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Home » Terni, omicidio Bellini: «Un unico colpevole»

Terni, omicidio Bellini: «Un unico colpevole»

di Fabio Toni
22 Aprile 2017
in Altre notizie, Cronaca
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
Andriy Halan

Andriy Halan

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«Più argomenti inducono a ritenere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che sia stato l’imputato, da solo, ad uccidere il Bellini». È questa la considerazione, netta, espressa dal giudice Massimo Zanetti nella sentenza con cui lo scorso 23 febbraio ha condannato a 30 anni di reclusione, con rito abbreviato, il 45enne Andriy Halan.

Andriy Halan con i suoi difensori

L’omicidio L’operaio ucraino era stato arrestato il 29 maggio dello scorso anno dai carabinieri del comando provinciale di Terni, al termine di una complessa indagine che aveva fatto emergere le evidenti responsabilità dell’uomo nell’omicidio del 53enne ternano Sandro Bellini, ucciso con diversi colpi sferrati alla testa con un oggetto contundente perché ‘colpevole’ di frequentare quella che – di fatto – era ormai l’ex compagna dell’assassino.

Le ricerche

Le indagini Un giudizio che il magistrato argomenta dettagliatamente, ricostruendo tutti i passaggi della vicenda e gli esiti investigativi alla luce delle analisi dei tabulati telefonici, delle tracce biologiche individuate nell’auto della vittima e sui vestiti del presunto assassino e anche dei riscontri dei cani molecolari che avevano ‘battuto’ il bosco nei pressi di Marmore dove l’auto di Sandro Bellini era stata ritrovata in fiamme, il pomeriggio del 18 maggio.

L’auto di Sandro Bellini, data alle fiamme

«Non sono stato io» Buona parte della sentenza ruota attorno alle dichiarazioni rese dal 45enne ucraino all’atto dell’arresto disposto dal gip Simona Tordelli. «Sono stato io a gettare il cadavere di Bellini nel Velino e a dare fuoco alla sua auto. Ma ad ucciderlo sono stati due rumeni che ho contattato in un bar di Terni e che ho pagato perché gli dessero una lezione, ma non doveva finire così».

Il giudice Massimo Zanetti (foto Mirimao)

«Nessun riscontro» Era stata più o meno questa la difesa dell’operaio ucraino, già con le manette ai polsi, di fronte alle evidenze degli inquirenti coordinati dal procuratore Alberto Liguori e dal pm Tullio Cicoria. Ma per il giudice Zanetti, «l’imputato non ha saputo fornire alcun elemento obiettivamente significativo per consentire di individuare i due rumeni. […] Le perizie effettuate sui reperti sequestrati hanno escluso la presenza di altre persone e le modalità dell’omicidio, quali risultano dall’autopsia, sono compatibili anche con l’aggressione del Bellini da parte di una sola persona, soprattutto se forte e aggressiva come l’imputato. […] Un quadro incompatibile con l’ipotetica volontà, di altri soggetti, di assolvere un incarico, dietro compenso, di intimidire soltanto la vittima».

La conferenza stampa dei carabinieri

1.500 euro La riflessione si sposta poi sulla cifra – 1.500 euro – che Andriy Halan ha detto di aver pattuito con i due rumeni per la ‘lezione’: «Una somma – scrive il giudice – che sembra davvero irrisoria per spingere anche due criminali incalliti a commettere un omicidio. L’imputato, persona pericolosa e aggressiva come risulta dalla descrizione della compagna e di altri testi, non aveva ragione di assoldare altri semplicemente per intimorire il Bellini, trattandosi di un affare che ben poteva realizzare da solo e senza spendere denaro, tanto più che egli, in ragione delle modeste condizioni economiche, ben difficilmente avrebbe potuto disporre di una somma, troppo piccola per indurre altri ad uccidere ma troppo grande per lasciare ad altri un incarico, quello di intimorire, che ben poteva fare da solo».

La sorella di Sandro Bellini, Claudia (foto Mirimao)

Dolore Dopo i 30 anni inflitti in primo grado, la prospettiva per l’omicida è quella dell’appello da parte dei suoi legali difensori, gli avvocati Francesco Mattiangeli e Bruno Capaldini. Di contro per Claudia, la sorella della vittima, parte civile attraverso l’avvocato Renato Chiaranti, dopo la provvisionale disposta dal tribunale c’è la speranza che l’appello non riduca una condanna che ha solo in parte alleviato il grande dolore per la scomparsa di un uomo «buono, benvoluto da tutti e che nella sua vita non ha mai fatto del male a nessuno».

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