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Home » Covid e dispositivi falsificati: «Problema enorme»

Covid e dispositivi falsificati: «Problema enorme»

di Fabio Toni
25 Aprile 2020
in Ambiente e salute, Apertura 5, Coronavirus, In evidenza
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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di F.T.

In tempo di Covid-19 le mascherine deputate a proteggere il personale medico e sanitario dei nostri ospedali, oltre alle implicazioni relative ad una sicurezza che non è sempre garantita né certa, portano con sé un’altra problematica di non poco conto, quella della falsificazone dei dispositivi.

PROTEZIONI ANTI COVID: «L’INDUSTRIA ‘DELL’EMERGENZA’ RISPETTI LE REGOLE»

Dipendenti dall’import

Solo pochi giorni fa l’Inail ha comunicato che solo il 4% delle domande relative alla produzione di Dpi da parte di aziende in qualche modo ‘riconvertite’, su un totale di oltre 800, sono state approvate. Ciò porta con sè alcune criticità: spreco di risorse, permanenza del problema relativo agli approvvigionamenti e quindi dipendenza del sistema sanitario nazionale dalle importazioni. In tema di mascherine le forniture sono principalmente cinesi: il marchio CE viene apposto in maniera talvolta illegale, allegando al prodotto dei semplici certificati volontari che inducono in errore gli acquirenti e gli utilizzatori, non informati su come riconoscere i falsi. Prodotti che non danno assolutamente le necessarie assicurazioni di conformità. Di questo abbiamo parlato con la dottoressa Monica Tocchi, esperta di dispositivi medici e fondatrice di ‘Meditrial’.

Monica Tocchi

Problematica internazionale

«Il fenomeno – spiega la dottoressa Tocchi – riguarda non solo l’Italia, ma l’intera Europa. Anche la European Safety Federation, che pubblica una lista di fabbricanti cinesi con marchi CE illegali, indica: ‘Abbiamo l’impressione che i produttori al di fuori dell’UE (e probabilmente anche i ‘nuovi arrivati’ e gli importatori nell’UE) non abbiano familiarità con la legislazione europea in materia di Dpi e quindi credono che pagando il ‘certificato’ per l’esecuzione di alcuni test, siano pienamente in conformità con la legislazione dell’UE’. Molto probabilmente anche dalla parte di acquirenti e utilizzatori, mancano le conoscenze sugli esatti requisiti della legislazione dell’UE e giudicano tali documenti accurati. Per questo – spiega l’esperta – mi sembra doveroso ribadire come la cosiddetta ‘industria delle emergenze’, ma anche gli ospedali che acquistano, le dogane, e i datori di lavoro, devono apprendere le regole sulla conformità. Allo stesso modo il Governo dovrebbe prevedere dei rigidi meccanisimi di controllo sulle importazioni con l’ausilio di esperti di certificazione».

Non solo i medici

«Il problema – prosegue la dottoressa Tocchi – non riguarda solo i medici e gli operatori, ma tutti coloro che per proteggersi, penso ad esempio agli addetti del commercio, indossano dispositivi come le mascherine FFP2 e FFP3. Credo non vi sia sufficiente consapevolezza né attenzione rispetto ad un fenomeno, quello della falsificazione dei dispositivi, che invece in questa fase rischia di ‘contaminare’ il mercato e di creare ulteriori problemi di sicurezza. Anche qui, il vero problema è sentirsi sicuri quando in realtà non lo si è. Senza informazioni, però, tutto diventa più difficile».

«In pochi conoscono le regole»

«Il fenomeno dei falsi – osserva la dottoressa Tocchi – è reale ma ancora sommerso. Portarlo alla luce vuol dire tutelare tutti. Impensabile acquistare, come purtroppo in alcuni casi sta avvenendo, dispositivi che non è detto siano sicuri». Due i principali metodi di falsificazione della mascherine FFP2 e FFP3: «Oltre all’apposizione del marchio CE, fraudolenta, può avvenire che di falso vi sia anche il marchio del produttore. Per scoprire queste situazioni occorre un’accurata conoscenza non solo delle etichettature previste, ma anche delle modalità con cui tali dispositivi devono essere prodotti per rispettare i requisiti. L’ignoranza, ad ogni livello, è purtroppo diffusa e pericolosa. Da parte del Governo non abbiamo sin qui rilevato l’applicazione di criteri certi né di contromisure. Invece a livello europeo, nell’ambito dei circoli ‘tecnici’ quali sono quelli dei sanitari, il fenomeno è noto e abbraccia anche canali ufficiali come le riviste mediche. Un’azione è in questo senso doverosa soprattutto in un contesto di mercato frenetico dove c’è chi punta a speculare senza curarsi di ciò che mette in commercio».

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