di F.T.
La storia di uomo la cui vita è cambiata per sempre da quando è stato colpito da un proiettile sparato per ‘divertimento’ da un ragazzo che abita a 50 metri da casa sua. Oggi, a distanza di due anni e mezzo dai fatti, quell’uomo è affetto da gravi problemi di salute, non ha più un lavoro e forse – dal suo punto di vista – neanche più giustizia, dopo che la sentenza di appello gli ha negato il diritto ai risarcimenti – 75 mila euro di provvisionali – fissati dal tribunale di Terni in primo grado. A raccontare la sua storia è Alessandro Rossi, 43 anni di Terni.

Il ricordo La memoria, per prima cosa, va a quella drammatica domenica di fine estate. «Era il 13 settembre del 2015 – ricorda – e stavo guardando la tv in salotto, c’era la MotoGp, seduto in poltrona con mio figlio, che al tempo aveva tre anni e mezzo, in braccio. Ad un certo punto mi ha chiesto se poteva cogliere un fico da una pianta che si affaccia sul nostro terrazzo. Così l’ho fatto scendere, è andato sul balcone, ha fatto un paio di volte avanti e indietro e poi è andato in cucina dalla madre. A ripensarci forse il Signore c’ha messo una mano, non so immaginare cosa sarebbe potuto accadere se lo avessi avuto ancora in braccio accanto a me».
Lo sparo È a quel punto che l’uomo viene raggiunto all’emitorace sinistro da un proiettile calibro 7.65 che le successive indagini accerteranno essere stato sparato dal 27enne ternano Giacomo Bartollini che vive in strada del Ponticello, a Gabelletta, a poche decine di metri dall’abitazione della vittima, in via Omega. «Improvvisamente ho avvertito una fitta fortissima al petto e ho subito pensato un infarto. Ho fatto per alzarmi ma già le gambe non riuscivano a sostenermi. Ho raggiunto a fatica la cucina e lì mi sono reso conto di avere una ferita, un piccolo foro, fra il petto e la spalla. Ho visto del sangue e a quel punto ho iniziato ad urlare a mia moglie di chiamare il 118. Mi sono reso conto, e lei lo avrebbe realizzato solo dopo, di essere stato raggiunto da un colpo di pistola. Di ciò che è accaduto dopo, non ricordo più nulla: ho perso coscienza e l’ho ripresa solo dopo alcuni giorni».

L’intervento chirurgico La corsa in ospedale con il 118, i carabinieri che si precipitano sul posto per capire cosa sia accaduto. Com’era possibile che un uomo tranquillo, senza nemici, dedito al suo lavoro di piastrellista e alla famiglia, venisse raggiunto da un colpo d’arma da fuoco mentre si trovava a casa a guardare la tv. Lì vicino abita il Bartollini, poi arrestato in flagrante, e più di un elemento – balistico e legato alla conoscenza del territorio – conduce i militari nella sua abitazione. Ciò che segue, confessione del giovane inclusa, è cronaca giudiziaria. Ma torniamo alla vittima.
Il risveglio «Dal coma mi sono risvegliato il mercoledì successivo, il 18 settembre. L’operazione a cui sono stato sottoposto immediatamente, all’arrivo in ospedale, mi ha salvato la vita. Ma oltre a punti di sutura al cuore, mi ritrovo oggi senza mezzo polmone sinistro, con lesioni al diaframma ed al nervo ascellare. Il proiettile si era fermato vicino al fegato senza danneggiarlo, almeno questo».
Lo shock Da quel giorno Alessandro Rossi ha affrontato un calvario fatto di oltre ottanta sedute di fisioterapia – «ma la funzionalità della spalla sinistra non è la stessa di prima» – ed oggi, oltre a doversi sottoporre costantemente ad accertamenti per valutare la capacità respiratoria, il suo corpo è segnato da lunghe e profonde cicatrici. «Non solo il corpo – dice -, visto che sono in cura da uno psichiatra. Ed anche e soprattutto per mia moglie e mio figlio, quanto accaduto quel maledetto giorno, è stato uno shock enorme, vissuto in diretta e con tutte le conseguenze che si possono immaginare. Voglio lasciare per sempre quella casa, perchè tutto mi ricorda il terrore di quei momenti. Ma le difficoltà economiche non aiutano».
Senza più un lavoro Ecco, oltre ai problemi di salute Alessandro – la cui vita prima di quella pallottola era normale e serena – ha pure perso il lavoro: «Per oltre vent’anni sono stato alle dipendenze di un’impresa edile ma, purtroppo, la lunga assenza dal lavoro, superiore al periodo di comporto, ha fatto scattare il licenziamento. Oggi percepisco la disoccupazione che è destinata ad esaurirsi ad ottobre. Da quel momento in poi potrò contare solo su un assegno di invalidità, ‘rivedibile’ ogni tre anni, di circa 400 euro».
La prima sentenza Basterebbe ciò a dare l’idea di come la vita di Alessandro Rossi e della sua famiglia sia cambiata in un istante. Ma non è tutto, perché quanto deciso lunedì dalla corte d’appello di Perugia, ha aggiunto altra amarezza ad una storia già di per sé incredibile. Lo ‘sparatore’, il 27enne Giacomo Bartollini, lo scorso luglio era stato condannato a 4 anni di reclusione dal tribunale di Terni con rito abbreviato. Il giudice Federico Bona Galvagno aveva riconosciuto il reato contestato dalla procura – lesioni volontarie aggravate dopo che in un primo momento era stato ipotizzato il tentato omicidio – ed anche la ricettazione in relazione al possesso (anche quello sanzionato) dell’arma da fuoco usata dal giovane, risultata rubata.
La beffa Lunedì è arrivata, puntuale come solo il peggiore dei destini sa esserlo, la beffa dell’appello. Non tanto per la riduzione della pena da 4 anni a 3 anni e 5 mesi – «direi che cambia poco, e non mi pare importante» – quanto perché il reato di ‘lesioni volontarie’ è stato derubricato dai giudici perugini in ‘lesioni colpose’. Ciò, in assenza di una querela di parte (la polizia giudiziaria e quindi la procura avevano proceduto d’ufficio, a seguito dell’arresto), ha comportato la revisione dell’entità della pena e, soprattutto, il venire meno delle provvisionali stabilite nel giudizio di primo grado: 50 mila euro per la vittima e 25 mila in favore della moglie.
«Pago solo io» «A prescindere se ‘quello lì’ (così chiama colui che gli ha sparato, ndR) avesse potuto versare o meno la somma – dice Alessandro Rossi – credo che questo tipo di messaggio sia devastante. La mia vita era normale, prima di quello sparo. Oggi non lo è più e non ho più un lavoro che era l’unica fonte di sostentamento per la mia famiglia. In tutto ciò la giustizia che fa? Non mi riconosce alcun risarcimento, in sede giudiziaria o in qualsiasi altro modo. In compenso chi ha distrutto un’altra vita se la ‘cava’ con un reato colposo, quindi involontario, nonostante abbia sparato in orrizzontale, verso casa mia. Ad oggi non mai neppure ricevuto, che ne so, una telefonata, una lettera, un messaggio di scuse da ‘quello lì’ né di suoi familiari. Men che meno una proposta di risarcimento o di aiuto, nulla».

«Sentenza irrispettosa» Parole a cui si aggiungono quelle del legale che segue sin dall’inizio la vicenda dello sfortunato 43enne e della sua famiglia, l’avvocato Enrico De Luca di Terni: «Ritengo la sentenza della corte d’appello di Perugia ingiusta. La vittima non è stata tutelata e sono stati violati i principi del giusto processo. Non si comprende come possa sostenersi la colpa in colui che spara in direzione delle finestre di un palazzo abitato da più persone. Come sparare sulla folla e sostenere la colpa. In ogni caso aspettiamo il deposito delle motivazioni». Ora, dal punto di vista legale, la prospettiva è quella del ricorso per Cassazione e della causa civile: tempi lunghi, costi e incertezze in tutti e due i casi.