è opportuno proseguire il lavoro avviato innanzitutto allargando il numero dei soggetti, singoli ed associati, interessati a condividere un percorso di impegno civile. Avviare quindi una fase programmata di confronto aperto per rafforzare, attraverso contributi, l’impostazione generale della nostra proposta. Per questo sarebbe necessario istituire, tra i promotori, una commissione-osservatorio permanente per l’analisi, lo studio e le proposte relative ai temi della sanità territoriale con il contributo del mondo associativo, socio-assitenziale, le professionalità, anche al fine di sottoporre, in modo trasparente, ad una valutazione costi-benefici, le proposte progettuali oggi in campo. Contemporaneamente è utile attivare un gruppo di comunicazione che trasformi le elaborazioni in proposte di iniziative efficaci utilizzando tutti gli strumenti necessari per animare e rendere ampiamente partecipato il dibattito pubblico».

 

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli