Una vita per l’acciaio, chi è Giovanni Arvedi

Nel 1963 ha fondato l’azienda, ora dà lavoro a 3 mila dipendenti. Ora lo attende la sfida-Ast. Calcio e giornali i suoi ‘pallini’

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di F.L.

Ottantaquattro anni compiuti da poche settimane (e ben portati), una vita intera trascorsa nel mondo dell’acciaio, senza dimenticare le passioni per il calcio, l’editoria e la musica. Una solida fede cattolica e Adriano Olivetti come modello. Ecco in estrema sintesi il profilo del cavalier Giovanni Arvedi, il fondatore e presidente dell’omonimo gruppo che ha acquistato l’Ast di Terni. Recentemente ha annunciato l’imminente conclusione del passaggio generazionale nelle mani del nipote Mario Caldonazzo (in acciaieria da quasi 30 anni e dall’ottobre 2019 amministratore delegato della holding Finarvedi), ma la ‘colonna’ dell’azienda continua ad essere lui, anche ribattezzato il ‘re’ dell’acciaio italiano. Tanto che sono sue le parole che sanciscono l’accordo con ThyssenKrupp ed è con lui che in queste settimane, e anche nelle ultime ore, si sono interfacciati manager e istituzioni.

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La storia

Nato nell’agosto del 1937 a Cremona da una famiglia di antica tradizione nel settore della lavorazione e commercio dei metalli – come si legge nel sito di Arvedi – nel 1963 inizia la sua carriera imprenditoriale fondando le sue prime due aziende, una commerciale (Arvedi Commercio) ed una produttiva (ILTA), che utilizza le tecnologie più moderne per la fabbricazione di tubi saldati in acciaio al carbonio, tecnologie che nel 1970 estende alla produzione, allora specialistica, dei tubi in acciaio inossidabile. La crescita prosegue nel 1973 con la realizzazione a Cremona dell’Acciaieria Tubificio Arvedi, stabilimento dotato delle tecnologie più avanzate per la produzione di acciaio e di tubi laminati a caldo, e agli inizi degli anni ’80, con l’acquisizione dal Gruppo Falck della società Celestri, una delle maggiori aziende commerciali e di servizi siderurgici in Italia. Nel 1984 gli viene conferito dal presidente della Repubblica il titolo di Cavaliere del lavoro. Nel 1989 assume la presidenza dell’Associazione Industriali di Cremona, posizione che manterrà per quattro anni. Ma il punto di svolta è nel 1992 quando entra in funzione il progetto dell’Acciaieria Arvedi a Cremona che utilizza una tecnologia innovativa, basata su idee originali elaborate dallo stesso Arvedi, per la produzione di laminati piani in acciaio. Nominato vice presidente di Federacciai, negli anni ha anche fondato e sviluppato varie società operanti nel settore della laminazione, produzione e trasformazione di prodotti siderurgici, che ora complessivamente lavorano oltre 4 milioni di tonnellate di acciaio, dando lavoro ad oltre 3 mila dipendenti con un fatturato annuo consolidato di circa 2.900 milioni di euro. Come riconoscimento di questi risultati, l’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 2006 gli ha conferito la Laurea Honoris Causa in gestione d’azienda, alla quale nel 2013 si è aggiunta quella in ingegneria meccanica del Politecnico di Milano.

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Dal calcio alla cultura

Impegnato in iniziative di carattere sociale, sportivo e culturale – sia con il gruppo Arvedi che con la Fondazione che porta il suo nome e quello della moglie, Luciana Buschini – nel 2007 rileva la società calcistica Cremonese (tra l’altro prossima, il 2 ottobre, ad incontrare la Ternana nel campionato di serie B), di cui oggi è presidente onorario. Nel 1984 è intervenuto nel salvataggio della Rizzoli (mettendo sul piatto 140 miliardi di lire) e del Corriere della Sera, in seguito alla vicenda P2, arrivando ad avere fino al 12% del capitale e l’incarico di vicepresidente sia in Rizzoli che in Gemina. Attualmente è editore del settimanale cremonese Mondo Padano, della tv locale Cremona1 TV e del sito CremonaOggi. Tra le sue più recenti passioni – ha rivelato recentemente al quotidiano La Provincia – anche quella dell’agricoltura, che ‘coltiva’ attraverso varie aziende. Ha creato e donato alla città di Cremona il Museo del Violino.

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