Una discussione lunga cinque ore, in cui la difesa ha spiegato perché l’ordinanza di custodia cautelare del gip di Terni, che lo scorso 30 marzo ha spedito in carcere il 49enne Roberto Lo Giudice con accuse pesantissime, vada annullata. E in cui la procura di Terni, nella persona del procuratore Alberto Liguori, ha invece ribadito come quella decisione del tribunale, chiesta ed ottenuta dal suo ufficio, debba essere integralmente confermata. Perché i pericoli connessi all’esigenza cautelare, di inquinamento probatorio in primis, sono secondo Liguori sussistenti, attuali e concreti, come dimostrerebbero i ripetuti depistaggi – sia tentati che riusciti – avvenuti nel corso degli anni.
SVOLTA NEL CASO BARBARA CORVI, ARRESTATO IL MARITO
Battaglia giudiziaria
L’ultima parola spetterà al tribunale del Riesame di Perugia, di fronte al quale martedì – con le modalità ‘da remoto’ – si è tenuta l’udienza chiesta dai difensori dell’ex marito di Barbara Corvi, la 35enne di Montecampano di Amelia sparita nel nulla il 27 ottobre del 2009, che hanno impugnato l’ordinanza in questione per ottenere la scarcerazione del proprio assistito. La decisione sul punto potrebbe giungere nelle prossime ore, il tempo di valutare compiutamente le argomentazioni che per la difesa – rappresentata dagli avvocati Giorgio Colangeli e Cristiano Conte – fanno leva sulla natura sostanzialmente indiziaria delle contestazioni. Diametralmente opposto il punto di vista degli inquirenti ternani che, dopo l’archiviazione della prima indagine nel 2015, hanno ripreso in mano con decisione – e con il supporto dei carabinieri del comando provinciale – l’intera vicenda, cristallizzando elementi già emersi e acquisendone di nuovi, come le testimonianze di tre collaboratori di giustizia le cui parole, ritenute ‘neutrali’ e credibili, rappresentano un atto di accusa nei confronti di Roberto Lo Giudice.
AMELIA, QUELLA FINTA DENUNCIA PER ‘INFAMARE’ I FAMILIARI DI BARBARA
L’interrogatorio per discolparsi
Quest’ultimo è indagato con il fratello 45enne Maurizio per i reati di omicidio premeditato e occultamento/soppressione di cadavere, in relazione alla morte di Barbara Corvi. Il primo, ristretto nel carcere di vocabolo Sabbione, lo scorso 15 aprile, nell’interrogatorio chiesto al procuratore Liguori aveva lungamente argomentato e ribadito la propria estraneità alle accuse: «Io con la morte di Barbara non c’entro nulla». Non ci si attendeva nulla di diverso, visto anche il riesame incombente e la linea sin qui tenuta. Anche per questo la vicenda giudiziaria assume sempre più i contorni di un braccio di ferro.