In attesa delle case, a Castelluccio di Norcia si prova a far ripartire le attività commerciali: 10 ristoranti e un bar troveranno posto in una struttura che sarà realizzata in una ex cava, il cui progetto è stato presentato ai diretti interessati venerdì mattina in una lunga conferenza stampa proprio a Castelluccio, nella tensostruttura della Protezione Civile. Poco distante sorgeranno anche tre caseifici.
LA PRESIDENTE DELLA REGIONE UMBRIA, CATIUSCIA MARINI – L’INTERVISTA
Progetto controverso Le critiche, contrariamente a quanto avviene di solito in questi casi, non sono arrivate dagli abitanti del posto, ma da fuori, in particolari dalle associazioni ambientaliste. Esaurita la polemica – che non è solo terminologica – sulla definizione di centro commerciale (una conferenza stampa in Regione ha chiarito che la struttura sarà temporanea e servirà solo ad ospitare le attività ristorative distrutte dal terremoto) il nocciolo della questione era capire le caratteristiche tecniche del progetto e soprattutto il suo impatto ambientale.
Segue dibattito Per questo, la parte più ‘frizzante’ dell’incontro è arrivata quando, dopo la relazione tecnica dell’architetto Francesco Cellini («per favore, non chiamatemi archistar», ha esordito), è cominciato il tanto temuto dibattito che – bisogna dirlo – con scelta coraggiosa sono state proprio le istituzioni a volere, invitando alla presentazione i rappresentanti di diverse associazioni ambientaliste, i quali, con ancora maggior coraggio, hanno affrontato la folla provando a nuotare controcorrente, per far emergere quelli che, a loro parere, possono essere gli aspetti più controversi del progetto. Ma la folla era nervosa e ferita. Non solo dal terremoto e da undici mesi di sofferenza, ma anche dalle polemiche lanciate proprio da alcuni ambientalisti e rilanciate acriticamente da alcuni giornali, che hanno utilizzato il termine «ecomostro».
RISTORATORI VS AMBIENTALISTI: SCATTA LA POLEMICA – VIDEO
Sarà davvero temporanea? «La gente deve ritornare nelle proprie case e ritornare a fare il proprio lavoro – dice Sauro Presenzini del Wwf – su questo siamo tutti d’accordo e nessuno deve porre ostacoli, c’è però un lecito dubbio sulla temporaneità: se è vero che il deltaplano sarà temporaneo, allora fin da ora dovete preparare un progetto per la sua dismissione, garantito da una fideiussione». La paura è chiara: quando – fra 15 o 20 anni – sarà finalmente ricostruito il borgo di Castelluccio, chi ci assicura che questa struttura sarà effettivamente dismessa? Ci sarà la volontà? Ci saranno i soldi? Al quesito hanno risposto prima il vice presidente Fabio Paparelli («Che sarà dismesso non lo dico io, lo dice la legge, la struttura è un’opera di Protezione Civile e sarà di proprietà dello Stato Italiano, che deciderà sul suo futuro»), poi l’architetto Cellini, che ha evidenziato come molte scelte progettuali vadano in questo senso, a cominciare dai giunti, che sono fatti di spinotti e viti: «Un modo costoso di costruire ma che consente propri di smontare e rimontare».
Tavolo sulla ricostruzione Un aspetto, questo, su cui si era soffermato anche il sindaco Alemanno nella sua introduzione, specificando però che «le strutture avranno un altissimo livello di qualità perché dovranno rimanere in loco per più di qualche anno, per questo abbiamo fatto in modo che potessero essere consone all’ambiente in cui saranno inserite». Dopo aver ricordato che un progetto analogo si sta avviando su Norcia («ma non con lo stesso livello di qualità e attenzione, seppure anche lì si è tentato di uscire fuori dai canoni delle strutture provvisorie»), il sindaco ha garantito che «nel momento in cui cominceremo a ragionare del problema più grande (la ricostruzione; ndr) terremo un tavolo aperto da settembre a marzo in cui mensilmente ci incontreremo e vi renderemo edotti sullo stato di avanzamento dei lavori». È evidente, ha poi scandito Alemanno, «che la scadenza del 31 marzo non sarà prorogabile. La prossima primavera a Castelluccio devono esserci le prime gru. Abbiamo davanti una sfida importante e dobbiamo essere capaci di dare risposte ad una comunità che vive in condizioni difficili e sente più di chiunque altro l’esigenza di potersi esprimere sul proprio futuro».
«HO PAURA DI NON RIVEDERE LA MIA CASA» – VIDEO
«Un patrimonio mondiale» Alemanno è poi tornato su un argomento spinoso: «Tutti, fra i ristoratori hanno capito che questa era la soluzione migliore. Nessuno ha fatto fughe in avanti. Eppure, se qualcuno avesse voluto realizzare un prefabbricato, come quelli che si vedono in commercio, per impiantarvi la propria attività, nessuno di noi si sarebbe potuto opporre. Invece, tutti hanno scelto di lavorare insieme, con tutti i problemi del caso. Lo hanno fatto per il rispetto del territorio, per il rispetto di Castelluccio. Il centro nascerà fra l’altro in una ex cava, quindi un territorio contaminato, che ora sarà completamente riqualificato. Ormai tutti hanno chiaro il concetto che l’immagine di Castelluccio è patrimonio dell’intero mondo – ha detto Alemanno – tutti abbiamo questa consapevolezza, ma dobbiamo anche essere capaci di riconoscere che se tutto quello che vediamo è stato fino ad oggi ampiamente salvaguardato è perché tutti quelli che sono qui sono stati capaci di conservarlo».
Paparelli moderatore Il vice presidente della Regione, Fabio Paparelli, nel corso dell’incontro ha avuto il ruolo del moderatore. E lo ha svolto con piglio e polso fermo, senza risparmiarsi accesi battibecchi con coloro che criticavano: «Il punto chiave dell’elaborazione di questo progetto – ha spiegato – è stato l’equilibrio alto fra la qualità dell’ambiente e le necessità che questa comunità ha di ripartire con le proprie attività economiche e commerciali. Ho letto di critiche sull’utilizzo dei soldi. “Perché non utilizzate questi soldi per la ricostruzione?”. E nel frattempo queste persone che facevano? Continuavano a leggere le bufale su Facebook?. Certe critiche avevano argomentazioni che mi hanno lasciano perplesso. Anche perché spesso arrivavano da persone non qualificate. Siete tutti invitati – ha detto ai cittadini presenti – a venire a verificare per rendervi conto di che cosa sarà realizzato: un grande progetto di bioarchitettura». Il rammarico, ha confessato, «è non averlo fatto prima».
Tardi e male Ed è proprio su questo punto che è partita una delle critiche più feroci, una delle poche lanciate non da un ambientalista, ma da un Castellucciano, che vive a Roma ma ha una casa e Norcia e una a Castelluccio – eredità dei genitori – entrambe distrutte e che teme di non poterle più rivedere: «Non condivido nulla di come avete gestito il problema Castelluccio, primo che avete fatto poco, secondo perché avete fatto male, terzo perché lo avete fatto tardissimo. C’era da agire con rapidità, invece dopo 11 mesi stiamo ancora parlando di progetti. E poi vorrei ricordare che oltre ai ristoranti ci sono gli abitanti senza casa». «Vergognatevi – gli ha risposto uno dei ristoratori – venite a parlare di scavi e di acque reflue quando qui ci sono persone che da 11 mesi non lavorano più»
«Materiali riciclabili» «L’alternativa non è fra un pendio intatto e questo progetto – ha detto Paolo Verducci, docente della facoltà di Ingegneria civile dell’Università di Perugia – l’alternativa è fra questo progetto e i 55 container da 25 metri quadrati che servirebbero per ospitare queste attività. E anche per i container servirebbero le opere di urbanizzazione. Obiettivamente, questa scelta ci sembra meno impattante: basti pensare ai tetti verdi e alle tecnologie utilizzate. Abbiamo fatto una verifica scientifica dell’impatto ambientale, con un modello di calcolo aritmetico standard. Ed anche una simulazione della produzione Co2 sia in fase di realizzazione sia in fase di attività. Sappiamo che certi materiali e certe tecniche edilizie hanno minor impatto rispetto ad altri e di quelli ci avvarremo. I materiali, peraltro, possono essere riciclati».
L’architetto: «Sarà un meccano» «I container permettono di arrivare indubbiamente prima, ma sicuramente peggio», spiega ancora l’architetto Francesco Cellini, che ha illustrato con nel dettaglio le caratteristiche tecniche del progetto. «Mi sono posto il problema partendo da dati di fatto diversi: mettere insieme dodici attività commerciali, abituate finora a lavorare in modo separato e realizzare un qualcosa che funzionasse. Per fare questo non c’è bisogno di essere ecologisti, ma persone responsabili. Una struttura temporanea con determinate caratteristiche deve poter durare qualche anno, ma al tempo stesso deve avere basso impatto sul territorio, inoltre deve essere facilmente montabile e smontabile. Quindi dev’essere fatta in pezzi. Come un meccano. E i pezzi devono essere trasportabili e leggeri. E soprattutto non dannosi. Il più possibile uguali fra loro. In modo che possano essere fatti in officina e portati poi in loco. E montati in modo non irreversibile».
Catiuscia Marini Per tutta la durata dell’incontro ha morso il freno, spesso intervenendo dal suo posto in prima fila suggerendo le risposte a Paparelli o rispondendo direttamente a chi interveniva dalla platea. Alla fine, le conclusioni sono state affidate a lei, alla presidente della Regione. «Dobbiamo sapere – ha detto la Marini – che qui lavoriamo in emergenza con un approccio di strutture che non sono proprio da emergenza. Le altre strutture non è che le abbiamo progettate noi. Non può diventare una colpa se tecnici e cittadini accettano una tempistica più lunga per avere alla fine un risultato migliore, per non rassegnarsi a fare i ristoranti nei container. Abbiamo scelto una cava dove fra l’altro c’è un fitodepuratore. Sappiamo che questa soluzione durerà diversi anni, non sappiamo quanto, ma possiamo dire che i cittadini saranno coinvolti nella ricostruzione, anzi saranno loro a guidarla. L’abbiamo fatta così non perché vogliamo che rimanga ma perché siamo consapevoli che ci vorrà tempo. Ma come si permettono a dire che cementifichiamo il Pian Grande? Qui c’è una lunga storia di tutela del territorio e non a caso è stato istituito il parco».
Come ricostruire «Chi ha scritto che noi agiremo in deroga si sbaglia. Noi seguiremo le norme: nessuna deregulation. Certo che non sarà come era prima. Purtroppo lo sappiamo bene. Questa fase ci consentirà di gestire una fase di trasformazione, fra com’era prima e come sarà Castelluccio, mantenendo una continuità anche nell’aspetto turistico. Anche per la ricostruzione dobbiamo essere bravi, cercando di capire la perimetrazione, le tecniche, i materiali da usare. Sarà una partita complessa. Non si può non pensare che nella ricostruzione noi affrontiamo anche temi aperti che in passato non abbiamo saputo affrontare: i soldi che arriveranno dall’Europa dobbiamo usarli per questo».