Umbria, sanità in chiaroscuro: «Bene il personale ma molti rinunciano alle cure»

I dati emergono dal sesto rapporto Gimbe presentato giovedì in Senato

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di Giovanni Cardarello

Molto bene il lavoro, e i numeri, del personale sanitario, male gli indicatori sulla rinuncia alla cure e sul ricorso alla migrazione sanitaria. Si potrebbe riassumere con questi estremi la fotografia della sanità dell’Umbria scattata dal Gimbe, l’autorevole fondazione di diritto privato costituita dall’associazione ‘Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze’. Fondazione che giovedì ha presentato presso la sala Capitolare del Senato della Repubblica il 6° ‘Rapporto sul servizio sanitario nazionale’.

LEGGI IL 6° RAPPORTO GIMBE SUL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE (.PDF)

Un rapporto che negli anni è diventato una sorta di relazione annuale sullo stato di salute, è proprio il caso di dirlo, della sanità nazionale e delle venti sanità regionali. Un rapporto che, quest’anno, viene presentato con toni molto netti. Basti pensare che, nella nota di introduzione, il Gimbe rileva che «i princìpi fondanti del SSN, universalità, uguaglianza, equità sono stati traditi». Specificando che «sono altre le parole chiave che definiscono un SSN ormai al capolinea e condizionano la vita quotidiana delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche meno abbienti».

Interminabili i tempi di attesa per le cure, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria, aumento della spesa privata «sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure». Tutti elementi che sono rintracciabili in ogni regione, in alcune più di altre ovviamente, a partire dall’Umbria dove il fenomeno della rinuncia alla cura e alla migrazione sanitaria è tornato a farsi prepotente.

Basti pensare che, secondo la Fondazione Gimbe, la nostra regione è tra le peggiori tra quelle interessate dal fenomeno della migrazione sanitaria con relativo aggravio passivo sul bilancio dell’ente. Ma non solo. Sempre secondo il rapporto, l’Umbria è la quintultima nel drammatico indicatore di chi rinuncia completamente alle cure. Il 9,2% degli umbri nel 2023 ha preso questa drastica decisione. La media nazionale è del 7,%. Altro dato negativo è rappresentato dalla riduzione dei medici di famiglia, scesi nel 2023 del 14% contro una media nazionale dell’11%. Segno certo di un turnover che non sta dando i frutti sperati.

Ma la sanità dell’Umbria non va letta solo negli aspetti negativi: ve ne sono alcuni che emergono dal rapporto Gimbe estremamente confortanti e sono quelli afferenti al personale sanitario, cuore, anima e cervello del sistema sanitario regionale. A tal proposito il rapporto segnala che nella nostra regione sono presenti 2,43 medici ogni mille abitanti, la media nazionale è di 2,11. Alto anche il dato degli infermieri, 6,08 ogni mille cittadini contro la media di 5,06. Alto anche il rapporto infermieri medici, un dato decisivo per gestire le cure a la sanità territoriale, 2,5 ogni mille persone contro la media nazionale di 2,4.

Da segnalare, infine, la nota di chiusura del Rapporto Gimbe nella quale si evidenzia che «a quasi 45 anni dalla legge istitutiva del SSN si invoca un patto sociale e politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di governi, rilanci quel modello di sanità pubblica, equa e universalistica, pilastro della nostra democrazia», specificando che non è più tempo di «manutenzione ordinaria» ma che è necessaria una ristrutturazione completa del sistema.

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