Elettrocarbonium, quelle verità nascoste

Terni, c’è molto di ‘non detto’ nella vicenda – tornata a farsi drammatica – della Elettrocarbonium di Narni

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C’è molto di ‘non detto’, a dispetto della cascata di prese di posizione di questi giorni, nella vicenda – tornata a farsi drammatica – della Elettrocarbonium di Narni.

Michele Monachino

Michele Monachino

Le cose dette L’allarme, dopo un lungo silenzio, lo avevano lanciato i sindacati:  «La multinazionale tedesca in liquidazione ha intimato ad Elettrocarbonium di lasciare la fabbrica nei prossimi venti giorni, non prima di aver fermato i forni e tutte le altre apparecchiature riavviate solo l’estate scorsa». Subito dopo aveva parlato il senatore Gianluca Rossi (Pd), annunciando «un’interrogazione alla ministra Guidi, perché non sono negoziabili la continuità produttiva di questo ganglo economico ed industriale, né tantomeno il futuro lavorativo delle persone giá rioccupate e di quelle in attesa di reimpiego». Poi era intervenuta la Regione, con il vice presidente Fabio Paparelli che aveva ricordato che «ad oggi, sono stati concessi ad Elettrocarbonium incentivi finalizzati alla riassunzione del personale per 140 mila euro, oltre ad un finanziamento di un milione e 400 mila euro». Con l’azienda che, invece, aveva replicato che «Elettrocarbonium non ha ricevuto 1,4 milioni di euro finalizzati alla realizzazione di alcuni degli investimenti programmati dall’azienda a causa delle tempistiche non coincidenti tra scadenza del bando e tempo utile ad acquistare ed implementare all’impianto i macchinari necessari; ha dovuto subire (in qualità di terza parte spettatrice) la mancata approvazione dell’accordo di programma a seguito della non accettazione in sede di conferenza di servizi del progetto di bonifica presentato da Sgl».

La presentazione della 'nuova' Elettrocarbonium

La presentazione della ‘nuova’ Elettrocarbonium

17 mesi Due le date da non dimenticare: il 13 febbraio del 2014, quando quella che allora si chiamava Sgl Carbon fermò gli impianti di produzione di Narni e quella del 13 luglio del 2015, quando quella stessa fabbrica – alla quale era stato ridato lo storico nome di Elettrocarbonium – quegli impianti li aveva, 17 mesi dopo, rimessi in marcia.

Gli annunci Dopo il passaggio di mano del sito, sancito a febbraio e dopo le promesse che umbriaOn aveva raccolto, a Milano, nel mese di maggio. A quei tempi, la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini e il sindaco di Narni, Francesco De Rebotti, apparivano decisamente ottimisti.

LE INTERVISTE A MARINI E DE REBOTTI

Un elettrodo in lavorazione

Un elettrodo in lavorazione

Gli impegni E quel giorno, quel 13 luglio, anche Michele Monachino, l’imprenditore che aveva condotto l’operazione, si era lasciato andare a previsioni ottimistiche, parlando di un ‘monte ordini’ già acquisito pari al 33% di quello necessario a garantire stabilità all’azienda.

L’INTERVISTA A MICHELE MONACHINO

Le speranze Sempre quel giorno, il vice presidente della Regione Umbria, Fabio Paparelli; il sindaco di Narni, Francesco De Rebotti e l’assessore allo sviluppo economico del Comune, Marco de Arcangelis, avevano manifestato la soddisfazione per quello che veniva definito un successo.

LE INTERVISTE A DE REBOTTI, DE ARCANGELIS E PAPARELLI

Elettrocarbonium, inaugurazione - 13 luglio 2015 (11)I problemi Poi, però, le cose non sono andate come si pensava: i primi allarmi arrivarono presto e a settembre gli scricchiolii si fecero più evidenti, con i sindacati costretti a prendere atto che la situazione non era proprio quella che era stata fatta passare. E poi è stato un crescendo: tra alti e bassi che si sono susseguiti, fino alle ultime prese di posizione.

La realtà Quello che emerge con chiarezza (se così si può dire) è che non tutto è stato detto, almeno fino ad oggi, sulla vicenda relativa alla più antica ed importante realtà produttiva narnese: le verità nascoste – da queste peraltro dipende il posto di lavoro di un sacco di gente e un pezzo importante dell’economia stessa della zona – sembrano essere ancora molte. Perché si parla di finanziamenti concessi e non utilizzati; di bonifiche il cui costo – se effettuate in continuità o a fabbrica ferma – varierebbe di una quindicina di milioni di euro; di intrecci di proprietà non del tutto limpidi. Il governo aveva messo l’ennesima toppa – con ClaudioDe Vicenti e Giampiero Castano nel ruolo di sarti – che però forse è stata cucita male. E si sta strappando.

 

 

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