di G.R.
Silvio Baldini è tornato alla sua seconda vita: quella nella natura che non ama meno del calcio. Sveglia alle quattro di mattina, viaggio in fuoristrada con i cani Medea e Peck, incontro con gli amici Alberto e Domenico detto il Polpa per andare a funghi. La Gazzetta dello Sport racconta i giorni del tecnico di Massa dopo le dimissioni dal Perugia. Non raggiungibile al telefono e immerso completamente in quel mondo che lo ha accolto nei sei anni lontani dal campo tra l’esonero al Vicenza e il ritorno in pista con la Carrarese. Ora se lo gode. Non sa se tornerà mai ad allenare: «Non penso al futuro, voglio vivere intensamente il presente». Parole che pennellano perfettamente la sua filosofia che in Umbria hanno conosciuto appena per tre settimane: «Quando verrà la decadenza insopportabile del corpo farò come i cani e i capi indiani. Mi allontanerò, andrò a morire per i fatti miei in montagna. La Signora vestita di nero verrà a prendermi e io l’aspetterò. Cercherò di ammaliarla con le parole. Le dirò che non ho rimpianti. Che non mi è mancato niente». Baldini attende soltanto di andare una settimana dall’amico Mario: «Vado a disintossicarmi. E’ un pastore che vive sulle montagne siciliane con le sue mucche, le capre e i cani randagi. Quando vado e lui mi parla di quando domava il suo cavallo guardandolo negli occhi io torno bambino come quando ascoltavo le favole della nonna». In serata a parlare via Instagram è l’ex direttore sportivo, Marco Giannitti.
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L’addio a Perugia
Con la schiettezza che lo contraddistingue domenica Silvio Baldini ha comunicato che la sua avventura a Perugia fosse finita. A La Gazzetta dello Sport ha raccontato nuovamente quel concetto di famiglia che cercava ma non ha trovato a Pian di Massiano: «Ho trovato bravi giocatori ma tra loro non c’era quel legame vero che porta i risultati. Non era una famiglia. Quando non c’è famiglia, non c’è amore, non c’è passione Io non ho il culto della vittoria. Non m’interessano le vittorie dove non c’è amore e spirito di fratellanza». Ha poi risposto alle critiche come quella di aver volato troppo in alto parlando di Serie A: «Non sono un pazzo. Non c’era questa differenza tecnica incolmabile tra noi e i primi. Ma bisogna credere all’impossibile, bisogna credere ai propri sogni. Quando ti accorgi che l’egoismo dei singoli è superiore alla capacità di sognare non puoi farci niente. Non erano i risultati a preoccuparmi, ma le prestazioni di una squadra che si rifiuta di sognare». C’è anche chi lo accusa di non essersi preso il tempo di costruire il gruppo che voleva: «Il calcio non te lo dà. Le cose accadono in fretta. Non c’erano le condizioni. Io vedo le cose con il cuore, non con gli occhi». Baldini ha svelato che Santopadre ha provato anche a ricontattarlo: «Lui è una persona semplice, bellissima la sua storia da imprenditore. Ha provato a chiamarmi ma avevo staccato il cellulare. Quando prendo una decisione non torno indietro. Mi dispiace che sia finita così. Avevo la fiducia del presidente e del direttore, mi affascinava la città, la favola del Perugia di Sollier, Curi, Vannini, quando le favole erano ancora possibili». Chiusura sulle dimissioni, dato che gli viene fatto notare che ormai quasi nessuno più decide di farlo: «È un problema degli altri, non mio. Ho rinunciato a tutto. La mia famiglia non ha bisogno di soldi ma di me, del mio amore, della mia felicità. Mi sento incompreso. Ho dato tutto, mostrato la più grande disponibilità e alla fine sono costretto a fare questi gesti per non subire situazioni che non mi appartengono. Per riprendermi dalla tristezza penso solo a vivere. Vedi, ora comincia ad albeggiare, tra mezz’ora respirerò l’aria della montagna e calpesterò foglie secche gigantesche».

La gratitudine di Giannitti
Mercoledì sera l’ormai ex ds del Grifo ha salutato la piazza con un lungo post Instagram: «Dal mio arrivo sono stato accolto con grande calore e affetto, mi sono subito sentito a casa e spero di esser riuscito, almeno in parte, a ricambiare la stima e l’entusiasmo che i tifosi hanno saputo trasmettermi e riconfermarmi ad ogni occasione. Dopo due stagioni vissute intensamente, la mia avventura a Perugia si interrompe. Il bilancio è stato estremamente positivo, contrassegnato da una promozione in serie B (2021) e dal raggiungimento dei play off (2022) ma anche dal punto di vista umano è stata per me una meravigliosa avventura perugina. Il Perugia Calcio ha una storia importante, caratterizzata dal raggiungimento di traguardi prestigiosi e animata da imprese di campioni veri, e l’aver fatto parte di questa società è per me motivo di orgoglio e grandissimo onore. Come dimenticare il record dell’imbattibilità, le prodezze di Renato Curi e di Paolo Rossi, l’elegante lungimiranza di Franco D’Attoma… sono solo alcuni esempi cristallini e positivi di uomini che hanno compiuto gesta eroiche nello sport e nella vita e che rimarranno scolpite indelebilmente negli annali del calcio perugino e italiano. Aver poi avuto la possibilità di vivere Perugia, una città ricca di storia, arte e tradizione, cultura e passione che quando ti entra dentro ti scalda l’anima in maniera indelebile, e questo lo considero un privilegio che porterò per sempre nel mio cuore. Ho parlato di storia. Ma è sul futuro che voglio soffermarmi. Perché questa città e questa squadra meritano le migliori fortune e la possibilità di raggiungere obiettivi ancor più sfidanti di quelli sinora conseguiti. Cari tifosi, vi chiedo di stare vicini alla squadra, al nostro caro Grifo biancorosso per raggiungere le meritate fortune e per tornare a volare alto e fiero come solo lui sa fare. Vi saluto con tutta la mia gratitudine. Forza Grifo!».