Ast, verità sulle scorie: «Non c’è mercato»

Terni, ecco perché la multinazionale vuole prendere tempo: il dato è contenuto nel rapporto presentato in Provincia

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di M.T.

La verità? Potrebbe essere meno complicata di quel che sembra. O di quello che si vuol far vedere. Quello delle scorie delle acciaierie, del loro continuo crescere – al ritmo di 300 mila tonnellate all’anno – nella discarica di Valle, delle voci e promesse sul meraviglioso progetto di recupero (con relativo discredito di quello ‘alternativo’, anche se cofinanziato); sarebbe un semplice, semplicissimo, problema di mercato. Che non c’è.

La discarica e la galleria 'Tescino'

La discarica e la galleria ‘Tescino’

Le perplessità Già, perché nella documentazione che ThyssenKrupp Ast ha fatto pervenire alla Provincia – in ballo c’è il rispetto della prescrizione relativa all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che prevede lo studio e la realizzazione di misure atte a ridurre l’impatto sull’ambiente da parte della multinazionale – cè, sì, tutta una parte piena di proiezioni, numeri, filosofia e buoni propositi; ma c’è anche una parte nella quale, poi, si mette in evidenza una questioncina non da poco: per i prodotti ottenuti dalle lavorazioni di recupero non si ha la certezza in relazione ad una possibile collocazione sul mercato.

La discarica cresce

La discarica cresce

Rifiuti da rifiuti In poche parole: ThyssenKrupp Ast avrebbe paura di fare tante belle cose, per poi ritrovarsi con un diverso tipo di rifiuto, ottenuto dalla lavorazione delle scorie e a caro prezzo, ma da mettere da qualche parte e tenere lì. Perché non saprebbe che farsene e, soprattuto, non saprebbe a chi venderlo. Mentre, va ricordato, secondo Rmt, il cui progetto è stato gettato alle ortiche da Ast, le scorie di lavorazione potrebbero diventare «materiali inerti da utilizzare in edilizia, con tanto di certificazione di qualità». Vacci a capire qualcosa.

La presidente Marini

La presidente Marini

La Regione E forse non è proprio casuale che la presidente della Regione, Catiuscia Marini, parlando in consiglio regionale del caso-Terni, ha evidenziato che «esiste una complessità legata ad attività che hanno creato la ricchezza di quella città, ma anche condizionato la situazione ambientale. Bisogna anche chiedersi se è compatibile una attività produttiva con il territorio, chiedendosi, senza trarre conclusioni sbrigative, se si può fare a meno di un’industria pesante, la prima di questa regione. Abbiamo disponibili fondi europei e i 5 milioni di euro che la giunta ha messo a disposizione per la chiusura del ciclo degli scarti di produzione. Dopo un anno quei fondi sono ancora disponibili, ma nessuno ci ha presentato progetti per utilizzarli».

Lucia Morselli

Lucia Morselli

La ‘compatibilità’ Perché poi, in fondo, il problema è anche questo: chi si prende la briga di mettere all’angolo la multinazionale? Visto che, di fatto, non ci sarebbe uno straccio di norma che le potrebbe imporre di bonificare quella discarica? Già, perché a ThyssenKrupp Ast basterebbe ‘isolare’ l’area e ‘riambientalizzarla’ per essere in regola: un bel cappotto che assicuri la tenuta stagna e una bella gettata di terra sopra. E poi, a pensarci bene, essere messi all’angolo potrebbe essere proprio quello i tedeschi vanno cercando. Per poter reagire in malo modo.

L'Ast

L’Ast

I tempi E quindi il ‘tirare a campare’ – due anni solo per decidere chi e come dovrebbe fare il tutto – potrebbe essere la soluzione ottimale per tutti, visto che – le stime le hanno fatte i tecnici – la discarica di Valle, in virtù dell’ultimo ampliamento, «può tranquillamente ospitare nuove scorie per una decina d’anni» e, dicono sempre i tecnici, «non appare realisticamente ipotizzabile che tra dieci anni esista ancora un’acciaieria come quella di oggi a poche centinaia di metri da piazza Tacito». Già, strano che nessuno ci pensi.

 

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