di S.F.
Inammissibile la costituzione in giudizio di quattro cittadini, improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse e Comune di Terni condannato a pagare 1.500 alla ricorrente in quanto l’ordinanza impugnata è effettivamente ‘viziata’. Il Tar dell’Umbria ha chiuso la partita nell’ambito dello scontro tra il Collescipoli Sporting Club e palazzo Spada: come noto il tema al centro dell’attenzione è la copertura dei campi da padel.
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La storia è nota. Il 28 dicembre 2023 il Comune ha ingiunto con un’ordinanza la «rimessione in pristino dello stato dei luoghi entro 15 giorni dalla notifica del provvedimento» della pressostruttura a copertura per due impianti «regolarmente assentiti» e altrettanti manufatti per l’immissione dell’aria. Ma come mai si è giunti a questo? Semplice, perché il 15 novembre la società aveva comunicato all’ente l’installazione per il periodo autunno/inverno. Anche per consentire lo svolgimento di tornei nazionali e regionali oltre ai regolari allenamenti. In sostanza serviva per garantire lo svolgersi delle manifestazioni programmate. Il Collescipoli Sporting Club – difeso dagli avvocati Antonio De Angelis e Daniele Proietti – ha inoltre ricordato un fatto: ovvero, come si legge nella sentenza, di «aver inviato identica comunicazione al Comune di Terni già nel novembre 2019, ed in tale occasione l’ente aveva ordinato la sospensione dei lavori con provvedimento, salvi gli ulteriori provvedimenti da adottare nell’ulteriore termine di 45 giorni. Il pallone pressostatico veniva dunque rimosso. Il giudizio penale che ne seguiva si concludeva con sentenza di assoluzione del tribunale di Terni 329/2023 del 23 marzo 2023 nella quale si affermava che ‘vi è compiuta prova dell’insussistenza di ogni illecito penale (ed anche amministrativo) in capo agli imputati. In ordine alla pressostruttura, si tratta di opera che, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera e-bis del DPR 380/2001 rientra nell’edilizia libera non essendo stabilmente ancorata al suolo ed essendo stata rimossa nel termine di 90 giorni; per gli stessi motivi non necessita neppure dell’autorizzazione paesaggistica’». C’è un perché.
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La società ha rinunciato alla domanda cautelare – 5 marzo 2024 – in quanto la struttura pressostatica era già stata smontata. Di mezzo anche una serie di esposti e – il numero è contenuto nella sentenza – la firma di petizioni con protagoniste circa 200 persone per «segnalare la contrarietà della struttura contestata con il vincolo paesaggistico insistente sull’area di causa». Come è finita? In primis il Tar spiega che «l’inattualità dell’interesse all’impugnativa impedisce al collegio di pronunciare sulla fondatezza del ricorso, né l’eventualità della nuova installazione della copertura in vista dell’inverno potrebbe condurre ad una diversa conclusione». Poi ecco la ragione della condanna a carico dell’ente: «Si osserva che l’ordinanza gravata appare in effetti viziata nella parte in cui nega l’esenzione dall’autorizzazione paesaggistica sulla base dell’esercizio congiunto di attività ulteriori oltre alle manifestazioni di rilevo nazionale, il cui svolgimento è invece incontestato tra le parti e riconosciuto dalla norma regolamentare quale motivo di esonero dal titolo paesaggistico, purché i manufatti siano rimossi senza superare la permanenza di 120 giorni nel corso dell’anno solare. Per tali motivi le spese di lite devono essere rimborsate dal Comune alla ricorrente». Vedremo se il tema sarà riportato in Comune con l’arrivo della stagione invernale.