di M.T.
Sarà pure ‘un laboratorio’, ma quello ternano – in quanto a relazioni industriali – sembra più un manicomio. Perché sarà pur vero quello che dice il segretario generale della Cgil ternana, e cioè che «il caso Ast, azienda di proprietà di una grande multinazionale tedesca, potrebbe rappresentare un fertile laboratorio per avviare sperimentazioni di modelli alternativi, anche, perché no, guardando alla Germania». Ma dentro quella stessa Ast c’è chi la vede in maniera leggermente diversa.
«Totale chiusura» Le Rsu di Ast, per cominciare, «registrano la totale chiusura da parte della direzione aziendale ad affrontare e riconoscere problematiche oggettive persistenti in alcune aree dello stabilimento come più volte da noi evidenziato. Problematiche sempre più evidenti e pericolose per la sicurezza dei lavoratori e per la tenuta in un periodo medio-lungo del sistema produttivo e economico aziendale. Non è più accettabile rimandare un confronto che nega diritti acquisiti e riconosciuti ai lavoratori da accordi vigenti e dal contratto di lavoro, questioni queste che nulla hanno a che vedere con interpretazioni di rilancio rispetto all’accordo di Roma. Rivendicare il rispetto della sicurezza, dell’orario di lavoro, dei riposi, il ripristino delle professionalità mancanti, sia operaie che impiegatizie, non è altro che riconoscere la dignità dei lavoratori».
«Clima di pressione» Poi i delegati di base spingono sull’acceleratore: «Non è più accettabile il clima di pressione esistente all’interno dello stabilimento, che non permette di svolgere serenamente l’attività lavorativa. La non chiarezza dei limiti di ruoli, responsabilità e procedure hanno e potrebbero compromettere posti di lavoro e generano effetti che potrebbero ingessare l’attività produttiva». Le Rsu di Ast, poi, prendendo atto che l’andamento produttivo va nella direzione del rispetto dell’accordo del Mise, «ribadiscono che tale risultato, se raggiunto, è in gran parte riconducibile al sacrificio dei lavoratori che vanno a sopperire alle inefficienze tecnico-organizzative aziendali».
Le problematiche Perché, secondo i sindacalisti, «le limitate manutenzioni e il mancato approvvigionamento di materiali primari stanno compromettendo l’efficienza e l’efficacia impiantistica. Lo stress al quale sono sottoposti tali impianti può favorire il raggiungimento dell’obbiettivo, ma nello stesso tempo non traguarda la prospettiva futura rischiando di far trovare l’intero sito produttivo in condizioni di non poter più produrre, con tutti i rischi sulla sicurezza e incolumità per i lavoratori».
I conti L’eventuale miglioramento del bilancio aziendale, specificano i delegati, «non può certo essere solo merito di una corretta gestione aziendale, in quanto ci sono voci che hanno un valore non irrilevante nei bilanci, come i mancati soldi spesi per le manutenzioni e investimenti; le centinaia di lavoratori in meno; la riduzione salariale; la situazione delle ditte appaltatrici; la mancata sostituzione di figure professionali. Inoltre sarebbe interessante conoscere l’entità delle consulenze presenti nello stabilimento ed il contributo fattivo delle stesse al raggiungimento degli obbiettivi».
Stop agli straordinari Insomma, le Rsu, dopo l’annuncio di aver «sollecitato la ripresa di un confronto presso la Direzione territoriale del lavoro per concludere il percorso avviato». Invitano tutti i lavoratori «a non dare più la disponibilità a ore straordinarie fuori da quelle previste dal contratto di lavoro e denunciando qualsiasi situazione a rischio».
Gli interrogativi Però bisogna essere ottimisti e propositivi: chissà che, magari, il 24 settembre – quando della faccenda discuteranno l’amministratrice delegata di ThyssenKrupp Ast, Lucia Morselli e la segretaria generale della Cgil, Susanna camusso – non sia possibile capire meglio quello che, almeno fino ad oggi, a molti di noi sfugge.