«Ha nascosto le sue responsabilità anziché soccorrerlo»: 57enne in carcere per la morte di Davide Piampiano

Assisi – Piero Fabbri è finito in carcere in seguito alle indagini dei carabinieri. L’accusa è omicidio volontario con dolo eventuale

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Omicidio volontario: questa l’accusa che ha portato all’arresto, sabato pomeriggio, del muratore 57enne Piero Fabbri per la morte di Davide Piampiano, il 24enne di Assisi ucciso lo scorso 11 gennaio da un proiettile che lo ha raggiunto allo sterno durante una battuta di caccia al cinghiale alle pendici del monte Subasio, in località Fosso delle Carceri. Il presunto autore dell’omicidio – amico della vittima e anche lui assisano – è stato portato nel carcere di Perugia dai carabinieri della Compagnia di Assisi e su ordine del gip. L’ipotesi sostenuta dalla procura di Perugia e quindi avallata dal tribunale nel disporre la misura più restrittiva, è che sussistano gravi indizi di colpevolezza per il reato di omicidio volontario con dolo eventuale.

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La prima ricostruzione, dubbi e sospetti

«Da una prima ricostruzione della dinamica, basata sulle dichiarazioni rese dai vari testimoni – spiega la procura della Repubblica di Perugia in una nota -, era emerso che il Pimpiano si trovava a caccia con un altro amico e che un terzo cacciatore, non impegnato con loro nella battuta ma residente in quella località, aveva trovato Davide in fin di vita dopo aver udito in lontananza uno sparo ed essersi avvicinato per verificare se i due fossero riusciti ad abbattere un cinghiale. Già in sede di autopsia sono però emersi numerosi dubbi sull’ipotesi che il colpo fosse stato esploso accidentalmente dallo stesso Piampiano, poiché sembrava da escludersi che esso potesse essere partito a bruciapelo, portando quindi gli inquirenti a svolgere accertamenti più approfonditi».

Piero Fabbri

La telecamera

«Le indagini molto approfondite e scrupolose dei carabinieri, svolte sotto la direzione dell’ufficio, hanno poi consentito la svolta e quindi di ricostruire una dinamica ben diversa dei fatti. Sul luogo dell’incidente – prosegue la procura diretta da Raffaele Cantone – i carabinieri hanno sequestrato, oltre ai telefoni, alle armi e agli indumenti dei presenti, anche una GoPro (una microtelecamera, ndR) che il Piampiano utilizzava per pubblicare contenuti sui social». Durante le battute di caccia, Davide era solito posizionare la GoPro sul proprio cappello, per immortalare i momenti-clou e condividerli con gli amici. Dopo lo sparo, la telecamera è rimasta accesa e il Fabbri, molto probabilmente, non se ne è accorto.

«Soccorsi chiamati troppo tardi»

«I filmati in essa contenuti – osservano gli inquirenti – particolarmente crudi e drammatici, hanno permesso di stabilire che il colpo fatale certamente non è stato esploso dal fucile del Pimpiano a seguito di una caduta, ma da quello di un terzo presumibilmente anche lui nella battuta di caccia. Lo stesso, accortosi di quanto accaduto, avrebbe poi cercato – secondo quanto si comprende dal filmato – di depistare le indagini alterando lo stato dei luoghi, scaricando l’arma del Piampiano, disfacendosi del proprio fucile e della propria giacca da caccia e soprattutto omettendo di chiamare tempestivamente i soccorsi, avvisati solo dopo vari minuti da un altro giovane che si trovava a caccia e che nel frattempo era sopraggiunto. Tale comportamento omissivo ha consentito di ipotizzare a carico dell’autore dello sparo l’ipotesi dolosa di omicidio, avendo egli con la sua scelta di non chiamare immediatamente i soccorsi, accettato il rischio che il soggetto colpito potesse morire».

La ricostruzione della tragedia

Più precisamente, l’amico che era a caccia con Davide a un certo punto si sarebbe allontanato in auto per ritrovare il cane che nel frattempo era fuggito. Davide avrebbe proseguito la battuta, inerpicandosi per cercare di stanare il cinghiale che avevano avvistato in precedenza. È in quei momenti che è stato raggiunto dal colpo sparato dal Fabbri che, probabilmente, ha scambiato il 24enne per un animale selvatico. Il 57enne assisano si sarebbe subito preoccupato di nascondere ogni prova dell’accaduto, anziché chiedere aiuto. Ad allertare i soccorsi è stato infatti l’altro amico alcuni minuti dopo, una volta tornato sulla scena e resosi conto del dramma. Un ritardo forse fatale con gli operatori del 118 che, una volta sul posto, non hanno potuto fare altro che constatare la morte del ragazzo.

Le accuse

Piero Fabbri era amico di Davide, conosceva bene sia lui che la sua famiglia, condividevano la passione per la caccia e Piero lo aveva visto crescere. Un rapporto spezzato dal dramma che ha colpito la comunità assisana, ora shoccata – così come i familiari del 24enne – dall’arresto legato ad ipotesi di reato pesantissime. Ma cosa addebitano gli inquirenti al muratore 57enne? Sostanzialmente di aver fatto fuoco e di aver colpito involontariamente Davide Piampiano, forse scambiato per un cinghiale. Invece di soccorrerlo, chiedere aiuto e riferire la verità dei fatti (sentito dai carabinieri, aveva sempre dichiarato che il 24enne si era sparato da solo, ndR), secondo l’Arma di Assisi e la procura di Perugia il muratore 57enne – soprannominato ‘il biondo’ – avrebbe cercato immediatamente di alterare la scena, di disfarsi di giubbotto e fucile, di sfuggire alle proprie responsabilità. Azioni che, messe in fila una dietro l’altra, restituiscono un quadro di freddezza inquietante che ora passerà al vaglio del tribunale – in ordine all’interrogatorio di garanzia – e quindi della procura, perché le indagini sono aperte.

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