Terni, ‘culla per la vita’ di via Malnati in dirittura d’arrivo

La Petra ha finito l’intervento da oltre 25 mila euro per le opere murarie, ora tocca al Movimento per la vita onlus per impiantistica e tecnologia

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di S.F.

Il tema è più che scottante e quando se ne parla, giustamente, l’attenzione è sempre alta. Se poi di mezzo c’è anche la campagna elettorale il focus è ancora maggiore. Si parla di gravidanza ed aborto: in tal senso a Terni – ci sono state e continueranno ad esserci inevitabili polemiche sul tema – è in dirittura d’arrivo una novità, la ‘culla per la vita’ proposta da Movimento per la vita onlus già da tre anni e che ha visto l’adesione dell’azienda ospedaliera ‘Santa Maria’ il 15 maggio del 2019. È la terza in Umbria dopo quelle di Perugia e Città di Castello.

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Ulteriori lavori in arrivo

Le opere murarie/civili sono state completate dalla Petra srl nei tempi contrattuali, tutto il resto – si parla degli investimenti tecnologici ed impiantistici – è invece a carico del Movimento per la vita onlus: da quanto si apprende l’avvio della parte conclusiva dell’opera è prevista a stretto giro, al massimo entro il mese di ottobre, a cura di una ditta specializzata piemontese del settore che già in altre zone d’Italia si è occupata di questa tipologia di lavoro. La ‘culla per la vita’ si trova in via Malnati a pochi passi dall’ex Milizia e dalle missionarie Identes: «Una versione moderna – viene spiegato nel portale ufficiale dedicato a questa struttura – e tecnologicamente avanzata della medievale ruota degli esposti; è concepita appositamente per permettere di lasciare, totalmente protetti, i neonati da parte delle mamme in difficoltà nel pieno rispetto della sicurezza del bambino e della privacy di chi lo deposita. È in luogo facilmente raggiungibile, garantisce l’anonimato della mamma che vuole lasciare il bambino ed è dotata di una serie di dispositivi (riscaldamento, chiusura in sicurezza della botola, presidio di controllo h 24 e rete con il servizio di soccorso medico) che permettono un facile utilizzo e un pronto intervento per la salvaguardia del bambino». Da ricordare che 20 mila euro li ha messi sul tavolo la fondazione Carit.

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La vista interna

La polemica in Umbria

Come detto è un argomento che proprio in queste ore è al centro del dibattito, anche a livello nazionale. Motivo? La denuncia di Elisabetta Piccolotti di Sinistra Italiana nei confronti di un nosocomio umbro: «Abbiamo delle segnalazioni che in Umbria stia già accadendo quanto accade nell’Ungheria di Orbán. E cioè che le donne che chiedono l’interruzione di gravidanza siano costrette ad ascoltare il battito del feto, una forte forma di pressione psicologica tesa a ingenerare sensi di colpa. Sono dovute tornare più volte in ospedale perché il battito non si sentiva», le sue parole a Montecitorio con richiesta di invio di ispettori per verificare il tutto. Poche ore ed è arrivata la nota formale dell’assessorato regionale alla salute per smentire tale ricostruzione: «In nessuna azienda sanitaria o ospedaliera della regione risulta che le donne che chiedono l’interruzione di gravidanza siano costrette ad ascoltare il battito del feto, così com’è stato dichiarato stamani nel corso di una conferenza stampa». Se ne parlerà ancora.

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