Umbria, Cna: «Perse quasi 1800 imprese»

In cinque anni «il saldo negativo è pari a una perdita di circa il 9% del Pil»

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Un saldo negativo di 1787 imprese, pari a una perdita di circa il 9% del Pil. Questo, in termini numerici, il risultato prodotto dalla crisi in Umbria. Lo rivela una ricerca condotta da Cna Umbria in collaborazione con il centro studi Sintesi.

Le imprese umbre «A restare sul tappeto sono state il 2,1% delle imprese umbre – afferma Francesco Vestrelli, responsabile regionale di Cna Produzione – un dato comunque inferiore a quello registrato su scala nazionale (-2,6%). Le perdite assolute più vistose hanno investito il settore delle costruzioni (-1209 imprese), l’agricoltura (-1755) e i trasporti (-229). Il manifatturiero, pur avendo perso 470 imprese, ne conta ancora 8344, pari al 10% del totale del tessuto imprenditoriale. All’interno del comparto manifatturiero diminuiscono in particolare il sistema moda, che perde 155 unità, la metallurgia e la meccanica che arretrano di 162 e il settore legno-arredo che retrocede di 187, mentre crescono soprattutto le imprese dell’agroalimentare (+40 aziende), quelle che fabbricano macchinari e apparecchiature meccaniche (+58) e quelle del settore energia elettrica, gas, che aumentano di 169 unità».

Tessuto imprenditoriale La ricerca evidenzia anche un ridisegno della composizione del tessuto imprenditoriale «a favore del settore dei servizi, da quelli tradizionali a quelli alla persona, da quelli innovativi a quelli commerciali. Ma il manifatturiero continua a svolgere un ruolo determinante nella nostra regione. In questi anni molte imprese del settore hanno saputo fare la propria parte, reinventandosi, ristrutturandosi, trovando nuovi sbocchi. E i dati sull’occupazione, che segnano una ripresa (+565 posti di lavoro nel primo semestre 2015 in settori diversi dall’edilizia), stanno a testimoniarlo. Noi crediamo che sul manifatturiero si debba continuare a puntare».

Fondi europei «In Umbria – spiega Simone Mazzocchi, presidente regionale di Cna Produzione – arriveranno risorse importanti provenienti dai fondi europei che, se verranno messe a leva, potranno giocare un ruolo determinante nel promuovere lo sviluppo del tessuto imprenditoriale della regione. Per le piccole e medie imprese lo sviluppo passa attraverso gli investimenti, le competenze delle risorse umane e la diversificazione dei prodotti frutto della ricerca industriale. Ecco perché riteniamo che siano ancora di fondamentale importanza contributi in conto capitale e in conto interesse per favorire la realizzazione di investimenti in nuovi processi produttivi, corsi di formazione ad hoc per far acquisire ai nuovi occupati le competenze necessarie ed eventualmente misure tese a promuovere la ricerca».

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