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Home » Sostenibilità strategica: dalla stabilità all’innovazione. Guardando al futuro

Sostenibilità strategica: dalla stabilità all’innovazione. Guardando al futuro

di Fabio Toni
17 Giugno 2025
in Economia
Tempo di lettura: 5 minuti di lettura
Valerio Zafferani

Valerio Zafferani

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di Valerio Zafferani*

Giunti alla conclusione di questo percorso iniziato un anno fa, è tempo di volgere lo sguardo oltre l’orizzonte tracciato nei precedenti tredici articoli. Abbiamo attraversato insieme un territorio complesso, dalla polisemia del termine sostenibilità fino agli aspetti più operativi della comunicazione esterna, costruendo mattone dopo mattone una visione strategica che mette al centro il profitto come motore di un cambiamento autentico e duraturo. Ma sarebbe miope fermarsi qui. Il mondo che ci circonda evolve con una velocità che spesso supera la nostra capacità di comprensione, e la sostenibilità strategica deve necessariamente confrontarsi con le sfide emergenti che ridefiniscono continuamente il panorama competitivo.

Gli ultimi anni ci hanno insegnato una lezione fondamentale: l’incertezza è diventata l’unica certezza. Pandemie, conflitti geopolitici, crisi energetiche, instabilità delle supply chain. In questo scenario turbolento, la sostenibilità strategica rivela una dimensione che spesso viene sottovalutata: la sua capacità di rendere le aziende più stabili e adattabili. Non parliamo di una stabilità statica, quella che si limita a mantenere lo status quo, ma di una stabilità dinamica che trasforma le crisi in opportunità di innovazione e crescita. Un’azienda che ha integrato davvero i criteri ESG nel proprio modello di business sviluppa automaticamente quella diversificazione strategica che la protegge dai shock esterni. Pensiamo a un’impresa che abbia investito nella formazione continua dei propri dipendenti secondo i principi del Social degli ESG. Quando arriva una crisi che richiede competenze nuove o un rapido adattamento organizzativo, quella popolazione aziendale sarà naturalmente più flessibile e pronta al cambiamento. Allo stesso modo, un’azienda che ha sviluppato relazioni profonde con i propri stakeholder, seguendo quel principio di coinvolgimento di cui abbiamo parlato diffusamente, dispone di una rete di supporto che diventa cruciale nei momenti difficili. Fornitori che collaborano per trovare soluzioni alternative, clienti che restano fedeli anche in presenza di temporanee difficoltà, istituzioni che riconoscono l’impegno dell’azienda verso la comunità. La diversificazione energetica, l’ottimizzazione delle risorse, la riduzione degli sprechi: tutte pratiche che nascono dalla E di Environmental ma che si traducono in vantaggi competitivi concreti quando i costi energetici salgono o quando le materie prime diventano scarse. Non stiamo parlando di idealismo ma di pragmatismo applicato al lungo termine.

Se la stabilità rappresenta la dimensione difensiva della sostenibilità strategica, l’innovazione tecnologica ne costituisce la proiezione verso il futuro. E in questo senso, l’intelligenza artificiale sta ridefinendo completamente i parametri del gioco. L’AI non è più fantascienza da film di Hollywood ma realtà quotidiana che entra nei processi aziendali con una forza dirompente. E qui emerge una questione interessante: come si integra l’intelligenza artificiale con i processi di sostenibilità strategica che abbiamo descritto? Partiamo dalla matrice di materialità, cuore pulsante del processo che abbiamo analizzato in dettaglio. L’AI può rivoluzionare completamente il modo in cui raccogliamo e analizziamo i feedback degli stakeholder. Invece di questionari statici e interviste limitate nel tempo, possiamo immaginare sistemi di ascolto continuo che analizzano sentiment, comportamenti, preferenze espresse e non espresse, creando mappe di materialità dinamiche che si aggiornano in tempo reale. Ma la vera rivoluzione riguarda i KPI. L’AI può non solo identificare correlazioni nascoste tra diverse metriche, ma anche predire l’impatto di specifiche azioni prima ancora che vengano implementate. Immaginatevi un sistema che vi dice: ‘Se investite X euro in formazione del personale secondo questi criteri, avrete un miglioramento del Y% nel vostro punteggio Social ESG entro Z mesi, con una ricaduta positiva sui rapporti bancari del W%’. Questo non significa sostituire l’intuito imprenditoriale o la creatività umana, ma amplificarli con strumenti di analisi prima impensabili. L’AI può gestire la complessità dei calcoli mentre l’imprenditore si concentra sulla visione strategica e sul purpose aziendale. C’è però una dimensione etica che non possiamo ignorare. L’implementazione dell’AI nei processi di sostenibilità deve essa stessa essere sostenibile. Il consumo energetico dei data center, la trasparenza degli algoritmi, l’impatto sui livelli occupazionali: tutti temi che richiedono un approccio responsabile. In altre parole, anche l’innovazione tecnologica deve passare attraverso il filtro dei criteri ESG che abbiamo imparato a conoscere.

Guardando al futuro, emerge con chiarezza che il concetto stesso di sostenibilità si sta evolvendo. Non si tratta più solo di ‘non fare danni’ o di compensare gli impatti negativi, ma di creare sistemi che rigenerano valore per l’ecosistema in cui operano. Questo approccio rigenerativo rappresenta l’evoluzione naturale del percorso che abbiamo tracciato. L’economia circolare, l’innovazione biomimetica, i modelli di business a impatto positivo: sono tutte manifestazioni di questo approccio rigenerativo che non si limita a ridurre l’impronta negativa ma ambisce a creare un’impronta positiva misurabile e significativa.

Ripensando al viaggio intrapreso con il primo articolo, dove paragonavamo la società contemporanea a un patchwork complesso e parlavamo dell’errore di Cristoforo Colombo, emerge una consapevolezza: la sostenibilità strategica non è una destinazione ma un metodo di navigazione. Come Colombo scoprì l’America cercando le Indie, spesso le aziende che intraprendono seriamente un percorso di sostenibilità strategica scoprono opportunità di business che non avevano nemmeno immaginato. La differenza è che oggi, a differenza del 1492, abbiamo mappe più precise e strumenti di navigazione più sofisticati. La normativa europea continuerà a evolversi, le aspettative delle nuove generazioni diventeranno sempre più stringenti, la tecnologia aprirà possibilità inedite. Ma il framework che abbiamo costruito insieme – assessment, matrice di materialità, principi ESG, comunicazione autentica – rimane solido perché basato su una verità semplice: le aziende che creano valore per l’ecosistema che le circonda sono destinate a prosperare nel lungo termine. Non è idealismo. È la logica conseguenza di un mondo sempre più interconnesso, dove la reputazione viaggia alla velocità della luce e dove i clienti, i dipendenti, gli investitori hanno strumenti sempre più efficaci per premiare chi opera con autenticità e penalizzare chi sceglie la via del greenwashing. Il percorso è tracciato, gli strumenti sono disponibili. Ora tocca a ciascun imprenditore decidere se essere protagonista attivo di questo cambiamento o subirlo passivamente.

Come diceva John Fitzgerald Kennedy in quella frase che ci ha accompagnato fin dal primo articolo: ‘Ciò che realmente ci accomuna è che abitiamo tutti su questo pianeta, respiriamo la stessa aria, abbiamo a cuore il futuro dei nostri figli e siamo tutti mortali’. La sostenibilità strategica è, in fondo, il modo più concreto per prendersi cura di questo futuro comune, un investimento alla volta.


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* ESG innovation manager per l’Umbria, consulente e formatore per la sostenibilità strategica, con esperienza nel settore del marketing e della comunicazione. Dopo aver operato come imprenditore nel settore dei prodotti naturali per 15 anni, ha canalizzato la sua attenzione per la sostenibilità focalizzandosi sulle politiche ESG. Nel 2021 ha debuttato come autore con il suo primo libro, ‘Quanto Basta’ (Intermedia Edizioni), che esplora la relazione con la clientela. Attualmente sta lavorando al suo secondo libro. Ha conseguito la laurea in scienze dell’amministrazione presso l’università di Siena e ha arricchito la sua formazione con tre master presso la 24 Ore Business School: gestione e strategia d’impresa, marketing e comunicazione, HR e sostenibilità. È anche l’anchorman del programma YouTube ‘Un’ora con…’, dove conduce interviste con professionisti ed imprenditori per promuovere la cultura aziendale e sociale.

Valerio Zafferani
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