Ficulle, 20enne morto: sentenza dopo 10 anni

Terni: era il 2010 quando Romolo Liburdi perdeva la vita in un vigneto di Montecchio. Condannato il datore di lavoro del giovane

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Aveva 20 anni Romolo Liburdi, di Ficulle, quando il 7 settembre del 2010 moriva in un vigneto a Montecchio (Terni), travolto dal trattore agricolo che stava guidando. A ben dieci anni dai fatti, è giunta la prima sentenza della giustizia. Giovedì mattina, infatti, il tribunale di Terni in composizione monocratica – giudice Barbara Di Giovannantonio – ha condannato ad un anno e sei mesi di reclusione, pena sospesa, il datore di lavoro del giovane – un 55enne – per il reato di omicidio colposo. L’uomo era accusato di tutta una serie di violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, compresi gli aspetti relativi alla formazione del personale sui rischi e quelli legati alla vigilanza nell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. La condanna è relativa anche al risarcimento dei danni, da stabilire in sede civile. Il secondo imputato, titolare dell’impresa agricola di Roma committente dei lavori, è stato invece assolto ‘perché il fatto non sussiste’. In aula il pm Cinzia Casciani aveva chiesto un anno e sei mesi per entrambi.

La riflessione

Così il legale dei familiari del ragazzo, l’avvocato Emilio Festa di Orvieto: «La sentenza ci appare corretta nel suo insieme. Il problema semmai – osserva – è che la prima sentenza su questa vicenda, in realtà relativamente semplice, sia arrivata a dieci anni dai fatti e a sei anni dalla prima udienza. Da allora ad oggi il processo è stato segnato da lentezze e cambi di giudici, nulla ascrivibile al giudice che ha emesso la sentenza, peraltro rapidamente da quando ha assunto il procedimento, né alle difese degli imputati. A fronte di una prescrizione fissata in 15 anni per il reato in questione, la giustizia ha probabilmente calibrato i propri tempi rispetto a questo termine. Elemento che, unito alle tempistiche a cui dovremo sottostare per vedere riconosciuti i diritti dei familiari anche in sede civile, mi porta a dire che allungare ulteriormente o eliminare del tutto la prescrizione, potrebbe rappresentare la morte definitiva dei processi».

 

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