Terni, da precaria a disoccupata: «Covid usato come pretesto»

La storia di una commessa 52enne: «Aspetto ancora gli arretrari, ma mi hanno detto che non mi daranno nulla»

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di F.L.

Il contratto di lavoro a tempo, dalla durata di quattro mesi, è scaduto il 12 marzo, esattamente il giorno dell’inizio del lockdown. Alla riapertura delle attività, però, la doccia fredda: nessun rinnovo, né tantomeno il pagamento di quanto le spetterebbe di arretrati. A raccontare la vicenda, dopo essersi ritrovata disoccupata, è un’ormai ex commessa 52enne di Terni. Che ora denuncia: «Ci sono imprenditori, già in crisi prima della pandemia, che si approfittano dell’emergenza».

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Speranze e amarezza

«A fine 2019 – spiega la donna, che per ovvi motivi rimane anonima – ho firmato il contratto da aiuto commessa in un’attività del centro città i cui proprietari hanno anche altri negozi. Nonostante la qualifica contrattuale di fatto la gestione del locale era nelle mia mani. Stessa responsabilità anche per le altre nove dipendenti delle diverse attività, alcune anche con contratti part time o da stagiste. Sin da subito per il pagamento dello stipendio ci sono stati problemi, il primo mese mi hanno pagato il 28, dopo le mie insistenze, quando sarebbe stato previsto entro la metà del mese. Da febbraio però non ho più ricevuto nulla, poi a marzo il contratto, a me come ad altre due dipendenti, non è stato rinnovato. Così mi aspetta ancora una mensilità, i 12 giorni di marzo, Tfr, straordinari e ferie maturate. In tutto saranno tra i mille e 500 e i 2 mila euro». Soldi che anche mercoledì la lavoratrice ha reclamato, ricevendo – sempre secondo il suo racconto – un «no secco, giustificato con la crisi dovuta al coronavirus». «Ma io vedevo come andavano le cose già prima. Ho già chiamato un avvocato – continua la donna -, non posso essere trattata così, con l’arroganza di chi ‘gioca’ a fare l’imprenditore. Per me il lavoro non è un gioco, ho una figlia e non sono più una ragazzina. Voglio quanto mi spetta».

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