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Home » Cassonetti stracolmi: «Troppi interessi»

Cassonetti stracolmi: «Troppi interessi»

di Lucina Paternesi
28 Ottobre 2017
in Ambiente e salute, Economia, Politica
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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«Finalmente questa mattina hanno svuotato i cassonetti, ma sono giorni che siamo costretti a  tenere l’immondizia in casa per evitare che i rifiuti invadano le strade e che, come in altre zone, si inizino a veder spuntare qua e là i topi».

Sacchetti fuori dai cassonetti

L’accordo con le Marche Sono ripresi, dunque, i ritiri dei rifiuti indifferenziati ma bisognerà attendere lunedì per sapere se è andato a buon fine l’accordo con la regione Marche per il conferimento della Forsu, la frazione umida dei rifiuti non differenziati, e che porterà 16 mila tonnellate negli impianti marchigiani di Fermo e Ascoli Piceno. Da nord a sud della città è stata una settimana campale e tra accuse e rimpalli di responsabilità, con il vice sindaco Barelli che ha accusato in primis la Regione, la prossima settimana la giunta regionale dovrà sedersi a tavolino con l’Auri per «trovare una soluzione adeguata che consenta di ricondurre a normalità la gestione regionale dei rifiuti».

Responsabilità La manutenzione agli impianti Hera emiliani era in programma da tempo e non sono state trovate soluzioni alternative, secondo Barelli, per evitare l’emergenza. La Regione ha già dato il via libera all’impianto di compostaggio di Pietramelina, su cui Gesenu ha dovuto fare dei lavori di adeguamento, ma da qui alla ripartenza effettiva serve ancora del tempo. In tutto questo resta poi, il problema degli extracosti – ormai lievitati a 7 milioni di euro – per i camion che da mesi portano i rifiuti fuori regione, mentre i cittadini continuano a pagare una tra le tariffe più alte d’Italia. L’immondizia dell’ex Ati2, infatti, non è finita né negli impianti di Città di Castello né in quelli di Orvieto, ma ha preso, sin da subito, la strada degli impianti extra regionali. 

La discarica di Pietramelina

Forti interessi In attesa che entri in funzione l’osservatorio sui rifiuti, voluto in primis da Barelli, e che sia trasformata in realtà la mozione sull’economia circolare e i rifiuti zero, le associazioni del territorio continuano a seguire gli eventi con non poca preoccupazione. «Il problema è di tipo strutturale – spiega Roberto Pellegrino, presidente del coordinamento regionale Umbria Rifiuti zero – se il comune decidesse di applicare il porta a porta in tutta la città questo problema non si sarebbe verificato. È scientificamente provato che dove si fa il porta a porta, l’indifferenziato sparisce».

Le soluzioni Da tempo le associazioni propongono soluzioni per una gestione più efficiente e sostenibile nella raccolta e smaltimento dei rifiuti, «ma sembra che ci sia una precisa e chiara volontà di mantenere un sistema economico basato sulle discariche perché c’è chi ci guadagna e ci lucra, prima con lo smaltimento in discarica e, ora, anche con i trasporti. Il tutto – prosegue Pellegrino – a discapito dell’interesse dei cittadini, che pagano per un servizio, e dell’ambiente». E, i problemi, spuntano fuori sempre in fase emergenziale. «E’ ridicolo – prosegue il presente del coordinamento – questo rimpallo di responsabilità che si è venuto a creare tra Regione, Comune e Auri. Il vicesindaco Barelli dovrebbe essere il rappresentante dei cittadini e tutelare i loro interessi, non quelli delle partecipate che gravitano intorno al comune».

I cassonetti stradali

Porta a porta in tutta la città Intanto, assieme ad altre realtà associative, si attende l’avvio dell’osservatorio che, però, sarà solo un organo consultivo. «In tutto questo, poi – prosegue – c’è da mettere in pratica la mozione rifiuti zero approvata dal consiglio comunale su proposta del Movimento 5 stelle, la tariffa puntuale e il porta a porta in tutta la città. Solo così si avrà una reale diminuzione dei rifiuti prodotti. Poi proporremo il rilancio del compostaggio domestico, partendo dal presupposto che, in Umbria, 1 su 2 vive in una villetta mono o bifamiliare, in una situazione, cioè, dove c’è un piccolo pezzetto di terreno. Questo vuol dire che si può abbattere la frazione organica del 50% riducendo i conferimenti, la puzza e il trattamento negli impianti».

Indice di recupero I dati pubblicati dall’Arpa sull’effettivo indice di recupero dei materiali nel 2015, infatti, non fanno ben sperare. «Facciamo la raccolta differenziata – conclude Pellegrino – e al massimo si recupera un 40% della frazione, tutto il resto è scarto che, quindi, finisce in discarica. Allora non ci sono interessi economici dietro?».

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