Terremoto, l’Europa tradisce l’Italia

Germania, Finlandia, Danimarca, Austria, Regno Unito e Svezia hanno chiesto di ridurre la quota di finanziamento per la ricostruzione

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Antonio Tajani venerdì durante il passaggio in centro

La ‘passeggiata’ a Norcia dei parlamentari europei è stata salutata con applausi e grandi speranze. Poi, appena qualche giorno dopo, la doccia fredda: la riunione degli ambasciatori dei 28 Paesi Ue ha rivisto al ribasso la proposta della Commissione che consentiva il finanziamento al 100%, con i fondi europei, della ricostruzione nelle aree colpite da terremoto e altre calamità naturali, scendendo al 90%.

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La proposta Sei Paesi (Germania, Finlandia, Danimarca, Austria, Regno Unito e Svezia) hanno infatti chiesto di mantenere un’aliquota di co-finanziamento nazionale, fissato al 10%. L’Italia ha giudicato «surreale» la discussione: «E’ evidente a tutti che la proposta della Commissione, che abbiamo molto apprezzato, era un atto importante di solidarietà politica nei confronti delle nostre popolazioni terremotate. Ma non aggiungeva nuovi fondi, non introduceva nuovi criteri per lo stanziamento, e soprattutto non andava ad inficiare i pilastri della politica di coesione», ha detto il rappresentante permanente italiano, l’ambasciatore Maurizio Massari. 

La foto di gruppo

La delusione Secondo Massari «abbiamo perso un’ottima occasione per dare un segnale chiaro, semplice e forte a tutti i cittadini europei, che mai come in questo momento storico hanno un profondo bisogno di essere rassicurati sul senso e sui valori dell’Unione».

La rabbia Il vicepresidente del Parlamento europeo, David Sassoli, è decisamente più duro: «Siamo scandalizzati, ci sono Paesi che hanno deciso di andare a lucrare in una situazione del genere». La misura era stata approvata dal Parlamento, ricorda Sassoli, «cioè dai cittadini europei. Ne parleremo sicuramente nella prossima sessione a Strasburgo e invitiamo il presidente Juncker a rilanciare la proposta e farsi forte del sostegno ottenuto dal Parlamento. L’egoismo dei governi non lo superiamo se non con un po’ più di unità tra Parlamento e Commissione».

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