Scuole in Dad fino a lunedì. Umbria, ipotesi ulteriore slittamento

Dopo giorni di confusione, arriva lo slittamento deciso da Roma. In giunta regionale si discute su ordinanza per stile Veneto dopo le fughe in avanti di Coletto e Fioroni. Ma anche nell’opinione pubblica ci sono pulsioni diverse

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di Pietro Cuccaro

Non ci sarà un piano nazionale di riapertura delle scuole, come pure il governo aveva ampiamente annunciato prima di Natale. E non si rientrerà il 7; forse giorno 11. Decisione arrivata nella notte su spinta delle tante regioni che chiedevano una riflessione. Troppo alti e soprattutto troppo oscillanti i dati sui contagi registrati nell’ultimo mese e mezzo. Il calo prospettato non c’è stato. Confusione a livello nazionale, confusione anche a livello locale, dove istituzioni, presidi, studenti e genitori sembrano parlare lingue diverse e anche nelle stesse categorie ci sono pulsioni differenti, quanto non diametralmente opposte. Emblematica, in tal senso, la situazione della giunta regionale, dove, alle uscite pubbliche di alcuni (gli assessori Coletto e Fioroni auspicano uno slittamento delle riaperture) non sono corrisposte prese di posizioni pubbliche dei colleghi, né a supporto né a smentita, pur in un costante dibattito interno. E nemmeno la presidente Tesei ha parlato pubblicamente finora, seppur stimolata in tal senso, salvo una generica adesione alla presa di posizione della Lega.

AGGIORNAMENTO: LA DECISIONE SULLE SCUOLE SLITTA A LUNEDI 11

LA RICOSTRUZIONE DELLA GIORNATA 

Le chiacchiere ‘da bar’

Certo che le uscite pubbliche di Luca Coletto e Michele Fioroni hanno fatto scalpore. Ma in seno alla maggioranza regionale l’indicazione è stata quella di non replicare né integrare. E a chi provava a compulsare i cellulari degli assessori veniva risposto che se ne stava discutendo – vero – che si attendono le decisioni del governo – senza dubbio – ma che a livello locale le decisioni si prendono sul tavolo del Prefetto; anzi, in realtà, a livello locale sono state già prese, dopo infinite riunioni, più volte aggiornate. Quindi, il concetto è questo: se qualcuno ritiene che siano cambiate le condizioni per la riapertura delle scuole superiori in Umbria, è su quel tavolo che deve portare elementi nuovi, non sui giornali, tantomeno attraverso quelle che qualcuno, nei corridoi di Palazzo Donini, definisce «chiacchiere da bar» o «post da campagna elettorale» che creano solo confusione. Così come, al tempo stesso, se il prefetto ritiene che siano cambiate le condizioni può riconvocare il tavolo istituzionale e proporre un aggiornamento delle linee guida. Ma subito però, visto che alla potenziale riapertura dei cancelli mancano poco più di 48 ore.

Il documento congiunto dei governatori leghisti

Dal canto suo, la presidente Donatella Tesei ha fatto trapelare la sua posizione politica solo attraverso una nota firmata insieme ai colleghi governatori in quota Lega – Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia), Attilio Fontana (Lombardia), Maurizio Fugatti (Trentino), Christian Solinas (Sardegna), Nino Spirli (Calabria) e Luca Zaia (Veneto) – che, dopo aver incontrato Matteo Salvini, hanno chiesto al governo scelte tempestive sul fronte scuola: «Noi abbiamo fatto tutto ciò che era necessario in tema di sicurezza per i trasporti in accordo con i prefetti ma restano molte criticità sul contenimento della pandemia. Servono scelte tempestive affinché si possa dare certezze alle milioni di persone coinvolte. Siamo preoccupati per il silenzio del governo sulle criticità sul tema della riapertura delle scuole. È necessario garantire subito quanto promesso dal governo alle Regioni: personale sanitario per effettuare le vaccinazioni».

SPECIALE COVID – UMBRIAON

Regioni in ordine sparso

Intanto arrivano le prime notizie sulle decisioni di alcune regioni di non riaprire. Veneto, Friuli Venezia Giulia e Marche non riapriranno prima di fine gennaio, con superiori in Dad fino al 31. In Campania, addirittura, fra una settimana rientreranno in aula solo i bimbi della scuola dell’infanzia, prima e seconda elementare. A partire dal 18 gennaio sarà poi valutata la situazione. La Toscana, viceversa, riapre al 50% le superiori fin dal 7 gennaio. E l’Umbria?

Il 7 gennaio cancelli quasi certamente chiusi in Umbria

Per il momento il dibattito interno alla giunta continua e l’indicazione è quella di aspettare il consiglio dei ministri perlomeno fino a martedì mattina. Nel corso della giornata, dopo le uscite di Coletto e Fioroni, i confronti sono stati serrati, seppur a distanza (l’assessore alla sanità è ancora in convalescenza). Ci sarebbero discordanze sul metodo non sul merito. Tutti sono sostanzialmente d’accordo che l’idea di riaprire subito non trovi sostegno nei dati. E smaltita la rabbia per alcune fughe in avanti più mediatiche che pratiche, alla fine si è trovata una linea comune: se il governo fa slittare la riapertura ci si accoda. Viceversa, è già stata valutata l’idea di una ordinanza ad hoc che – evidentemente – seguirebbe il solco di Veneto, Friuli e Marche: scuole superiori in Dad al 100% almeno per un altro paio di settimane. Poi si vedrà. Con buona pace del governo e delle intese sul tavolo del Prefetto. L’obiettivo è evitare la terza ondata.

Solo le superiori? Delle altre non si parla

Ovviamente si parla solo di scuole superiori. In Umbria come nella stragrande maggioranza del resto d’Italia, gli altri gradi di istruzione non vengono presi in considerazione. Il motivo è semplice. Tendenzialmente, fino alla terza media a scuola ci si va accompagnati dai genitori, si usano poco i mezzi pubblici e soprattutto non si tende a creare assembramenti all’esterno degli istituti come invece accade per quelli superiori. Vero, però, al tempo stesso, che è molto più semplice far capire a un quasi maggiorenne che deve indossare correttamente la mascherina e mantenere il distanziamento sociale. Mentre invece è pressoché impossibile riuscirci con bambini che hanno meno di dieci anni. Anzi. Proprio in queste ore emerge che il Tar ha chiesto al governo una relazione per chiarire attraverso quali evidenze scientifiche si sia imposta la mascherina, nella prima fase, ai bimbi fra i 6 e gli 11 anni.

POST ‘BEFANA’ GIALLO, WEEKEND ARANCIONE

Melasecche e il nodo trasporti: «Noi siamo pronti»

Quando si parla di scuola, ormai, non si parla solo di istruzione, ma anche di salute e di trasporti. E quindi l’assessore Enrico Melasecche si sente chiamato in causa e, a scanso di equivoci, ci tiene a sottolineare come stavolta il problema non sia nei (potenziali) assembramenti in bus treni, attorno ai quali spesso si è dibattuto in autunno. Era metà ottobre quando, proprio rispondendo a una domanda di umbriaon.it in conferenza stampa parlò del coinvolgimento di altri bus nel piano trasporti scolastici regionali e ora sottolinea: «Non siamo pronti, ma prontissimi, ci mancherebbe altro. Le decisioni c’è chi ha il diritto-dovere di prenderle, ma se il 7 si torna a scuola, noi riusciremo a garantire il 50% di capienza».

Riaperture: le riflessioni dei giorni scorsi

È proprio il caso di riaprire le scuole?

I vari pareri

Ascani: «Roma non è Città di Castello»

Alla trasmissione Agorà ha parlato l’umbra Anna Ascani, viceministra dell’Istruzione: «La scuola è una priorità per i più piccoli ma anche per quella fascia dei ragazzi delle scuole superiori che si aspettano una risposta: abbiamo lavorato senza sosta in questi giorni per avere modelli differenziati a livello territoriali, perché L’Italia non è tutta uguale e tornare a scuola in una grande città come Roma non è come farlo nella mia Città di Castello e quindi servono modelli diversi. Se l’evoluzione della pandemia ci porterà da un’altra parte naturalmente riapriremo la discussione. Quello che non capisco però è che da un lato si chiede di riaprire gli impianti sportivi e sciistici e dall’altro si chiede di rallentare sulla scuola. Se decidiamo che bisogna dare una stretta, perché la pandemia non ci consente di fare un passo avanti, bisogna farlo in modo coerente».

Ministro Azzolina ‘avvisa’ i governatori

«Le Regioni riflettano bene sulle conseguenze per studenti e famiglie – ha commentato all’Ansa la ministra Lucia Azzolina rispetto all’annuncio di alcune Regioni di voler posticipare il rientro in classe, nonostante l’intesa firmata pochi giorni fa – il governo ha mantenuto gli impegni, i tavoli guidati dai prefetti hanno prodotto piani operativi in tutte le province, lavorando sul potenziamento dei trasporti e sullo scaglionamento degli orari di scuole e altre attività. Ognuno faccia la propria parte».

L’associazione dei presidi: dubbi su riaperture e scaglionamenti

Favorevole a uno slittamento sarebbe anche Rita Coccia, che oltre ad essere dirigente dell’Itis Volta è anche illustre rappresentante dell’associazione presidi, sia a livello nazionale che locale: «Non vorremmo – dice a Umbria Tv – che il rientro comportasse una situazione di ‘Stop&Go’ per la quarantena e il contagio; quindi sarebbe opportuno avere un piano più strutturato per la prevenzione del contagio». Perplessità anche sull’idea di ingressi scaglionati, che in effetti erano emerse anche nelle discussioni in prefettura: «Per l’Umbria non è facile la gestione di un orario sfalsato – dice ancora la Coccia – perché un conto è organizzare il servizio su Perugia, altro conto è farlo, ad esempio, a Cascia, dove c’è una sola sezione. C’è poi il discorso sui tempi di rientro a casa: i ragazzi che escono alle 15, specialmente i pendolari, arriverebbero a casa troppo tardi per poi studiare. Un conto è avere un orario standard, altro conto è cambiare ogni settimana». Insomma, nel dubbio, meglio la Dad.

Il Cts: «Non ha senso aprirle per poi richiuderle»

Usa quasi le stesse parole della Coccia il segretario del comitato tecnico scientifico Fabio Ciciliano: «La cosa più importante non è tanto riaprire le scuole ma cercare di tenerle aperte. Rischiare di riaprire le scuole e doverle poi richiudere tra una decina di giorni o tra due settimane. È una cosa – ha detto in un’intervista InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei – che il Paese non si può permettere, perché sarebbe la testimonianza provata del fatto che i numeri stanno nuovamente aumentando».

L’associazione dei genitori

Forags Umbria (Forum Regionale delle Associazioni dei Genitori nella scuola), dopo aver letto i documenti operativi emanati dai Prefetti di Perugia e di Terni sul rientro a scuola, esprime in una nota dissenso per la scelta di riaprire in presenza al 75% utilizzando lo scaglionamento degli orari di entrata ed uscita, a partire dal 16 gennaio. «Riteniamo infatti che questo percorso non sia praticabile né per gli studenti, né per le famiglie perché con lo scaglionamento di due ore sarebbe necessario rivedere ancora una volta tutta l’organizzazione del dopo scuola, ma anche quella familiare, oltre che quella legata alla modalità di fruizione del pranzo a scuola e della didattica in ogni sua fase. Per le famiglie, è una priorità irrinunciabile che i ragazzi possano tornare a scuola in presenza ma senza aggiungere ulteriori disagi logistici ed anche psicologici che, purtroppo, deriverebbero dalla scelta degli ingressi scaglionati. Per questo, riteniamo come unica strada percorribile in questa situazione, quella dello svolgimento della didattica in presenza al 50% della popolazione senza cambi di orario, almeno per il momento. Contestualmente auspichiamo che tramite l’attuazione dei Patti educativi territoriali e attraverso un lavoro di riorganizzazione dei trasporti, si possa giungere ad una percentuale di rientro a scuola in presenza ancora più alta, sempre senza scaglionamenti e in grado a quel punto di prevenire concretamente una nuova impennata della curva dei contagi. Torniamo infine a chiedere che il Forags dell’Umbria – organo che rappresenta migliaia di famiglie umbre, riconosciuto con DPR già dal 2005 come interlocutore al Ministero dell’Istruzione – possa partecipare ai tavoli regionali per la riapertura , che devono essere convocati più frequentemente, ma anche al tavolo della Prefettura stesso, perché in un momento storico in cui sono le famiglie, insieme alle scuole, a portare il peso delle scelte politiche, il loro coinvolgimento, nelle sedi in cui queste scelte vengono operate, è irrinunciabile e questo ancora una volta, non è avvenuto».

De Luca (M5S): «Scuole chiuse per nascondere l’impreparazione della giunta regionale»

«La presidente Tesei risponda alla nostra interrogazione sulle scuole. Una questione che va affrontata con dati scientifici e non con chiacchiere da bar». Così il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Thomas De Luca, a proposito della richiesta avanzata tramite interrogazione dei dati relativi al numero degli studenti e del personale scolastico sottoposti a tampone e quanti sono risultati positivi suddivisi per tipologia di scuola e istituto. «Fare propaganda – prosegue De Luca – è la strada più facile da prendere per nascondere di essere impreparati di fronte all’emergenza. Ed è questa la posizione dell’assessore alla Sanità, Luca Coletto. I nostri ragazzi devono vedersi garantito il diritto all’istruzione in massima sicurezza, così come insegnanti e lavoratori della scuola il loro diritto alla salute. Invece i governatori leghisti sono chiamati ancora una volta a prendere la posizione opposta a quella del governo nazionale. La riapertura delle scuole è un tema che indubbiamente divide il Paese e che per questo andrebbe affrontato in modo oggettivo e non pregiudiziale. La governatrice Tesei, anche questa volta, ha preferito obbedire agli ordini di scuderia piuttosto che pensare al bene degli umbri evitando polemiche inutili. Quali sono state le sue controproposte? Portare gli studenti umbri nelle Marche, così come voleva fare con i malati Covid? Polemiche che avrebbero avuto senso qualora il lavoro del centrodestra umbro si fosse contraddistinto per qualità e risultati che purtroppo non ci sono stati. La scuola è diventata terreno di battaglia di uno scontro in cui la politica sta dando il peggio di sé, favorendo un dibattito basato su fake news (banchi a rotelle e plexiglas) piuttosto che su dati ed evidenze scientifiche, come richiesto da associazioni e forze sindacali. Le uniche a mettere sul tavolo proposte alternative, al contrario di Lega e Fratelli d’Italia che non hanno fatto altro che impedire che questa questione venisse affrontata in modo unitario così come avrebbe meritato».

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