Scuole nelle ‘mini zone rosse’: i Comuni in attesa della Regione

I sindaci chiedono alla Tesei un documento – tramite il Cts – che chiarisca quando vanno chiuse le scuole, anche a scopo preventivo

Condividi questo articolo su

AGGIORNAMENTO DEL 31 GENNAIO LA NOTA DEL CTS: «ECCO QUANDO CHIUDERE LE SCUOLE»

 LA DECISIONE: ECCO CHI CHIUDE E CHI RESISTE

Coprifuoco alle 21, divieto di consumo cibi e drink all’aperto, limitazioni persino sulla spesa negli alimentari (massimo una al giorno e una persona alla volta), limitazione alle attività sportive, chiusura dei parchi e delle aree comuni per evitare assembramenti. Queste sono le indicazioni della Regione, anticipate già nella giornata di venerdì, su cui i sindaci sono sostanzialmente d’accordo con la presidente Tesei e su cui nelle prossime ore dirameranno ordinanze restrittive (e alcuni lo hanno già fatto come Perugia e Corciano, ma anche di Amelia). Diversità di vedute, invece, sulle scuole.

INTANTO È UFFICIALE: UMBRIA  (ALMENO) ARANCIONE FINO AL 15

I sindaci in riunione

Nessuno si prende la responsabilità

E allora, mentre alcuni già si portavano avanti nelle ordinanze, dopo l’appello della presidente Tesei e la successiva risposta dell’Anci Umbria, nel lungo confronto – cominciato alle ore 13 – di sabato pomeriggio molti dei sindaci hanno fatto presente che sarebbe dovuta essere l’autorità sanitaria regionale ad esprimersi in tal senso e magari pure la presidente Tesei, emanando eventualmente anche un’ordinanza vincolante che – di fatto – imponesse una soglia oltre la quale fosse quasi automatica la chiusura. Viceversa, dal canto suo, la presidente chiedeva a ciascun sindaco, autorità sanitaria del territorio, di prendersi la responsabilità, conoscendo appieno la propria comunità, di chiudere o meno gli istituti scolastici e fino a che ordine e grado.

Come lo spieghi?

Una patata bollente che nessuno voleva tenere in mano, insomma. Troppo impopolare la decisione, a due settimane dalla riapertura delle superiori in presenza. Troppo difficile da spiegare ai genitori lavoratori che devono tenersi i figli a casa, ma anche – al tempo stesso – troppo complicato spiegare perché – ad esempio – si chiudono le primarie ma si lasciano aperte le scuole dell’infanzia, visto che i bambini piccoli si ammalano di meno, vero, ma per quanto se ne sa contagiano allo stesso modo dei più grandi.

SPECIALE CORONAVIRIS – UMBRIAON

Riunione fra Cts e nucleo epidemiologico

Capita l’antifona, il commissario D’Angelo ha lasciato anzitempo la riunione ed ha convocato subito il nucleo epidemiologico e il Cts, per una valutazione più puntuale. Si aspetteranno ora questi dati per capire come muoversi, ma al momento non ci sarà una posizione univoca, quindi in molti dei comuni ‘a rischio’, si andrà regolarmente a scuola lunedì. Ciò non toglie che i sindaci magari più sensibili al tema possano decidere autonomamente di ordinarne la chiusura di tutte o di una parte, nel caso di situazioni particolarmente gravi.

LA PROTESTA DELLE INSEGNANTI: NE PAGANO LE CONSEGUENZE I RAGAZZI

Il comunicato dell’Anci

L’associazione dei comuni umbri ufficialmente non ha diffuso comunicati – ancorché annunciati – per fornire una posizione univoca. Però nella serata di sabato il sindaco di Amelia Laura Pernazza condivide uno screenshot di quello che sembra proprio una comunicazione ufficiale in cui si legge che «Anci Umbria produrrà una ordinanza standard contenente anche le misure restrittive indicate nella lettera della presidente Tesi, cui i sindaci potranno fare riferimento, pur nell’autonomia di ciascuno, anche in relazione alle caratteristiche dei singoli territori». Questo per le misure restrittive su negozi e assembramenti.

«Sulla scuola chiediamo posizione univoca»

«Quanto alla scuola – continua il documento – una parte dei sindaci ha espresso la richiesta che sia la Regione a produrre, nel più breve tempo possibile, attraverso il proprio comitato tecnico scientifico, un documento che espliciti in modo chiaro la necessità gravosa di chiusura delle scuole, anche a titolo preventivo. L’obiettivo – continuano i rappresentanti dei comuni – è quello di evitare misure a macchia di leopardo che potrebbero inficiare l’efficacia dell’intervento stesso».

I retroscena

La paura di una zona rossa

Ha destato scalpore sui social la mappa d’Italia quasi completamente ‘in giallo’, con un unico punto arancione lì in mezzo, proprio in corrispondenza dell’Umbria. Un arancione che, a leggere i dati, potrebbe addirittura diventare rosso la prossima settimana, quando il ministro Speranza, come ogni venerdì, farà il punto della situazione in relazione ai dati. a Preoccupare particolarmente le zone che – a macchia di leopardo – soprattutto nel perugino, presentavano i dati più preoccupanti. Ecco perché nell’entourage della presidente si è cercato di fare le cose per benino, ma al tempo stesso di delegare ai sindaci.

Il lavoro di convincimento

A differenza del primo lockdown – spiegano da Palazzo Donini – i territori potenzialmente ‘zona rossa’ sono tantissimi. E ciascuno con le proprie peculiarità. Affrontare una situazione così eterogenea sul territorio regionale con una ordinanza sarebbe stato complicato sia tecnicamente sia poi nella attuazione pratica. Per cui l’idea della Tesei già nei giorni scorsi era quella di coinvolgere i comuni. Solo che dall’altro lato – fermo restando una diffusa consapevolezza del problema e dei rischi – ha trovato tante reazioni diverse quanti erano i sindaci presenti. Ecco perché la mediazione è stata così dura.

La nota del Pd

I consiglieri regionali del Gruppo Pd, sabato mattina, avevano definito «una terribile farsa, quella inscenata ieri dalla presidente Tesei e dalla giunta regionale, che ha convocato i sindaci per lasciare a loro il cerino delle ulteriori misure restrittive nei comuni più a rischio contagio da Covid». Per Bori, Meloni, Paparelli, Porzi e Bettarelli è «pilatesco l’atteggiamento della governatrice dalla quale è arrivata la convocazione ai sindaci a decisioni praticamente già prese e che ieri non ha partecipato alle riunioni».

Fastidio per le polemiche

Non sono piaciute le ironie sulla Tesei che se ne lava le mani e i commenti sullo scarso decisionismo. Ai piani alti della Regione ci tengono a dire che lo spirito era questo – coinvolgimento e attenzione alle peculiarità dei singoli territori – non, come è stata fatta passare, quello di ‘lasciare il cerino’ in mano ai sindaci. Tra l’altro – fanno sapere – questa metodologia di condividere il percorso tra istituzioni di vari livelli (leggi: regione e comuni) era stata condivisa anche con il prefetto, che ne era entusiasta, auspicando che ogni sindaco fosse in grado di trovare delle soluzioni proprie, magari condivise tra i vari comuni, però non decise da qualcuno che è più lontano dal territorio.

Il nodo scuole

Solo che tutto si è arenato quando si è trattato di pronunciarsi sulle scuole. Da qui la necessità di un nuovo confronto, sabato pomeriggio. Vero che quello della Tesei era un suggerimento, magari un auspicio, non certo un imposizione. Ma, come detto, nessuno si voleva prendere la briga né di essere troppo permissivo (rischiando poi un focolaio difficile da spiegare) né troppo rigoroso, ritrovandosi poi genitori inferociti.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli