di Alice Tombesi
Un nuovo episodio di cortocircuito del sistema sanitario, alle prese con un’emergenza mai vista prima. Questa volta è il tracciamento dei contatti a fallire quando, venuta a conoscenza della sua positività, una terapeuta comportamentale (quindi, per via del suo lavoro, spesso a contatto con bambini) non ha ricevuto la chiamata per segnalare i contatti che aveva avuto. È partita da lei stessa l’iniziativa di informare le famiglie di coloro che aveva visitato nei giorni precedenti al tampone.
‘Autogestione’
Tra i ‘contatti’ c’è anche un bambino autistico, risultato fortunatamente negativo al virus, e la sua mamma (in attesa di risposta del tampone) costretta poi al periodo di quarantena: «Mio figlio ha tre anni – racconta la mamma – ed ha una terapista comportamentale che viene a casa regolarmente. Quando la dottoressa è risultata positiva al Covid, le ho chiesto se avesse ricevuto la chiamata della Usl per tracciare i contatti. Non avendo ricevuto nessuna chiamata, ho denunciato il fatto al numero verde. Ho portato poi mio figlio a fare il tampone al drive in. L’esito è arrivato venerdì e fortunatamente è negativo».
«Rischio enorme»
Nel frattempo la signora, che è collaboratrice all’ospedale di Terni, ha effettuato l’isolamento fiduciario: «Se non avessi fatto la segnalazione, mio figlio avrebbe continuato ad andare all’asilo, mettendo potenzialmente a repentaglio altri bambini e le loro famiglie. Inoltre, lavorando in un ambiente come l’ospedale, avrei messo a rischio la sicurezza di un intero reparto. Perché non è stata effettuata la chiamata di tracciamento dei contatti diretti ad una terapeuta che sta a contatto con i bambini?», si chiede la mamma di questo piccolo. Una situazione delicata che richiede attenzione in una fase dove il tracciamento è più importante che mai. Il numero ingente dei positivi, purtroppo, rompe la catena dell’indagine epidemiologica mostrando, invece, un cortocircuito nel sistema sanitario sempre più evidente.