Ancora delirio nel carcere di Terni: muore detenuto soffocato dal fumo di un incendio

Si tratta di un uomo di 35 anni di nazionalità marocchina. Avrebbe appiccato il fuoco all’interno della propria cella

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I ‘baschi azzurri’ hanno tentato in ogni modo di salvarlo, portandolo fuori dalla cella ormai invasa da fuoco e fumo. Contemporaneamente hanno messo in salvo gli altri detenuti, facendoli uscire, areando gli spazi ed evitando così un disastro. In quell’inferno, a un certo punto è saltata anche la corrente elettrica. Alla fine il bilancio è pesante, perchè il 35enne Abdelilah Ait El Khadir è morto, alcuni fra agenti della polizia penitenziaria e ristretti hanno accusato intossicazioni e – nel caso di un agente – ustioni lievi. Ma sarebbe potuta andare ancora peggio. Serata davvero complicata e triste quella di martedì nel carcere di Terni, dove il 35enne di origini marocchine, detenuto per reati di droga e rientrato da pochi giorni dal carcere di La Spezia dove era stato trasferito per un processo in Liguria, ha dato fuoco a oggetti e suppellettili che aveva nella propria cella, innescando l’incendio che – molto probabilmente a causa del denso fumo inalato – lo ha ucciso. Ora la salma dell’uomo, gravato da problemi psichiatrici, è a disposizione della procura di Terni, titolare del fascicolo è il pm Raffaele Pesiri, per gli esami che intenderà disporre. Una tragedia preceduta nei giorni scorsi da altri episodi ‘estremi’, come il pugno rifilato da un detenuto nordafricano ad un’infermiera e il caos causato da un altro fra il carcere e l’ospedale di Terni. Abdelilah Ait El Khadir si trovava nella sezione G ‘accoglienza’ che solo grazie al pronto intervento della penitenziaria non si è trasformata in una trappola per tutti. Dure le reazioni sindacali sull’accaduto. Il Sappe, per voce di Fabrizio Bonino e Donato Capece, chiede al Dap «una visita ispettiva in carcere per accertare tutto ciò che il sindacato denuncia da mesi. I vertici dell’amministrazione penitenziaria della Toscana, da cui dipende l’Umbria, si devono dimettere – affermano gli esponenti del Sappe – per le loro incapacità a dare soluzioni ai problemi». Secondo Gennario De Fazio, segretario generale della Uilpa PP, «è evidente a tutti che dopo la chiusura, sacrosanta, degli ospedali psichiatrici giudiziari la riforma sia rimasta monca e consegni i malati di mente a gironi infernali ancora peggiori». Secondo il segretario generale aggiunto del Sarap, Roberto Esposito, «il grido di aiuto viene da uomini dello Stato posti in situazioni lavorative emergenziali e che non sono più nelle condizioni di reggere tale condizione». La richiesta è di «un intervento celere da parte di chi è deputato alla tutela del personale come direttore e provveditore regionale della Toscana e Umbria». Il segretario generale S.pp. Aldo Di Giacomo rappresenta «la forte indignazione del personale penitenziario sempre impotente di fronte a queste tragedie. Purtroppo – afferma – continuiamo ad ascoltare solo impegni politici e dichiarazioni di vecchi e nuovi parlamentari ed esponenti di Governo, senza passare dalle parole ai fatti». Il senatore e capogruppo Pd in commissione antimafia, Walter Verini, parla di «situazione esplosiva. Siamo intervenuti più volte, l’ultima in parlamento la scorsa settimana e più volte direttamente col Dap. Il Governo balbetta risposte, assicura, promette, ma nei fatti niente sull’aumento di personale di polizia, sociosanitario, interdisciplinare».


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GLI INTERVENTI DEI SINDACATI

Il Sappe: «Sconfitta per lo Stato. Ora dimissioni»

«Siamo amareggiati e incavolati neri – dice il segretario nazionale del Sappe per l’Umbria, Fabrizio Bonino -. Questa è una tragedia annunciata ed è anche la conseguenza di una sottovalutazione alle continue sollecitazioni di intervento per Sabbione che facciamo da mesi. Un uomo che perde la vita durante la detenzione è sempre una sconfitta per lo Stato: e questo nonostante il personale di polizia penitenziaria abbia fatto di tutto per evitarlo». Il 35enne deceduto, prosegue Bonino è «uno straniero con problemi psichiatrici che ha dato fuoco a tutto quello che aveva in cella ed in pochissimo tempo è stato sopraffatto dalla fiamme e dal denso fumo nero che si è propagato. A fatica i poliziotti presenti e quelli arrivati di rinforzo, anche liberi dal servizio, sono riusciti a intervenire, rimanendo anche intossicati, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare. Non vi erano avvisaglie che il detenuto avrebbe potuto compiere l’insano gesto. Era stato assegnato qui dal provveditorato regionale della Toscana e l’altro ieri aveva avuto un’udienza in Liguria». Il segretario umbro parla di «tragedia avvenuta nel contesto di una situazione penitenziaria assai critica che da mesi denunciamo e rispetto alla quale nessun intervento è stato mai adottato. I vertici dell’amministrazione penitenziaria della Toscana, da cui dipende l’Umbria, si devono dimettere per le loro incapacità a dare soluzioni ai problemi penitenziari umbri e della polizia penitenziaria. Il Dap mandi subito una visita ispettiva in carcere ed accerti tutto ciò che il Sappe denuncia da mesi». «Abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è una sconfitta per lo Stato – commenta il segretario generale del Sappe, Donato Capece -. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di polizia penitenziaria – prosegue Capece – è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni e situazioni ad altissima tensione, come quella vissuta ieri sera al Sabbione. Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene. Bisogna inoltre prevedere la riapertura degli ospedali psichiatrici giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario. Ma servono anche più tecnologia e più investimenti: la situazione resta allarmante».
“In carcere si continua a morire nel sostanziale disinteresse della politica maggioritaria. Sono 65 i deceduti nel corso dell’anno, di cui almeno 27 per suicidio. Anche un appartenente al Corpo di polizia penitenziaria si è tolto la vita in questo 2023. La tragica morte del ristretto di Terni, riporta pesantemente alla ribalta il gravissimo problema della non gestione dei detenuti affetti da patologie psichiatriche da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e del servizio sanitario».

Uilpa: «Gironi danteschi»

«Da quanto apprendiamo – le parole di Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa Pp – il detenuto che ha perso la vita ieri sera in una cella del carcere del capoluogo umbro era affetto da disturbi mentali, di difficilissima gestione, e proprio per questo era stato allocato nel reparto accoglienza. Sistemazione, tuttavia, che come quasi sempre accade non poteva supplire alle mancate cure specifiche, riversando sugli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, oltre che su lui stesso, tutto il peso dell’inefficienza del sistema. È evidente a tutti che dopo la chiusura, sacrosanta, degli ospedali psichiatrici giudiziari la riforma sia rimasta monca e consegni i malati di mente a gironi infernali ancora peggiori. Nondimeno, negli stessi gironi danteschi finiscono le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria che non sono formati né giuridicamente deputati per la loro gestione sanitaria. Peraltro, proprio gli affetti da disturbi psichici sono la causa di moltissimi disordini e aggressioni nei confronti degli operatori nelle carceri».

Sarap: «Polizia penitenziaria stremata»

«È un susseguirsi giornaliero – la nota del Sarap a firma del segretario generale aggiunto Roberto Esposito – di eventi critici nel carcere di Terni, cosa che sta portando il personale che opera all’interno dell’istituto a uno stress psicologico non più sopportabile. Il Sarap più volte ha evidenziato la criticità del Sabbione di Terni, dove si sta accentuando sempre più la carenza di personale, non solo per la carenza di assunzioni a livello centrale, ma derivante dalle numerose aggressioni che si verificano a danno del personale di Polizia Penitenziaria costretto a lavorare in prima linea senza idonee tutele e protocolli certi per sopperire alle frequenti aggressioni subite, aggressioni quest’ultime che scaturiscono lunghi periodi di assenza da parte del personale che viene refertato da sanitari e posto a lunghi periodi di malattia, a danno di quei pochi che restano e costretti a coprire più posti di servizio e subire turni di servizio massacranti per poter consentire l’espletamento dei propri compiti istituzionali. Ieri l’epilogo al carcere di Terni, nonostante il pronto intervento del personale in servizio, il quale ha patito una intossicazione dovuto al tentativo di entrare tra le fiamme per salvare un detenuto, e forse da tale motivo ne deriveranno altre assenze per malattie, a causa di un incendio in una cella da parte di un detenuto di origine magrebino, tentativo che poi da quanto si apprende dai quotidiani locali, sono risultati invanì.
Oggi come organizzazione sindacale siamo chiamati da parte del personale a farci da portavoce per riportare Il Grido Di Aiuto che viene da uomini dello stato posti in situazioni lavorative emergenziali, non sono più nelle condizioni di reggere tale situazione quindi chiediamo un celere intervento da parte di chi è deputato alla tutela del personale come direttore e provveditore regionale della Toscana e Umbria, ognuno per la sua competenza a dare un segnale forte e un sostegno concreto a quel personale che ancora una volta sta lanciando un grido di aiuto per una situazione lavorativa divenuta insostenibile. La polizia penitenziaria chiede aiuto».

S.pp: «Forte indignazione»

«Due suicidi in 48 ore a Terni, un detenuto con problemi psichiatrici, morto a causa di intossicazione per un incendio che aveva appiccato in cella e a Pescara un detenuto di 40 anni rinnovano – le parole del segretario generale del S.pp Aldo Di Giacomo – la forte indignazione del personale penitenziario sempre impotente di fronte a queste tragedie. Purtroppo continuiamo ad ascoltare solo impegni politici e dichiarazioni di vecchi e nuovi parlamentari ed esponenti di Governo senza passare dalle parole di commozione ( in qualche caso anche sincera) o generiche e di circostanza, quasi sempre le stesse, ai fatti. Si ascoltino le proposte del
sindacato di polizia penitenziaria che quotidianamente si misura con l’emergenza suicidi e si metta mano alla manovra di bilancio rimediando al taglio di spesa imposto all’Amministrazione penitenziaria e al personale come primo segnale concreto di volontà di affrontare le numerose emergenze del carcere».

Sippe-Sinappe

«Ennesimo episodio di decesso in carcere, un escalation per un istituto ritenuti di eccellenza fino a pochi anni fa. Troppe tipologie – il commento di Francesco Petrelli, consigliere nazionale Sippe-Sinappe – di detenuti, mancanza di personale sia civile che dell’amministrazione penitenziaria e struttura ormai obsoleta per contenere più di cinquecento detenuti. Il Prap Toscana Umbria responsabile del collasso nella gestione trasferimenti dei detenuti. Nei prossimi giorni chiederemo un incontro urgente al Provveditore dott. D’Andria e l’avvio a livello nazionale di una commissione d’inchiesta sul caso Terni. Tanti gridi d’allarme ma al momento nessuna soluzione dal Dap1K.

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