Parenti e ladri spietati: sgominata la banda dei furti in casa. Chi sono gli arrestati

Indagine della polizia di Assisi che ha portato alla luce i protagonisti – uomini e donne – di numerosi colpi avvenuti fra Umbria e Toscana

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Sono nove gli arresti eseguiti all’alba di martedì dalla polizia di Stato – quattro persone in carcere e cinque ai domiciliari – su ordine del gip di Perugia, nel contesto di un’indagine che ha consentito di sgominare un’associazione per delinquere dedita ai furti in abitazione nella zona di Assisi ed anche nelle province di Arezzo e Siena. Un’ottava persona è stata colpita dalla misura dell’obbligo di firma e in totale gli indagati sono sedici. L’indagine è stata condotta dal personale del commissariato di pubblica sicurezza di Assisi, con il coordinamento della procura perugina. In campo, all’atto degli arresti, anche la squadra Mobile di Perugia e gli agenti del Reparto prevenzione crimine Umbria-Marche.

IL VIDEO DELL’OPERAZIONE

Chi sono gli arrestati

In carcere ci sono finite quattro persone tutte accomunate dal cognome Hudorovich: il 60enne Massimiliano, due ‘Paolo’ di 36 e 56 anni e Tony di 43 anni. La misura dei domiciliari è invece scattata per la 35enne Katia Braidic, la 40enne Daniela Hudorovich, il 27enne Giuseppe Hudorovich, la 34enne Scilla Kalderas e la 30enne Anna Valentina Magrini.

Parenti e affini

Attraverso un lavoro accurato gli inquirenti sono riusciti a ricostruire la struttura del sodalizio criminale, ben organizzato nei compiti, dotato di basi logistiche e composto per la maggior parte da persone – uomini e donne – legate da vincoli di parentela o affini, tutte residenti nelle zone di Assisi e Cannara. Si tratta di soggetti in tutti i casi già noti alle forze dell’ordine per numerosi reati contro il patrimonio.

Il ‘consorzio familiare’

«Un vero e proprio consorzio familiare – lo definisce la polizia di Stato – che ha saputo dotarsi di un programma criminoso sempre più affinato, destinato a proiettarsi nel tempo, a rimodularsi secondo le necessità. Attivo già da anni sul territorio, ha seminato terrore e insicurezza tra gli abitanti delle zone del circondario, specie quelle più isolate». Le indagini si sono avvalse di strumenti tecnici ed anche, e soprattutto, di metodologie più tradizionali come servizi di osservazione, appostamenti, pedinamenti e acquisizione di informazioni dettagliate.

Il ruolo delle donne nella banda

«In poco più di un anno – riferisce la questura di Perugia – i poliziotti sono riusciti ad arrestare in flagranza di reato alcuni dei componenti della banda subito dopo aver commesso il fatto, altre volte sono riusciti a recuperare la refurtiva e restituirla ai legittimi proprietari derubati anche dei loro ricordi più cari. Senza scrupoli, scaltre e astute anche le sei donne del gruppo, la più piccola di 22 anni la più grande di 40. Di certo un ruolo non secondario. Alcune di loro erano dedite al compimento materiale dei furti ma erano specializzate negli scippi e nei furti in abitazione che perpetravano aggirando le povere padrone di casa, scelte appositamente sole e anziane, spacciandosi per venditrici di articoli vari o bisognose dei servizi igienici. Altre donne – prosegue la polizia – avevano compiti logistici: c’è chi si prestava a farsi intestare le autovetture che sarebbero state utilizzate per commettere i furti, chi trasportava la refurtiva fuori regione per essere piazzata e chi invece aveva il compito di custodire gli oggetti di valore dopo essere stati rubati e portati agli uomini della banda».

Disposti a tutto pur di scappare

«Efferati e senza scrupoli gli uomini della banda, di notevole profilo criminale. Lo dimostra il fatto – osserva la polizia di Stato – che alcuni di loro riuscivano a compiere reati anche se sottoposti a regime di restrizione delle libertà personale. Il loro piano era ben strutturato e non ha conosciuto battute d’arresto, se non durante il periodo del lockdown. Spietati e pericolosi, a bordo di autovetture appositamente scelte di grossa cilindrata affrontavano ed eventualmente reggevano inseguimenti e tentativi di blocco da parte delle forze dell’ordine. Ed è stata proprio in una di queste circostanze, al termine di un inseguimento molto pericoloso, che una Volante era stata danneggiata perché i ladri in fuga, dopo aver commesso un furto, non si erano fermati forzando il blocco: disposti a tutto pur di scappare. In quell’occasione era stato arrestato l’unico soggetto rimasto all’interno del veicolo, il conducente ferito».

Un’organizzazione di alto profilo

«Le autovetture, una volta scoperte, venivano cambiate velocemente e venivano utilizzate anche targhe false. Lunghi e articolati erano i sopralluoghi che effettuavano nella scelta delle abitazioni da depredare: tutte sufficientemente isolate, raggiungibili attraverso strade sterrate con scarsi sistemi di sorveglianza e controllo delle abitudini dei proprietari. Nel corso dei colpi – è il modus operandi individuato dagli inquirenti – i telefoni venivano tenuti appositamente spenti per non dare indizi della loro presenza sul luogo dei furti a riprova della profonda conoscenza delle tecniche di investigazione. Il profilo altamente professionale dell’organizzazione criminale è dimostrato anche dall’individuazione di due vere e proprie basi logistiche, nella periferia di Assisi, dove i componenti della banda si riunivano prima di partire, prendendo le autovetture designate, distribuendosi gli ‘arnesi’ del lavoro, come aste, bastoni, piedi di porco, guanti e altri indumenti per camuffarsi. Oltre a partecipare attivamente alla commissione dei furti, c’era chi, stando agli arresti domiciliari, forniva la propria abitazione come base logistica agli esecutori materiali e vigilava sulle operazioni; chi faceva da staffetta all’auto su cui viaggiavano i complici dopo aver perpetrato i furti; chi aveva il compito invece di custodire le autovetture utilizzate per la commissione dei furti, caricarvi e scaricarvi gli attrezzi da scasso, lavarle e nel caso, grazie ad un’officina nella zona industriale di Bastia Umbra, cambiarne anche colore; chi infine faceva da vedetta nella fase di rientro dei veicoli in zona».

Quasi tutti con il reddito di cittadinanza

Nella sua ordinanza il gip di Perugia lo definisce «un gruppo familiare coeso e dedito alla commissione di delitti contro il patrimonio al fine di procurarsi sostentamento». Dulcis in fundo: gli accertamenti di procura e Finanza hanno fatto emergere che 12 dei 16 indagati percepivano il reddito di cittadinanza.

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