Barbara Corvi, perché il marito è libero: «Morta? Non è detto»

Amelia – Le motivazioni con cui il tribunale del Riesame ha rimesso in libertà Roberto Lo Giudice: «Smentita l’ipotesi investigativa»

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«Non sussiste un grave quadro indiziario a carico di Roberto Lo Giudice, nei confronti del quale permangono meri sospetti, ma non elementi di prova. […] Trascorsi oltre undici anni dalla vicenda, non è possibile neppure affermare in termini di certezza che sia avvenuto un delitto e che Barbara Corvi sia effettivamente deceduta atteso che, nel corso delle investigazioni, sono emersi elementi che consentono di ritenere ancora aperta la possibilità che la donna si sia allontanata volontariamente».

Un sospetto «affatto diradato»

È uno dei passaggi delle motivazioni dell’ordinanza con cui lo scorso 22 aprile il tribunale del riesame di Perugia – presidente Narducci, giudici Avella e Avenoso – ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare del gip di Terni e quindi rimesso in libertà il 49enne Roberto Lo Giudice, arrestato il 30 marzo dai carabinieri a seguito dell’indagine condotta dalla procura di Terni sulla scomparsa di Barbara Corvi da Montecampano (Amelia), avvenuta il 27 ottobre del 2009. Nel rilevare l’assenza di esigenze cautelari per il 49enne di origini calabresi, il collegio del riesame si spinge molto più in là, ad esempio nel ritenere «che non si siano affatto diradati i sospetti su colui che all’epoca era l’amante della donna». In merito poi a quanto riferito da tre collaboratori di giustizia calabresi agli inquirenti, i giudici ritengono che «il contenuto di conoscenza veicolato da tali dichiarazioni (definite ‘notevolmente tardive’, ‘inattendibili’ se non proprio ‘inverosimili’, ndR), appare insuscettibile di modificare il quadro di insufficienza indiziaria formatosi sulla base degli elementi già acquisiti agli atti».

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«Smentita l’ipotesi investigativa»

Drasticamente, per il tribunale del riesame di Perugia, «l’analisi del tabulato relativo all’utenza telefonica in uso a Roberto Lo Giudice e quella dei movimenti compiuti dall’indagato durante il pomeriggio/sera del 27 ottobre 2009, smentiscono l’ipotesi investigativa. Infatti, gli orari e la tipologia delle telefonate riconducibili all’indagato appaiono non compatibili sia con una dinamica di premeditazione, sia con una dinamica di omicidio d’impeto. […] È scarsamente verosimile che l’indagato possa aver ucciso la moglie, in casa, tra le ore 16.15 circa e le 17.01, in quanto è realmente difficile immaginare che l’uomo abbia compiuto il delitto e che, contestualmente, si sia dedicato a conversare con altre persone, anche attraverso lunghe telefonate. Lo Giudice, uccisa la moglie in casa, aveva ben altri problemi da affrontare».

«L’omicida più stravagante nella storia del crimine»

«Vero che il delitto – aggiunge il collegio – potrebbe essere avvenuto tra le 17.01 e le 17.30 al massimo, atteso che, alle ore 17.38, l’indagato stava già muovendosi con l’auto ed era lontano da casa. Pur tuttavia, uccisa la moglie, Lo Giudice aveva il problema di ‘ripulire’ la scena del crimine, prima di uscire di casa, e, soprattutto, quello di sbarazzarsi del cadavere che avrebbe dovuto necessariamente caricare sull’auto e poi occultare in un luogo isolato. Se questo era il fronte immane dei problemi che l’indagato doveva affrontare mentre, verso le 17.30 circa, caricava il cadavere della moglie nell’auto, se accogliessimo la tesi degli investigatori l’indagato si rivelerebbe l’omicida più stravagante nella storia del crimine poiché la prima cosa che ha fatto, alle ore 17.38, è stato chiamare il proprio commercialista. Inoltre, sempre con il cadavere in auto, alla affannosa ricerca di un luogo isolato ove nascondere il corpo della moglie, Lo Giudice avrebbe perseverato nella stravaganza, continuando a conversare telefonicamente. E poiché è certo che è entrato in un bar della località Fomole al massimo alle ore 18.00, Lo Giudice, a meno di non voler credere che sia entrato nel bar mentre nell’auto parcheggiata fuori era ancora presente il corpo di Barbara Corvi, in sostanza avrebbe avuto a disposizione circa 15 minuti per occultare il cadavere della moglie. L’ipotesi è talmente risibile da non meritare di essere presa in considerazione. In definitiva, ad avviso del collegio, pur potendosi ammettere, in via di mera ipotesi, che Barbara Corvi possa essere stata uccisa dal marito tra le 17.01 e le 17.30 circa, è dimostrato, tuttavia, che Lo Giudice non può aver occultato il cadavere nelle ore successive poiché egli ha compiuto azioni (telefonate ed incontri con altre persone) incompatibili con le attività che sarebbero state necessarie ad un omicida per nascondere in modo accurato un cadavere. Basti sottolineare che, al di là delle telefonate, ricevute o effettuate, Lo Giudice, tra le 17.30 e le 18.30 circa, ha incontrato almeno quattro persone, anzi più».

Caso Barbara Corvi, Roberto Lo Giudice torna in libertà

Il computer, le ricerche, le cartoline

Successivamente, i giudice del riesame, oltre a disquisire sulle analisi informatiche, i messaggi e i presunti intenti suicidi della donna, osservamo come – a loro giudizio – il Lo Giudice non si sia disinteressato della sua scomparsa, ma «abbia intrapreso iniziative funzionali alla ricerca della coniuge già alla data del 27 ottobre 2009». Allo stesso modo, circa le due cartoline inviate da Firenze e recapitate ai figli della donna il 5 e il 6 novembre 2009 (‘ho bisogno di stare un po’ sola, baci mamma’ e ‘torno presto, baci mamma’), gli stessi hanno disconosciuto la grafia della madre ma «appare priva di risconti e meramente apodittica l’ascrivibilità dell’inoltro delle cartoline apocrife all’odierno indagato. Se infatti appare comprovato che le predette cartoline non siano state sottoscritte e spedite da Barbara Corvi, alcun elemento individualizzante depone nel senso della riconducibilità dell’iniziativa a Roberto Lo Giudice».

La lite, la rabbia, la nuova compagna

Circa i moventi ipotizzati dagli inquirenti – passionale ed economico – per il tribunale perugino sono entrambi insussistenti. Reali sono invece la violenta lite del 26 ottobre 2009 (il giorno precedente la scomparsa) fra Roberto Lo Giudice e Barbara Corvi, anche di fronte ai genitori della donna – una volta emersa ufficialmente la relazione extraconiugale della 35enne -, così come il risentimento ed il livore provati dall’uomo per tale situazione. Ma – scrivono i giudici del riesame – «l’indagato è stato preda di un eccesso d’ira nei confronti della moglie, alla presenza dei familiari di lei, proprio in conseguenza dei tradimenti alla stessa imputati. La reazione aggressiva plateale, e l’esternazione di risentimento alla presenza di più persone, appare invero ictu oculi scarsamente conciliabile con una maturata volontà omicidiaria. Finanche successivamente alla scomparsa di lei, l’indagato, pur essendosi attivato nell’esecuzione delle relative ricerche, ha subitaneamente intrapreso una relazione sentimentale con Caterina Parisi, della cui pregressa conoscenza, ritenuta dagli operanti, non vi è traccia in atti. Anche tale modus operandi, lungi dall’apparire indice di un effettivo coinvolgimento dell’indagato nella sparizione di Barbara Corvi, appare al contrario eccentrico rispetto al profilo dell’omicida che operi al fine di scongiurare la formazione di sospetti su di sé».

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