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Home » Terni, processo Asm: chieste 6 condanne

Terni, processo Asm: chieste 6 condanne

di Fabio Toni
28 Novembre 2015
in Altre notizie, Cronaca
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
Il tribunale di Terni

Il tribunale di Terni

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Prescritte le ipotesi di reato legate all’ambiente, al funzionamento dell’inceneritore Asm di Maratta e allo smaltimento dei rifiuti, il processo Asm, giunto alle battute finali, si concentra ora solo sul ‘mobbing’ – tecnicamente maltrattamenti – che sarebbe stato perpetrato, secondo l’accusa, nei confronti di una decina di dipendenti ed ‘ex’ della controllata fra il 2002 e il 2008. Quest’ultimi, parte civile nel processo in corso di fronte al tribunale di Terni in composizione collegiale, sarebbero stati messi da parte dall’allora dirigenza – con metodi più o meno discutibili – in molti casi solo per aver fatto notare le cose che a loro giudizio non andavano bene, soprattutto rispetto al funzionamento dell’inceneritore di Maratta, poi sequestrato dall’autorità giudiziaria.

In aula Rispetto al filone del ‘mobbing’ venerdì mattina in aula il pm Elisabetta Massini ha chiesto condanne pari a due anni per l’ex direttore generale Moreno Onori e ad un anno e sei mesi per gli ex presidenti di Asm Giacomo Porrazzini e Piero Sechi, per l’ex responsabile del personale Mauro Listante, l’ex capo del servizio segreteria Agata Mariani e l’ex sindaco di Terni Paolo Raffaelli. Prescritte, come detto, tutte le ipotesi legate a violazioni ambientali riguardanti la gran parte degli imputati: gli stessi Onori, Porrazzini e Raffaelli ma anche Attilio Amadio, Fabio Bassetti, Domenico Bussoletti, Paolo Grigioni, Raffaele Iannotti, Daniele Moroni, Paolo Olivieri, Pietro Palmieri, Luigi Rosati, Stefano Tirinzi, Giovanni Vaccari e Pierluigi Vergani. Per loro il processo, che nella migliore delle ipotesi potrebbe comunque riservare una sentenza di assoluzione, si è di fatto concluso.

Il magistrato Nella sua requisitoria, il pm Massini ha parlato di «processo lungo e complesso, anche per la decisione di unire due materie, il ‘mobbing’ e i reati ambientali, che sono in realtà strettamente legate fra loro. Durante le indagini – ha detto il magistrato – ci si è chiesti perché una municipalizzata che opera in un settore così importante, dovesse gestire il proprio impianto di incenerimento rifiuti in maniera così poco ponderata, dando poca considerazione alla normativa ambientale, e perché diversi dipendenti fossero trattati in un modo così poco rispettoso delle loro competenze e della loro persona. La risposta che abbiamo individuato – ha aggiunto – è che il modo di gestire l’inceneritore di Maratta fosse viziato dal progetto della dismissione, in vista della successiva privatizzazione. Tracce di questo progetto vengono dai testimoni che hanno riferito circa l’idea di avviare e comandare l’impianto Asm direttamente dall’inceneritore Printer, situato accanto. Di fatto si è andati avanti mettendo pezze, ma senza affrontare seriamente una progettualità adeguata per un buon funzionamento dell’inceneritore e dei suoi impianti-satellite».

Ipotesi mobbing L’unica fattispecie non ‘troncata’ dalla prescrizione è, come detto, il mobbing: «Molti ex dipendenti Secit, l’azienda che aveva costruito l’impianto di Maratta, erano poi passati in Asm, messi lì a non fare nulla. Persone che, in gran parte, occupavano ruoli di rilievo prima di diventare ‘sgradite’ alla dirigenza. C’è chi è stato messo a raccogliere il fogliame solo perché aveva detto che le polveri, cancerogene e contenenti cromo esavalente, fiinivano disperse nell’aria e nell’ambiente. C’è, fra gli altri, un ingegnere le cui proposte tecniche per migliorare la gestione e l’incenerimento dei rifiuti, gli sono costate solo insulti e dinieghi».

«Azienda politicizzata» Per il pm Massini, «a pesare era la concezione ‘politica’ della municipalizzata, che era del Comune e quindi ‘del partito’. Operai e ‘compagni’ mobbizzati, si sfogavano nella ‘sezione del partito’ che, di fatto, c’era nella municipalizzata. Con personaggi e referenti politici e sindacali. Il loro tentativo di trovare una mediazione per uscire da quel vicolo è finito nel nulla, schiacciato dalla volontà di metterli da parte in quanto rompiscatole, ingestibili e da zittire». Dopo il pm hanno parlato i legali delle parti civili che hanno sostenuto il punto di vista dell’accusa in relazione ai presunti episodi di mobbing. La prossima udienza del procedimento è stata fissata per l’11 dicembre, con le arringhe dei legali difensori degli imputati che si dicono tutti «completamente estranei alle ipotesi sostenute, anche contro l’evidenza, dalla pubblica accusa».

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