Ndrangheta in Umbria: ‘Aiutiamo quei politici’

Dalle intercettazioni emerge il presunto coinvolgimento nelle campagne elettorali amministrative del capoluogo di Arcudi e di Vezzosi, moglie di Repace. Ribecco è lo zio del leader di Casa Pound Perugia (che querela)

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Nell’inchiesta sulla ‘Ndrangheta in Umbria dalle intercettazioni emergono anche i nomi di Nilo Arcudi, già vicesindaco, attuale presidente del consiglio comunale, e Luigi Repace, presidente del comitato regionale umbro della Lega nazionale dilettanti, in virtù di presunti aiuti delle cosche alla moglie, anch’ella candidata nel 2014.

TUTTI I DETTAGLI SULL’OPERAZIONE

«Aiuti alla campagna elettorale di Arcudi e Vezzosi, moglie di Repace»

Stando alle indiscrezioni emerse da alcune testate locali e nazionali (ne parla ad esempio il Corriere della Sera), gli ‘ndranghetisti residenti a Perugia sarebbero entrati anche nelle dinamiche del consenso alle elezioni comunali del capoluogo. Figura chiave sarebbe stata Antonio Ribecco, ritenuto cerniera di collegamento tra San Leonardo di Cutro e la città umbra. Fra le conversazioni captate tra lui e Cosimo Commisso, che a Perugia scontava la detenzione domiciliare, da cui emerge anche la capacità di influenzare la politica locale, in particolare sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti sono finite le elezioni comunali del 2014, in cui viene eletta la moglie di Luigi Repace, Alessandra Vezzosi, e nominato Nilo Arcudi, ritenuto altro uomo di fiducia, in qualità di vice sindaco. Il 5 aprile del 2019, Ribecco viene intercettato mentre dichiara: «La moglie di Repace, che lui è un amico, lo sa, l’abbiamo fatta salire noi al comune e a tutte le parti». Antonio Ribecco riferisce «di aver fatto una serrata campagna elettorale, adoperandosi mediante concessione di prestiti in denaro e lamentandosi comunque del fatto di non aver ottenuto i favori sperati».

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Arcudi replica: «Accuse assurde, non conosco queste persone»

Specifichiamo che sia Arcudi che Repace che Vezzosi risultano non indagati e il loro coinvolgimento nelle intercettazioni non comporta necessariamente un loro coinvolgimento nelle operazioni illegali. Dalla Vezzosi è arrivato un ‘no comment’ mentre Arcudi – contattato telefonicamente da umbriaOn.it – ha sottolineato: «Sono cose talmente assurde che non andrebbero nemmeno commentate, io ovviamente non conosco queste persone, ma faccio notare che fanno il mio nome e quello della Vezzosi che eravamo nel 2014 in due liste diverse e quindi sarebbe stato impossibile votare me e lei perché il voto sarebbe stato invalidato».

Poi, con una nota stampa, va più nel dettaglio ed esclude «categoricamente e totalmente» che qualcuno degli indagati o arrestati abbia ottenuto in tutti questi anni da me un incontro o un appuntamento per chiedere o ottenere qualcosa. È evidente che, ove necessario, non avrò alcuna esitazione a tutelare la mia onorabilità, sia come uomo che come politico, in tutte le sedi opportune. Plaudo al contempo alla procura ed alle forze dell’ordine per il prezioso lavoro fatto a tutela del territorio e dell’Umbria».

«Mi preme sottolineare – scrive ancora Arcudi – che, sia come privato cittadino ma soprattutto nei ruoli istituzionali da me ricoperti in questi lunghi anni, ho sempre combattuto in modo aperto e senza tentennamenti tutte le forme di criminalità, anche organizzata, tanto più la ndrangheta, che ha purtroppo impoverito, umiliato ed annientato la terra dove sono nato. Sia io che i miei collaboratori, da sempre, abbiamo con estrema prudenza monitorato e selezionato, anche acquisendo preliminari informazioni, le persone da incontrare con le quali lavorare, condividere, promuovere e progettare ogni forma di iniziativa politica che riguardava il sottoscritto e/o le forze politiche alle quali appartenevo».

«Dal 2003 al 2019 ho partecipato a centinaia di manifestazioni elettorali incontrando in quelle occasioni pubbliche migliaia e migliaia di persone, di ogni ceto sociale e provenienza geografica, persone alle quali ovviamente non potevo richiedere, né delle quali potevo conoscere, precedenti penali o frequentazioni. Nel tempo ho ricevuto migliaia di voti, dato facilmente riscontrabile, ma solo oggi, ripeto, vengo a conoscenza che in una precedete competizione politica avrei ottenuto il voto di un soggetto oggi indagato per mafia. Qualora ne avessi avuto la minima percezione all’epoca non avrei mai, mai e poi mai accettato o voluto neanche questo singolo voto. Qualora invece si fosse trattato di un subdolo tentativo di insinuarsi e creare legami con le istituzioni, tale tentativo è andato, di sicuro con me, totalmente a vuoto».

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Zio e omonimo del leader locale di Casa Pound

Emerge poi (lo scrive Repubblica; ndr) che il principale indagato – Antonio Ribecco – sia zio ed omonimo del giovane candidato a sindaco di Casa Pound alle ultime amministrative di Perugia. Una curiosità che il giornale romano sottolinea anche in virtù della campagna antidroga del giovane candidato mentre lo zio è accusato di gestire lo spaccio in Umbria. Alla famiglia – svelano fonti investigative – non è che l’impegno di Ribecco junior facesse troppo piacere, in quanto l’azione politica in un movimento ‘di nicchia’ non avrebbe garantito successi elettorali, come in effetti è stato.

Scrive ancora Repubblica, riportando il testo di intercettazioni: «’Lui doveva scegliere Salvini, perché c’ha un carattere che dice.. parla, parla’. In realtà, il progetto di imbarcare Casa Pound in una più ampia coalizione di destra c’era. O, almeno, così spiegano Ribecco e compari nelle conversazioni intercettate. ‘I patti erano così, fino ad un mese fa.. il sindaco di Perugia è di destra, centro destra.. Romizi. Noi abbiamo mangiato insieme al sindaco. I patti erano che si candidava con Salvini e si collegava con loro che sono di destra’. Poi le cose sono andate diversamente: Romizi – spiegano – ha scelto la partnership con il socialista Nilo Arcudi e secondo quanto emerso dall’indagine, su di lui il clan avrebbe fatto convergere i voti, persino comprandoli se necessario. Ma per il gip, tanto impegno non avrebbe avuto contropartita, perché una volta eletto Arcudi si sarebbe dimenticato dei ‘benefattori’».

Ribecco: «Partiranno querele»

«Nessuna indagine a mio carico, né a carico del movimento che rappresento a livello provinciale, è stata comunicata al sottoscritto né agli organi di stampa – così in una nota Antonio Ribecco, responsabile provinciale di Casapound Perugia – tutte le ricostruzioni sulla recente operazione antimafia condotta sul territorio, hanno unanimemente certificato la totale estraneità mia e del movimento agli illeciti ascritti ad arrestati e indagati. Dalle intercettazioni risulta, al contrario, che Casapound risulta essere, agli occhi di chi oggi è chiamato a rispondere di crimini di mafia, al di fuori dei soggetti da prendere in considerazione per un appoggio elettorale. Davanti a tali evidenze, pure desumibili leggendo con attenzione gli articoli pubblicati, molti hanno ritenuto di manipolare la realtà con titoli fuorvianti e accostamenti che ledono l’onorabilità del nome mio e di Casapound e, di questo comportamento, saranno chiamati a rispondere in tribunale».

«Assumere i calabresi»

Ma le infiltrazioni nel tessuto sociale perugino hanno riguardato anche l’assunzione di calabresi. In una conversazione avvenuta con un imprenditore di Perugia, Ribecco evidenzia come qualsiasi attività illecita sul territorio umbro deve essere prima autorizzata dalla cosca in Calabria: «Se tu qua vuoi fare qualcosa, di queste, ne devi parlare giù prima. Dopo ti permetti di muovere qua sennò non puoi fare niente. Io a questi li faccio pisciare addosso, Totò, basta una parola e si pisciano addosso».

I nomi degli arrestati

Sono 27 le persone raggiunte da un provvedimento cautelare nell’ambito delle operazioni ‘Infection’ e ‘Core Business’, condotte dalla Polizia di Stato contro gli affari della ‘ ndrangheta in Umbria. Complessivamente 51 i nomi finiti sul registro degli indagati. La custodia cautelare in carcere e’ stata disposta dal giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, Paola Ciriaco, nei confronti di: Giuseppe Benincasa, 66 anni, nato a Cerenzia (Kr) e residente a Perugia; Calli Illirjan 42, albanese domiciliato a Umbertide (Pg); Arapi Scherif, 29, albanese residente a Bastia Umbra; Mario Cicerone, 62, residente a Rieti; Fabrizio Conti, 45, residente a Perugia; Mario De Bonis, 60, residente a Roma; Antonio De Franco, 53, nato a Ciro’ Marina (Kr) e residente ad Assisi; Mario Falcone, 65, di San Leonardo di Cutro; Luigi Giappichini, 47, residente a Perugia; Giuseppe Mannolo, 26, residente a Cutro; Pasquale Nicola Profiti, 55, nato a Vibo Valentia e domiciliato a Monza; Antonio Ribecco, 58, nato a Cutro e residente a Perugia; Francesco Ribecco, 53, nato a Cutro e residente a Suzzana (Mn); Natale Ribecco, 30, nato a Catanzaro e residente a Perugia; Francesco Procopio, 51, residente a Fieri di Belcastro; Giovanni Rizzuti, 45, di Petrona’ ; Emiliano Regni, 31, di Perugia; Pietro Scerbo, 62, di San Leonardo di Cutro; Francesco Valentini, 44, residente a Cannara (Pg); Leonardo Zoffreo, 49, di Cutro. Agli arresti domiciliari: Antonio Costantino, 37, di Isola Capo Rizzuto; Giuseppe Costantino, 42, di Isola Capo Rizzuto, ed Emanuele Regni, 40, di Perugia. Il Gip della Procura di Reggio Calabria ha, invece, disposto il carcere nei confronti di Cosimo Commisso, ; Francesco Commisso; Antonio Roda’ ; Giuseppe Minnici. Le indagini sono state seguite dalle Procure distrettuali di Catanzaro e Reggio Calabria con i sostituti Antonio De Barnardo, Paolo Sirleo e Domenico Guarascio per Catanzaro, e Simona Ferraiuolo e Giovanni Calamita per Reggio Calabria.

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