Covid, gestione rifiuti di pazienti positivi: scenari e criticità

Umbria, dopo gli input di Iss e Snpa messe sul tavolo tre opzioni: due di fatto sono già scartate. Le ipotesi

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di S.F.

Centocinquanta tonnellate di rifiuti prodotti mensilmente in Umbria dai pazienti positivi al Covid-19 in isolamento o in quarantena obbligatoria. Una stima «estremamente cautelativa» al rialzo messa nera su bianco dai tecnici della Regione per uno studio sulla gestione dei rifiuti urbani provenienti da abitazioni di persone colpite dal coronavirus: sono tre le ipotesi preparate e che in queste ore sono al vaglio di Arpa Umbria, Usl Umbria 1 e 2. Una volta acquisiti i pareri ci sarà una specifica ordinanza di Donatella Tesei.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

L’input dell’Istituto superiore di sanità

Il passaggio si è sviluppato dopo che l’Istituto superiore di sanità ha dato una sua indicazione al ministero della Salute per occuparsi dei rifiuti extra ospedalieri che arrivano da case di pazienti colpiti dal virus: tra i vari input c’è la necessità di una gestione diversa rispetto a quelli prodotti dalla popolazione non affetta dal Covid. Non ci può essere equiparazione, mentre viene specificato che occorrono «particolari procedure per la raccolta ed il trattamento di tali rifiuti; risulta preferibile l’incenerimento dei rifiuti indifferenziati, ove siano presenti impianti di termodistruzione, al fine di minimizzare la manipolazione dei rifiuti stessi; si raccomanda che sia mantenuta l’ordinaria gestione dei rifiuti urbani prodotti dalla popolazione generale, in abitazioni dove non soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria, senza interruzione della raccolta differenziata».

«FATE BENE LA DIFFERENZIATA, FATTORE DECISIVO». MISURE COVID

Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente

Martedì è stato l’Snpa a tracciare un quadro della situazione con le possibili modalità di azione. Ne sono indicate diverse: l’avvio ad incenerimento senza trattamento preliminare, il conferimento negli impianti di trattamento meccanico biologico (Tmb) se «gli stessi garantiscono l’igienizzazione del rifiuto nel corso del trattamento biologico (bioessicazione o biostabilizzazione) e la protezione degli addetti dal richio biologico», il conferimento agli impianti di sterilizzazione, il conferimento diretto in discarica senza alcun trattamento preliminare «limitando il più possibile, nella fase di coltivazione della discarica, la movimentazione dei rifiuti che andranno possibilmente confinati in zone definite della discarica; in tal caso va garantita la copertura giornaliera dei rifiuti con un adeguato strato di materiale protettivo, tale da evitare ogni forma di dispersione».

COVID, IMPIANTI AIA E AUTOCONTROLLI: SCATTANO SOSPENSIONI

La Regione e le criticità

A palazzo Donini devono muoversi su questo fronte e anche in fretta: «Le indicazioni Snpa evidenziano che lo stato di crisi potrebbe comportare a difficoltà organizzative e logistiche del settore rifiuti, difficoltà acuite dalla necessità di dover garantire il regolare svolgimento dei servizi di pubblica utilità inerenti alla raccolta dei rifiuti e alla relativa corretta gestione». L’obiettivo è di «evitare il sovraccarico degli impianti di gestione e il rischio dell’interruzione del servizio» e c’è l’ipotesi  «nel perdurare dell’emergenza, in relazione alla presumibile necessità di maggiore capacità di deposito temporaneo presso gli impianti produttivi e di messa in riserva e deposito preliminare, sarà necessario prevedere interventi, anche a carattere normativo, volti all’incremento della capacità di stoccaggio, alla riprogrammazione ovvero sospensione dei regimi di autocontrollo e controllo nei casi di accertata difficoltà di accesso ai servizi tecnici ambientali, nonché uno slittamento dei termini per le scadenze amministrative». Come detto sono state calcolate circa 150 tonnellate di rifiuti – stima in eccesso per la presenza dei rifiuti assimilati agli urbani – prodotti per mese da abitazioni con pazienti positivi o quarantena obbligatoria: « Alla luce delle informazioni disponibili a martedì, il numero in Umbria di tali persone  risulta ancora limitato e inferiore a 4 mila unità».

Il primo scenario: Terni e Gubbio

Si parte dall’avvio ad incenerimento che, tuttavia, «cozza con l’assenza di un termovalorizzatore regionale. I forni presenti in Umbria e che tecnicamente potrebbero bruciare tali rifiuti sono sostanzialmente tre: uno a Terni e i due cementifici di Gubbio. Il forno di Terni – a griglia – può avere forti limitazioni tecnologiche per la combustione diretta dei sacchi di rifiuti. Anche i forni rotanti (cementifici), di contro, pur rappresentando le condizioni ottimali di combustione per tali rifiuti, assicurando temperature e tempi di combustione elevati e avendo come limitazione dimensionale la dimensione della bocca forno, che risulta comunque compatibile con la pezzatura in gioco, presentano limitazioni tecnologiche per il caricamento automatico senza manipolazione da parte di operatori dei sacchi di rifiuti; l’ipotesi di utilizzare termovalorizzatori fuori regione si scontra di contro con – due – differenti esigenze», spiega il responsabile del procedimento, l’ingegnere Michele Cenci. 

Problemi anche per il secondo: esigenze operatori

Conferimento negli impianti di preselezione e trattamento meccanico biologico. Problemi anche in questo caso: «Ipotizzabile nel solo caso in cui gli impianti possano garantire l’igienizzazione del rifiuto nel corso del trattamento biologico (bioessicazione o biostabilizzazione) e la protezione degli addetti dal rischio biologico. Non si ritiene che tale rischio sia compatibile con le esigenze degli operatori. Un sub scenario del secondo prevederebbe l’esistenza di un impianto di sterilizzazione dei rifiuti: tale impianto oggi non esiste e la progettazione e realizzazione di un impianto di tal guisa richiede tempi non compatibili con la situazione emergenziale».

Il terzo

Infine il conferimento diretto in discarica: «I volumi in gioco sono limitati, ed assolutamente compatibili con la volumetria regionale disponibile (i volumi in gioco sono di 3-4 ordini di grandezza inferiori ai volumi disponibili), ancorchè la stessa assicura l’esigenza regionale complessiva per i prossimi 4-5 anni. Rispetto a trattamenti che prevedono fasi di selezione e cernita, propedeutici alle fasi di effettivo recupero o smaltimento, il diretto conferimento dei rifiuti urbani in discarica, prodotti da parte dei cittadini risultati positivi al virus, garantisce un elevato grado di precauzione, in quanto è possibile limitare al minimo la manipolazione da parte degli operatori. Nei casi di limitata produzione di rifiuti – viene puntualizzato – in aree vaste, i gestori, anche in accordo tra loro o con il gestore della discarica, possono prevedere azioni di trasbordo (da diversi singoli piccoli mezzi ad un unico mezzo più capiente, eventualmente capace di provvedere al conferimento diretto in discarica). Va da se’ che la frequenza di raccolta può essere sapientemente ridotta al fine di ottimizzare la raccolta nell’ottica di ridurre quanto più possibile azioni intermedie tra la raccolta ed il conferimento. In discarica la copertura dovrà essere tempestiva». Ora parola ad Arpa e alle aziende sanitarie locali.

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