Locali e suolo pubblico, condominio vs Comune in via Floriano a Terni

La particolare storia è finita in mano al Tar: lite sull’autorizzazione rilasciata da palazzo Spada a favore di un esercizio commerciale. C’è chi non è d’accordo

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di S.F.

Un esercizio commerciale che richiede l’autorizzazione per l’occupazione di suolo pubblico e la successiva concessione del Comune. Un passaggio per sfruttare al meglio la propria attività, un bar-pasticceria di Terni in questo caso: è da qui che si sviluppa una storia particolare che vede coinvolti un condominio, il locale e l’amministrazione, con ben cinque avvocati di mezzo. Siamo in via Annio Floriano, non lontano da piazza Tacito, e la questione è finita in mano al Tar Umbria. La sensazione è che la storia proseguirà.

L’area in questione

L’origine della contesa

Il ‘casus belli’ è la richiesta di Murzillo di avere a disposizione l’area antistante il locale per tavoli, sedie e ombrelloni. Nulla di particolare in linea di massima. È l’11 febbraio quando il Comune firma il provvedimento per il via libera dell’occupazione di suolo pubblico. Iniziano i guai. Motivo? C’è chi non è d’accordo, ovvero il condominio sotto il quale è posizionata l’attività commerciale. Il covid-19 blocca tutto, ma alla ripartenza – 9 giugno – viene depositato il ricorso al Tribunale amministrativo regionale: nel mirino finisce il documento firmato a palazzo Spada e l’accertamento del diritto di accesso vantato dal ricorrente a «visionare ed estrarre copia degli atti e conseguente condanna dell’amministrazione resistente a ostendere e rilasciare copia della documentazione richiesta». Si fa sul serio.

Palazzo Spada

La lamentela: «Proprietà privata condominiale»

In sostanza il condominio ha fatto presente che l’area oggetto di autorizzazione rientra nella proprietà privata condominiale e, oltretutto, è gravata da un vincolo di uso pubblico pedonale. C’è altro: «Non ha mai espresso – si legge in un passaggio della sentenza – il proprio assenso a detta occupazione». Al contrario l’attività, «senza esito, è stata invitata dal legale del ricorrente a liberare l’area». Da qui l’impugnazione della concessione del Comune per eccesso di potere, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, irragionevolezza manifesta, difetto dei presupposti e sviamento di potere. Immediata la costituzione in giudizio dell’amministrazione, il quale ha messo in evidenza il difetto di giurisdizione in quanto la causa in questione è legata al diritto soggettivo di proprietà.

Tar Umbria

La risposta del Tar e servitù uso pubblico

In primis i magistrati puntualizzano una questione: «Si dà atto che non vi è luogo a provvedere sull’istanza di accesso agli atti avanzata dal ricorrente – invero in modo assolutamente generico – in quanto la relativa pretesa deve considerarsi pienamente soddisfatta dall’amministrazione comunale con il deposito agli atti del giudizio del 19 giugno». Il Tar inoltre appoggia la tesi del Comune sul difetto di giurisdizione: «La presente controversia – in cui si discute dell’esatto contenuto del diritto reale pubblico su bene altrui attribuito al Comune dall’atto costitutivo di servitù e delle facoltà che l’amministrazione può esercitare in quanto titolare dello ius in re aliena – attiene a diritti soggettivi e non a interessi legittimi. Qualora un condominio o i proprietari – aggiungono – di un immobile soggetto a servitù di uso pubblico reagiscano avverso gli atti amministrativi con i quali il Comune ha concesso a terzi l’uso particolare ed eccezionale di una porzione di detto immobile, essi instaurano una controversia diretta all’accertamento e alla tutela del proprio diritto dominicale, come tale rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, dovendosi, in definitiva, interpretare l’atto costitutivo della servitù e stabilire se il Comune abbia esercitato una facoltà che esorbita dalla causa della costituzione della servitù».

Il passaggio

L’uso eccezionale. Condominio condannato

In conclusione – prosegue il Tar – «le stesse censure mosse dal ricorrente all’operato del Comune, pur prospettate come vizi di eccesso di potere sotto diversi profili sintomatici, evidenziano, in realtà, un’ipotesi di carenza di potere in astratto in quanto volte a negare l’astratta titolarità del potere del Comune di concedere a terzi l’uso eccezionale e particolare di un’area di proprietà privata assoggettata a servitù di uso pubblico». Nulla di fatto dunque, per ora non cambia la situazione. Tuttavia c’è la condanna a carico del condominio per la refusione delle spese di lite a favore del Comune e dell’esercizio commerciale: 1.000 euro a testa. E ora in vista c’è il giudice ordinario. Tra gli avvocati che hanno seguito la vicenda ci sono Francesco Silvi (in difesa di palazzo Spada), Massimo Minciarelli e Andrea Massi (locale).

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