Terni, prostituzione e l’ordinanza contestata: «Quanta ipocrisia»

La consigliera di FdI Monia Santini interviene sulla querelle relativa al provvedimento adottato dal sindaco Latini

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di Monia Santini
Consigliere comune e provinciale Terni – FdI

In tantissime città italiane – ne cito solo alcune: Palermo, Nettuno, Rimini che non è certo tra le città più chiuse in quanto a mentalità – sono state prodotte e firmate dai rispettivi sindaci ordinanze comunali contro la diffusione del fenomeno della prostituzione, ordinanze che a leggerle con attenzione riportano quasi tutte lo stesso testo o quantomeno concetti e parametri pressocchè identici. Questo è facilmente spiegabile perché a tutti gli effetti i sindaci di qualsiasi città italiana hanno effettivamente e concretamente ben poche armi da utilizzare per contrastare il fenomeno della prostituzione.

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Chiariamo pochi e semplici concetti. La prostituzione in Italia è reato? Assolutamente no, paradossale ma vero: per la legge la prostituzione è un’attività legale, non esiste nella normativa italiana uno specifico reato di prostituzione, d’altronde l’articolo 13 della Costituzione sostiene la sacralità della libertà personale quindi io persona maggiorenne posso decidere di scambiare il mio corpo in cambio di denaro (tralascio ovviamente tutte le diatribe sul fattore economico tributario).

Fortunatamente è reato lo sfruttamento della prostituzione minorile che, secondo quanto disposto dall’articolo 600 bis del Codice Penale, è punito con la reclusione da 6 a 12 anni e con la multa da 15 mila a 150 mila euro. È reato altresì lo sfruttamento della prostituzione, l’induzione e il favoreggiamento. Ma la prostituzione è a tutti gli effetti legale, ergo non esiste legge a cui appellarsi, neanche da parte dei sindaci, per poter contrastare il fenomeno della prostituzione che non rimane fine a sé stesso, ma porta con sé, anzi trascina con sé, anche quello del decoro, della difesa dei minori possibili spettatori di casi e occasioni di adescamento.

Ci si è tanto scandalizzati perché l’ordinanza del sindaco Latini – tal quale a quella di tutti i sindaci che hanno emesso ordinanze di questo genere – perché si va ad individuare e punire forme di atti allusivi e nudità ma sempre contestualizzati in un ambito appunto di adescamento finalizzato alla prostituzione. Si è scritto sui social, ma quel che è più grave su testate giornalistiche, e addirittura è stato riportato dalle conduttrici del programma ‘La Versione delle Due’, che il sindaco e la sua ordinanza a Terni condannano minigonne e scollature, decontestualizzando puntualmente e strumentalmente parti, stralci di frasi dell’ordinanza stessa, semplicemente per fare notizia.

Da cittadina, da madre di due meravigliose ragazze che da pochi anni non sono più bambine, penso a scene in cui mi sono combinata personalmente soprattutto in altre città, dove ‘comportamenti diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell’assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero nel mostrare nudità, ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione’ – tutto tradotto volgarmente in tette e culi nudi messi in bella mostra coronati da atteggiamenti fisici eloquentissimi verso avventizi clienti – sono stati enorme motivo di disagio per noi in quanto adulti genitori e per le nostre figlie, e fonte inevitabile di domande dalle difficilissime risposte.

Quindi, di cosa stiamo parlando effettivamente? Perché tanta ipocrisia? Si crede forse siano queste ordinanze a ledere la dignità di una donna? Davvero lo si crede? Oppure è molto più pericoloso e lesivo il rischio reale e tangibile che si diffonda sempre più il fenomeno della prostituzione e dello sfruttamento della stessa? O magari è molto più offensivo per la dignità di una donna che accadano fatti gravissimi come quello di Giulia Schiff, vittima del nonnismo violento e brutale nell’ambito dell’Aeronautica Militare, tutto rivolto a lei in quanto donna e non a lei in quanto neo cadetta, che è stata costretta anche ad abbandonare il corpo dell’Aeronautica stessa che era la sua unica ragione di vita?

Dove sono le donne di Radio 2, delle testate giornalistiche locali e nazionali, dei programmi televisivi tutti uguali a sé stessi, dove sono le associazioni di ogni genere quando si tratta di fatti come questi davvero gravi e lesivi della dignità di essere donna? Come ho scritto sopra, ‘much ado about nothing’…

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