Sisma: «Ricostruire come prima? Difficile»

A dirlo è l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo, che pensa a trasformare alcune chiese in luoghi dove esporre opere d’arte

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«Ricostruire tutto come prima, ammesso che sia possibile, vorrebbe dire fare dei falsi, cancellare qualsiasi traccia di questo terremoto. Dunque rispetto alla storia è una grande responsabilità». A parlare così è l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo, che in un’intervista pubblicata da La Voce, il settimanale delle diocesi umbre, dice di ritenere «necessaria una riflessione congiunta di tutti gli enti e le istituzioni coinvolte, per delineare i criteri da porre alla base della ricostruzione».

Monsignor Renato Boccardo

L’incertezza Secondo monsignor Boccardo, però, «non conta soltanto la ricostruzione materiale. Conta soprattutto la ricostruzione del tessuto umano, del tessuto sociale della vita comune. Direi che c’è un miscuglio di fiducia e speranza fondata sulla ricca umanità di questa gente, e dall’altra parte qualche dubbio e incertezza dovute alla situazione contingente, cioè alle difficoltà che si devono affrontare giorno per giorno e ad un futuro che non si vede ancora ben delineato, ben definito. La gente ha bisogno di sapere come si fa per ricostruire, chi ci da una mano e, concretamente, fino a che punto interviene il governo centrale o regionale e fino a che punto devo mettere io i miei soldi. Questo ancora non è chiaro e dopo cinque mesi questo aumenta l’incertezza».

La ricostruzione… Sul come ricostruire, l’arcivescovo ha le idee chiare: «Io credo sia necessaria una riflessione congiunta di tutti gli enti e le istituzioni coinvolte (penso alla diocesi che è proprietaria e custode di tutti questi beni, penso ai comuni, al Ministero competente e alla Soprintendenza), per delineare i criteri da porre alla base della ricostruzione. Per esempio: cosa vale la pena ricostruire? Bisogna ricostruire tutto? Che cosa, e come deve essere ricostruito? Ricostruire tutto come prima, ammesso che sia possibile – e avrei qualche dubbio – vorrebbe dire cancellare le tracce delle ferite di questo terremoto, ma questo come gli altri terremoti è un evento storico che lascia il segno nella vita delle persone innanzitutto. Queste chiese, che sono testimonianze dell’arte e della storia, sono anzitutto testimonianze della fede. Non possiamo trattare questi edifici unicamente come monumenti».

…e la costruzione Tanto che quando gli è stato chiesto se vedrebbe una chiesa moderna in quelle zone, monsignor Boccardo non ha avuto esitazioni: «Una chiesa moderna da capo a piedi, perché no. Così come nei secoli c’è stata l’espressione dell’arte e della sensibilità di quel tempo, perché no oggi fare qualcosa di nuovo. Nello stesso tempo dico che abbiamo tante chiese e non abbiamo più i cristiani da metterci dentro. E allora perché non pensare che alcuni di questi luoghi diventino, non mi piace dire dei musei, ma quasi dei luoghi della memoria, cioè ricostruendo alcune di queste chiese farle diventare luoghi che raccontano la storia di quelle vallate, e dunque renderli così fruibili. Penso, per esempio, a San Salvatore a Campi come luogo dove le opere venute dalle chiese della zona possano essere rese fruibili dagli abitanti e anche dai turisti».

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