Terni, stadio e clinica: «Questo è l’iter, chiaro e uguale per tutti»

Maurizio Gambino, presidente dello Sporting Terni e socio di maggioranza della Cidat, dice la sua sui progetti di patron Bandecchi

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di F.T.

Fra calcio e sanità: Stefano Bandecchi non è il primo, a Terni, ad avvicinare due ambiti apparentemente distanti. Prima di lui lo ha fatto Maurizio Gambino, figlio dell’ex patron rossoverde Gaspare, presidente dello Sporting Terni e socio di maggioranza della Cidat srl che dal 1991, con 50 operatori, si occupa sì di diagnostica ambulatoriale, ma che ha anche ottenuto nel tempo l’autorizzazione a costruire una casa di cura con 82 posti letto. Il bagaglio di esperienza di Gambino, che spazia dal calcio alla sanità fino alle questioni politiche cittadine, ci consente di capire meglio come stiamo le cose. Sullo sfondo, la volontà del presidente Bandecchi di costruire un nuovo stadio a Terni, ma con la possibilità di dare vita ad una clinica privata orientata sull’alta specialità e la ricerca, accreditata e convenzionata, da 200 posti letto e in grado di movimentare un indotto importante.

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«Il sogno di ogni tifoso»

«Dal punto di vista sportivo – attacca Maurizio Gambino – la realizzazione di un nuovo stadio è il sogno di qualunque città e tifoseria. Chi non vorrebbe un impianto moderno e funzionale, al di là dell’affetto per il vecchio ‘Liberati’ che abbiamo tutti nel cuore. La città ne trarrebbe sicuramente grande vantaggio. Sul punto, la Ternana Calcio ha certamente fatto tutte le valutazioni del caso in termini di costi e sostenibilità, in relazione al bacino territoriale che, va detto, è segnato da una crisi profonda sul piano economico, sociale e della rigenerazione. Purtroppo sono sempre di più i giovani che lasciano Terni per andare a lavorare altrove e negli anni questo trend si è aggravato ulteriormente».

L’idea-clinica

«La volontà espressa dal presidente Bandecchi – prosegue Gambino -, ovvero quella di poter costruire una clinica privata ad alta specializzazione, è orientata anche ad un possibile ritorno sul piano economico. La gestione della Ternana Calcio è certamente onerosa e in serie B, pur a fronte di introiti pubblicitari e diritti televisivi, non sarà da meno. Per allestire una squadra competitiva servono risorse ed i costi sono, come sempre, superiori alle entrate, pur incrementate dalla nuova categoria. Non so perché sia stato scelto dal presidente l’ambito sanitario, ma la volontà di costruire una clinica credo sia legata anche alla necessità di abbattere questo divario economico. L’iter, in ogni caso, è uguale per tutti».

L’iter: il primo passo

Circa il percorso, appunto, Gambino chiarisce i vari passaggi che lo caratterizzano, «che sono uguali sia che si di debba dare vita ad una casa di cura, ad esempio, che ad una struttura specializzata e di alta chirurgia». Il primo step è rappresentato «dalla domanda che va fatta alla Regione, in via preliminare, in cui si chiede l’autorizzazione alla realizzazione della struttura. La stessa Regione deve valutare se il numero di posti letto è confacente alle esigenze del territorio e, nel caso in cui la valutazione sia positiva, viene rilasciata tale autorizzazione».

«Chiedere convenzionamento senza la struttura è fuori legge»

A quel punto «l’imprenditore chiede al Comune l’autorizzazione a procedere in relazione all’area, agli aspetti urbanistici. Ottenuta quella, si presenta il progetto e si ritira la concessione alla costruzione. I passi successivi sono la realizzazione della clinica, l’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio e quindi la richiesta, eventuale, di convenzionamento con il sistema sanitario. Chiederlo oggi un convenzionamento, per una struttura che deve essere ancora costruita, è semplicemente fuori dalla legge. Nessun funzionario può permettersi un passo del genere, a prescindere da ciò che Bandecchi intende realizzare a Terni. Vale così per tutti in tutta Italia».

La trattativa con la sanità regionale

«Una volta costruita la clinica – spiega Gambino – si apre una vera e propria trattativa con la Regione e la Usl competente. L’imprenditore mette a disposizione tutta una serie di prestazioni sanitarie e la componente pubblica valuta quali di queste possono essere utili, ovvero quali esigenze ci siano rispetto ai servizi già forniti dal pubblico. Obiettivo delle istituzioni è ottenere dal privato ciò che Usl e ospedali non riescono, per qualsiasi ragione, a fornire adeguatamente agli utenti. In base a tale schema, si costruisce la convenzione che non può essere quindi ‘a priori’».

«La convenzione ha un inizio ed una fine»

La stessa Cidat, che ha più sedi e centri di diagnostica ambulatoriale fra Terni, Orvieto Scalo ed Arrone, sottoscrive annualmente una convenzione con il sistema sanitario regionale: «La Usl ci contatta per conto della Regione e ci spiega di quali e quanti servizi ha bisogno, quelli che le strutture pubbliche non riescono a fornire ai cittadini, e si apre la trattativa. Il convenzionamento è valido non per un numero indefinito di anni, ma ha un inizio ed una fine. Si tratta di una norma nazionale inderogabile». Circa la casa di cura per cui la Cidat ha ottenuto il ‘via libera’ nel 2017, la speranza dell’imprenditore di origini siciliane è quella di «poter procedere quanto prima alla costruzione, in linea con le esigenze che emergeranno dal nuovo Piano sanitario regionale».

I tempi

Le tempistiche di un percorso come quello pensato da Stefano Bandecchi per Terni, non sono – per forza di cose – brevissime: «Se in condizioni normali servono mesi per portare avanti un iter del genere, in epoca Covid, con la Regione costretta a riprogrammare di volta in volta le proprie esigenze in termini di prestazioni sanitarie, l’analisi dei servizi da convenzionare si complica. Diversi ospedali sono stati convertiti a ‘Covid hospital’ mentre prima fornivano tutt’altre prestazioni. Credo che fino a quando la Regione non avrà la possibilità di chiarire tale quadro con il nuovo Piano sanitario regionale, e speriamo possa avvenire presto, ogni decisione sui servizi e i rapporti fra componente pubblica e privata debba attendere. A maggior ragione se la decisione attiene una struttura, qual è quella immaginata da Bandecchi, che per posti letto potrebbe rappresentare il terzo ospedale regionale».

La questione territoriale

Il quadro regionale, in ogni caso, secondo Maurizio Gambino (e non solo lui) è profondamente segnato da una disparità fra il territorio perugino e quello ternano. Anche in ambito sanitario: «Questo divario è aumentato nel corso del tempo. Basti pensare che Terni non ha alcuna clinica privata mentre a Perugia ce ne sono cinque. Su un altro fronte, la Usl2 ha addirittura una spesa pro capite sulla diagnostica pari alla metà di quella prevista dalla Usl1 per i cittadini del proprio bacino. Questo dato, fra l’altro, dovrebbe essere uguale per ciascun umbro, perché la possibilità di accesso alle strutture sanitarie deve essere garantita a tutti e allo stesso modo. Sono diversi i temi che legano le questioni sanitarie a quelle politiche e quindi, nel caso di Terni, ad un progetto sportivo. Ciò che mi sento di dire, però, è che la volontà popolare si può anche esprimere in termini di firme, di ‘pressione’ sulle istituzioni, di emotività naturale di chi ha a cuore una squadra. L’importante è avere presente ciò che la legge afferma. Elemento, questo, che non favorisce né sfavorisce qualcuno, ma che rappresenta una tutela per tutti».

Il nuovo ospedale «importante per tutti»

La questione del nuovo ospedale di Terni, infine, è cruciale per il territorio: «Si tratta di una battaglia – conclude Gambino – a cui la Regione non può opporsi, se non altro per ragioni economiche. Ci costa più un anno di manutenzione del ‘Santa Maria’ che un anno di mutui e investimenti per la nuova struttura. Il nostro nosocomio è vecchio, inadeguato, e un nuovo ospedale porterebbe un beneficio totale, per tutti. Senza distinzioni di sorta».

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