Terni, neolaureato al ‘fronte’: storie di Covid

Samuele Agusto, giovane medico ternano ora nell’unità speciale di Orvieto: «Il valore aggiunto è quello umano. Anche una telefonata aiuta a superare la solitudine»

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di F.T.

Di solito chi si laurea in medicina, dopo aver ‘smaltito’ i festeggiamenti, inizia a pensare al dopo, alla professione, a fare esperienza, alla specializzazione sognata. Poi ci sono gli imprevisti che cambiano, almeno temporaneamente, questo percorso. Ciò è accaduto a tanti giovani italiani. Come Samuele, che a 30 anni, con in tasca il titolo conseguito all’università de L’Aquila nell’ottobre del 2019, nel giro di pochi giorni, fra marzo e aprile, si è trovato ad essere abilitato alla professione medica a seguito dell’emergenza Covid-19 ed ora è medico di ‘frontiera’. Insieme ai colleghi che in questi difficili giorni dell’emergenza stanno cercando di far valere la qualità, la competenza e la professionalità che caratterizzano il sistema sanitario nazionale. Riuscendoci.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Samuele Agusto

«Esperienza di grande umanità»

Samuele Agusto è di Terni e dallo scorso 6 aprile fa parte dell’Usca (l’Unita speciale di continuità assistenziale) di Orvieto. In prima linea contro il coronavirus e a stretto contatto – telefonico e quando occorre anche fisico – con i pazienti positivi o che temono di esserlo a causa dei sintomi accusati. Si parte dal valore di questa esperienza che ha, ovviamente, i caratteri dell’emergenza: «Sto ricevendo tanto – racconta -, a volte mi sembra molto di più di quello che riesco a dare. Perché sentire anche al telefono una persona che magari è costretta a viviere isolata da giorni, confrontarsi con l’iniziale diffidenza e poi capire che quel contatto, semplice, che fa parte del mio lavoro, riesce anche a far stare meglio chi si trova a vivere una fase difficile, dà una sensazione che appaga. A volte da queste stesse persone ci vengono attribuiti meriti e attestazioni che non ci sembra di meritare. In fondo per noi è un lavoro. Ma credo che se questa esperienza mi lascerà qualcosa, oltre l’aspetto professionale, sarà soprattutto sul piano umano».

Da un giorno all’altro

Samuele racconta la frenesia degli ultimi giorni e come è cambiato improvvisamente il suo percorso: «Dopo la laurea non è che avessi le idee molto chiare. Non vedevo l’ora di fare qualcosa, così ho svolto il tirocinio per l’abilitazione e al momento di sostenere l’esame di Stato è scoppiata l’emergenza Covid. Ero nel limbo, ad un passo dal lavorare, e il decreto ha fortunatamente sbloccato questa situazione concedendo l’abilitazione a tanti giovani nelle mie stesse condizioni. In quei giorni ho anche appreso che la Usl Umbria 2 aveva riaperto la graduatoria per medici di continuità assistenziale, ovvero la guardia medica, e le Usca proprio in ragione della situazione emergenziale. Così ho presentato la mia candidatura dando disponibilità per entrambi i ruoli. Sono stato subito contattato, per la forte necessità di personale medico e così ho seguito uno specifico corso di formazione e addestramento della Usl2 sui temi più stringenti: utilizzo dei Dpi, linee guida comportamentali, quadri clinici più frequenti, monitoraggio telefonico. Una formazione, quella dell’azienda, che non si è conclusa e che, anzi, prosegue di pari passo con il lavoro. Alla fine, dallo scorso 6 aprile, ho preso servizio presso l’Usca di Orvieto».

Le visite in sicurezza

La giornata lavorativa di Samuele è fatta di tante cose: «Il nostro è un compito principalmente di monitoraggio, sostenuto quotidianamente dai medici di base che più di ogni altro conoscono i propri assistiti. Ho costanti contatti telefonici con i pazienti ma mi è capitato anche di fare visita ad una persona: dopo il consulto con il medico di base competente e lo pneumologo, la decisione è stata quella del ricovero in ospedale in ragione di un aggravamento del quadro clinico, caratterizzato dalle difficoltà respiratorie tipiche del coronavirus. Quando effettuiamo le visite, siamo coperti dalla testa ai piedi. Cuffia, camicie impermeabile, occhiali, visiera, copriscarpe, mascherine FFP2. La stessa strumentazione non è nostra ma riservata alle visite dei pazienti Covid ed ogni volta, con il personale infermieristico che ci ha dato tante informazioni utili sul punto, deve essere sanificata proprio per ridurre al minimo qualsiasi rischio. Il grosso del lavoro – racconta Samuele – è con i pazienti caratterizzati da una sintomatologia lieve ma che non hanno contatti con il mondo esterno. Ecco, per tornare alla componente umana, farli sentire un po’ meno soli, oltre a controllarne lo stato di salute, è qualcosa che ci fa stare bene».

Il sogno

Il futuro è solo rimandato, per Samuele Agusto e tanti altri come lui: «Cosa avrei fatto se tutto ciò non fosse accaduto? Mi sarei dedicato alla continuità assistenziale, alle sostituzioni, avrei studiato per il test della specialistica. Il mio sogno? Diventare neurologo. Certo so che non è facile, le discipline cliniche sono quelle che mi attirano e ne farei volentieri diverse. Ma la neurologia mi affascina più delle altre». In bocca al lupo.

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