di S.F.
Una storia delicata che abbraccia la sfera sanitaria, sociale e giudiziaria. Da un lato c’è chi vorrebbe un po’ di pace dopo un lungo e tormentato periodo personale, dall’altro chi vuole riavere nella piena disponibilità un suo bene occupato da tempo. Si sviluppa così una vicenda lunga un decennio e che ora, a stretto giro, si concluderà con l’esecuzione di uno sfratto esecutivo. La raccontiamo dando voce a tutte le parti coinvolte sperando in un positivo esito per tutte le parti coinvolte.
Il mea culpa e il grido di allarme
«Ho l’invalidità al 100% e non voglio finire in mezzo ad una strada con mia figlia. Ho commesso i miei errori in passato, lo ammetto, ne ho pagato le conseguenze. Ora vorrei solo un po’ di serenità. Ma nessuno mi ascolta e sono disperata». L’appello arriva da una zona periferica ed isolata di Terni, strada di San Benedetto, e riguarda una donna 50enne con seri problemi di salute ed ora in grande difficoltà. Di recente ha ricevuto una notizia tutt’altro che piacevole: a metà aprile dovrà lasciare la casa dove vive da tempo per via di uno sfratto esecutivo, giunto al termine di una serie di vicissitudini di natura giudiziaria.
Il racconto
Cosa è successo per arrivare a questo epilogo? Siamo nella zona di Perticara, in un’area a bassa densità abitativa tra la boscaglia: «Sono qui da poco meno di dieci anni – ci spiega accogliendoci in un’abitazione con diverse criticità, pubblichiamo un paio di scatti indicativi -, ci sono arrivata tramite agenzia. Il problema è sorto negli ultimi tempi perché il proprietario ha deciso di vendere. Da tempo non pago più l’affitto perché, come da accordi, in cambio sono stati fatti dei lavori in casa da parte del mio ex compagno». Ora la situazione è ben diversa: «È arrivato l’ufficiale giudiziario dandomi il brutto aggiornamento. La situazione è drammatica perché sono sola e preoccupata per mia figlia (ha poco più di vent’anni, ndr). Ho il certificato di invalidità al 100% (agosto 2018, ci mostra il documento) per una cirrosi epatica scompensata ed è impensabile andare a dormire in macchina con lei». C’è in realtà chi si è attivato per trovare una soluzione temporanea: «Ho chiesto alla Caritas e stanno cercando di aiutarmi. Ma è una situazione che dovrebbe prendere in mano il Comune».
La ricerca e l’attesa
In soccorso della donna c’è la suocera che, tuttavia, a sua volta ha dei problemi di salute non di poco conto: «Prendo 600 euro – prosegue – al mese per l’invalidità, ma non avendo reddito nessuno accetta di darmi una casa. Ho provato. E mi spetterebbe un lavoro viste le mie condizioni. Ho tentato di parlare con il sindaco ed il vicesindaco, non c’è stato nulla da fare». Da quanto risulta l’assessorato al welfare è al corrente della situazione ed i contatti non sono mancati: «Guardi, di stupidaggini ne ho fatte tante nel corso della mia vita. Sono stata anche agli arresti domiciliari e ho pagato le mie colpe. Ora vorrei solo un po’ di serenità. È da anni che ho fatto richiesta per una casa popolare ma non c’è stato nulla da fare. Mi dicono che senza il nuovo bando non c’è modo di avere un’abitazione».
Il timore e il bando
Tra un mese – priva di un’auto – si ritroverà senza un tetto ed un’alternativa pronta: «Chiedo solo di avere un punto di appoggio d’emergenza in attesa di trovare una nuova casa. Nulla di più. Mia figlia è la mia vita e non la lascio in mezzo alla strada», l’appello. E il Comune? «In questi casi – le parole dell’assessore al welfare Cristiano Ceccotti – c’è la presa in carico con i servizi sociali. Vanno valutati gli aspetti tecnici. Nessuna amministrazione può dare risposte immediate agli sfrattati, ora ci sarà un bando per le case popolari e potrà partecipare. Se c’è necessità di un posto dove dormire ci sono le strutture adibite, ma l’assegnazione senza procedura non si può fare. La invito a presentarsi agli uffici della cittadinanza». Un passaggio che – ci dice la donna – è già stato fatto. Ma senza risultato sperato. Ed il tempo stringe.
«Lunga odissea giudiziaria»
UmbriaOn, considerata la delicata e complessa vicenda, ha contattato il proprietario dell’abitazione per avere un quadro ancor più esaustivo del contesto: «Per anni la signora e il suo compagno hanno abusivamente occupato l’appartamento, peraltro con danneggiamenti e manomissioni, di cui fanno fede sentenze del tribunale civile e penale di Terni. Non spetta certo al proprietario, che già ha dato tanto, farsi carico di situazioni assistenziali dopo questa lunga odissea giudiziaria». Al netto di situazioni personali e le udienze in tribunale, l’auspicio è che la donna possa trovare quella serenità tanto desiderata. Il discorso vale anche per chi da anni sta cercando di tornare in possesso di una sua proprietà. Non sarà semplice venirne a capo. La speranza, come si suol dire, è l’ultima a morire.