Eskigel, il paradigma del nuovo che avanza

L’azienda ternana passa sotto il controllo di una multinazionale ed ecco quello che succede ai lavoratori. Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

E pensare che secondo alcuni l’operazione era stata accolta a Terni con grande favore. Insomma c’era chi guardava con soddisfazione ed interesse al fatto che la Eskigel passasse di proprietà e da una Snc diventasse la branca di una multinazionale del gelato, la R&R Ice Cream, leader europea del settore.

Un’azienda che a Terni è nata, cresciuta, s’è sviluppata e si è mantenuta sana grazie ad una oculata gestione di tipo “familiare”, compiva il salto di qualità, almeno dal punto di vista dell’assetto finanziario. Si sa, ormai l’andazzo non è più favorevole ad una gestione aziendale di tipo familiare e –come dicono i critici – paternalistico.

La gestione dell’impresa è fredda, basata sui segni più e i segni meno che compaiono a fianco di ogni cifra. Anche il lavoro ha una valenza solo economico–finanziaria, non ha più alcun valore sociale. Chi guardò con favore – come si riferiva allora, anno 2013 – alla possibilità di acquisizione della Eskigel da parte di una multinazionale anglo–tedesca, a sua volta branca di un’altra multinazionale francese, sperava forse che il lavoro e i lavoratori mantenessero lo stesso ruolo dentro la fabbrica di gelati?

La multinazionale guarda alle entrate e le soppesa mettendo sull’altra piatto della bilancia le uscite, così come fanno tutti, solo che rispetto a quando la Eskigel era una Snc, la bilancia non è più quella del salumiere, ma dell’orefice e tiene conto anche delle frazioni di grammo.

Ed allora ecco che si vanno ad abbassare – anche se l’azienda ha i fondamentali tutti positivi – i costi di produzione, ed al solito ci si prende di petto il lavoro. Quello tra i costi che è più facilmente attaccabile, specie in un’azienda legata alla stagionalità e che quindi ha bisogno di lavoratori stagionali in percentuale doppia e a volte tripla rispetto ai dipendenti a tempo indeterminato. Poter contare sulla flessibilità è una delle sue principali risorse.

Ma perché correre il rischio di “sprecare” alcune ore di stipendio calcolando uno stagionale in più, o magari uno stagionale che lavori un paio d’ore in meno (a fine rapporto) rispetto a quanto stabilito dal contratto? Meglio coinvolgere, allora, un’agenzia di lavoro interinale: a quella compri le ore di lavoro. Ti servono trecento ore? Tante ne compri poi non sono fatti tuoi se un solo operaio le lavora tutte e trecento, o se trecento ne lavorano una a testa. Il numero è quel che conta, non le persone, la loro dignità, la loro sicurezza economica, la loro vita.

La nuova Eskigel ha però tenuto conto della necessità (propria) di stabilizzare – ma non troppo – alcuni degli stagionali, muovendosi anche in tal caso per vie indirette.

Ad assumere non ci ha nemmeno pensato, ha invece appaltato i lavori ad una cooperativa di cui essi possono entrare a far parte. La cooperativa scelta è la Scas, Società Cooperativa Appalti e Servizi, il che vuol dire tutto e niente se non fosse per una specifica che la stessa Scas fornisce e che indica le sue specializzazioni.

Essa “offre tutti i servizi necessari a chi opera nei settori di produzione alimentare, ristorazione, settore alberghiero, uffici, servizi municipali, civili e di pubblica utilità, edilizia, agricoltura”.

Quali servizi? “Disinfestazioni, derattizzazioni,deblattizzazioni, allontanamento piccioni, allontanamento rettili, monitoraggio insetti alati e striscianti e infestanti delle derrate alimentari, rilascio certificati di controllo HACCP”. E i gelati?

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